Il tormentone Telecom è arrivato al suo epilogo (quanto meno della attuale puntata della lunga saga iniziata con la privatizzazione poco più di dieci anni fa). Nelle puntate, il nodo dei vari giochi dell’Opa era chi, tra i protagonisti del piccolo ma variopinto capitalismo italiano (con un po’ di mezzi propri e , soprattutto con tanti mezzi altrui), si sarebbe seduto sulla rendita di un ex-monopolio ancora di fatto in posizione dominante sul mercato italiano della telefonia e degli annessi e connessi ad essa collegati. Differente il tema della puntata o del “canto” che terminerà quando la Consob avrà esaminato i patti parasociali Telco e si saranno tenute le prime sessioni del nuovo CdA di Telecom. E’ stato messo l’accento da vari esponenti del Governo sulla esigenza di mantenere “l’italianità” dell’azienda, o quanto meno del suo controllo. Mancando disposizioni normative specifiche in materia (come esistono, invece, negli Stati Uniti), si è fatto ricorso ad interventi, a torto od a ragione, considerati irrituali ed impropri da uno dei contendenti , la AT&T. Al resto del mondo industrializzato d’occidente (si vedano i commenti nell’ultimo fascicolo del settimanale “The Economist”) si è data la chiara impressione che in Italia si sia ancora ad uno stadio in rapporti extra e preteristituzionali contano di più del funzionamento del mercato. La cordata italiana ha comunque pagato un prezzo finanziario elevato (come sottolineato da Contrarian del 9 maggio) per dare corpo a queste indicazioni. Non è dato da sapere quanto vi rientrerà.
Oramai questa puntata fa parte del passato. Nell’immediato, occorre chiedersi (è il compito della Consob) quanto sono pregnanti come quella della maggioranza qualificata per molte delibere di Telco per le strategie future di Telecom e per la contendibilità di mercato dell’impresa. Nel medio e lungo periodo, gli interrogativi di fondo riguardano se l’alleanza Telefònica-Telecom (in cui la prima pare avere se non lo scettro del principe almeno il posto del conducente) può diventare uno dei quei “campioni europei” vagheggiati (poco più di due anni fa) in quel “rapporto Beffa” (dal nome Jacques Beffa, industriale francese di rango) non solo come risposta alle multinazionali di stampo americano ma come fulcro di una politica industriale europea tesa all’innovazione tecnologica ed organizzativa. Occorre anche domandarsi come mai tale “campione nazionale” viene da quella Spagna che un quarto di secolo fà è stata accettata un po’ a malincuore nell’Unione Europea (Ue) dove le è stato dato, per una diecina di anni, il ruolo di socio “junior” che avrebbe dovuto fare una lunga strada prima di potere avere pari dignità con i “Patri Fondatori”. Se, infine, siamo alle prese con un “campione europeo” (pur se ancora in formazione) il dibattito sulla rete fissa, sulle competenze delle nostre Authority assume una rilevanza relativamente differente rispetto alle questioni di lana caprina in questi giorni croce e giurista dei nostri giuristi, specialmente di quelli specializzati in diritto delle comunicazioni.
Delle tre domande, la più difficile a cui dare una risposta esauriente è la prima. Guidata da Cesar Allerta, Telefonica è diventata una multinazionale sui generis: insieme a Vodafone, è nel mondo delle tlc fisse una delle rare s.p.a. che fattura più all’estero che in Patria ed, all’estero, ha una presenza fortissima in America Latina. . Inoltre ha uno stock di debito abbastanza contenuto. Con l’operazione Telecom, sopravanza in fatturato e capitalizzazione consolidata gli altri due giganti europei del settore di estrazione pubblica: France Télécom e Deutsche Telekom. I programmi e le strategie, in breve il business plan, di Telefònica restano abbastanza riservati . Anche se non si dispongono di elementi quantitativi concreti per dire se dietro l’operazione c’è molto di più che entrare in un mercato interessante della Vecchia Europea (l’Italia) e razionalizzare le proprie operazioni in America Latina, si può affermare che ora Madrid ha una “call option” per bloccare operazioni ostili su sussidiarie extra-europee. Tale “call optino”, se esercitata, è la base per diventare il “campione europeo”, superando i francesi ed i tedeschi.
La Spagna si è preparata con cura alla competizione europea mettendo l’accento (come sottolineò l’economista americano Charles Kindleberger) sul capitale umano- in primo luogo l’istruzione. Pochi sanno, o ricordano, che nel 1970 (in epoca ancora franchista ma con una classe dirigente che già guardava all’integrazione europea) la Spagna intraprese una radicale riforma del proprio sistema di istruzione (con il supporto tecnico dell’Unesco e finanziario della Banca Mondiale). Il frutto più noto fu l’istituzione del Politecnico di Barcellona , oggi riconosciuto, a livello mondiale, come delle migliori istituzioni di ingegneria e management. Il sottostante del Politecnico era una profonda riforma della scuola e dell’università. Mentre l’altro maggior Paese mediterraneo dell’Ue (l’Italia) restava ancorato alla “riforma Gentile” degli Anni Venti, la Spagna chiamava i migliori cervelli mondiali in tema di istruzione e formazione. Sono settori in cui la fase di gestazione è lunga – almeno due generazioni. Oggi se ne vedono i frutti: mentre l’Italia si de-industrializza, la Spagna ha la capacitazione di dare vita ad un “campione europeo” nell’alta tecnologia-
Se tale capacitazione (ancora potenziale) diventa capacità effettiva ed il controllo, tramite Olimpia, è il passaggio importante per dar vita ad un “campione europeo”, le disquisizioni giuridiche sulla rete riguardano (come spesso avviene) in che modo normare il passato, piuttosto che guardare all’avvenire. Lo mostra a tutto tondo Antoine Martin della Federal Riserve Bank di New York in un saggio che apparirà sul prossimo numero della Review of Economic Dynamics (ma che si può richiedere al’autore: antoine.martin@ny.frb.org) e che i giuristi delle Authority dovrebbero leggere con cura: ciò che conta è la struttura di governance tale da assicurare, a livello europeo non unicamente italiano, un livello adeguato di investimenti perché la rete (europea) sia efficiente.
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