sabato 12 maggio 2007

DAMIANO INDAGA SU DOVE VANNO I SALARI UE

Da qualche tempo, l’Unione Europea (Ue) non richiede più i Nap (National action programs , programma di azione nazionali) per raffrontarli tra i 27 Stati membri e estrarne le prassi migliori al fine delle politiche dell’occupazione e del lavoro. Il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, Cesare Damiano, è tuttavia preoccupato da indicazioni secondo cui , nonostante i proclami della Commissione Europea sulla riduzione del tasso di disoccupazione nel Vecchio Continente, la situazione è molto meno incoraggiante di quel che sembri. Soprattutto per i giovani che hanno difficoltà ad avere accesso al mercato del lavoro “primario” o regolare (con contratti a tempo indeterminato) e per coloro che vengono espulsi in età matura ma non anziana.
Lo conferma un lavoro teorico di Floro Ernesto Caroleo e Francesco Pastore dell’Università Partenope di Napoli “A New Regional Geography of Europe? The Labour Market Impact of the EU Enlargements" (“Una nuova geografia economica d’Europa- L’impatto sul mercato del lavoro dell’allargamento dell’Ue”) pubblicato in Germania come IZA Discussion Paper No. 2620. L’analisi pone l’accento sugli aspetti micro-economici del cambiamento strutturale e sulle asimmetrie che sta provocando nel mercato del lavoro, con un aggravio degli squilibri (soprattutto territoriali nel gruppo di Stati originari dell’Ue).
A conclusioni analoghe giungono Antonio Menezes, Dario Sciulli e José Antonio Cabral Vieria dell’Università delle Azzorre in un altro IZA Discussion Paper (il n. 2627) "Wage Persistence and Labour Market Institutions: An Analysis of Young European Workers" (“Rigidità salariali e istituzioni del mercato del lavoro: un’analisi relativi ai giovani lavoratori europei”). Utilizzando dati dal 1995 al 2001 per 13 Paesi dell’Ue a 15 tramite una complessa strumentazione statistica giungono alla conclusione che l’elevato livello di protezione per chi ha un impiego e l’alto grado di contrattazione collettiva nazionale hanno l’effetto di comprimere i salari dei giovani (e di accentuare relazioni contrattuali a termine) .
L’innovazione tecnologica supera questo ostacolo? Una rassegna della letteratura condotta da Marco Vivarelli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Piacenza ( "Innovation and Employment: A Survey", “Innovazione ed occupazione: una rassegna) afferma che la teoria secondo cui le forze di mercato assicurazione una compensazione completa per il risparmio di lavoro iniziale (connesso al processo di innovazione) ha applicazione concreta solamente nel lungo termine. Lo conferma uno studio di Bruno Contini dell’Università di Torino e di Claudia Villosi dell’Università del Piemonte Orientale : "Worker Mobility, Displacement, Redeployment and Wage Dynamics in Italy" (“Mobilità dei lavoratori, perdita del posto di lavoro, nuova occupazione e dinamica salariale in Italia).Il campione è rappresentato da lavoratori a tempo pieno tra i 20 e 50 anni nel periodo 1986-91 (prima, quindi, che con i vari pacchetti Treu e legge Biagi iniziasse il processo di liberalizzazione del mercato del lavoro). Tuttavia, parte delle tendenze evidenziate sono ancora in azione.
Come possono rispondere le politiche a queste sfide? Amara la conclusione di Calin Arcalean , Gerhard Glomm, Ioanna Schiopu e Jens Sueddekum in uno studio comparato condotta all’Università dell’Indiana ("Public Budget Composition, Fiscal (De)Centralization, and Welfare", “Composizione della spesa pubblica, decentramento fiscale e politiche sociali”). L’analisi è teorica ma non priva di riferimenti empirici: il decentramento ed il federalismo contribuiscono positivamente all’accumulazione di capitale ed alla crescita, ma rendono più difficile la formulazione e l’attuazione delle politiche sociali.

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