giovedì 24 maggio 2007

I NUMERI DEL GOVERNO PRODI COMINCIANO A SCRICCHIOLARE

Domenica 20 maggio, Festa dell’Ascensione, si è svolta un vertice del Governo (Prodi, D’Alema, Rutelli, Padoa-Schioppa, Letta e pochi altri) non tanto su come meglio allocare “il tesoretto” quanto su come impostare il Documento di programmazione economia e finanziaria, Dpef (che deve essere inviato alle Camere il 30 giugno). Il “tesoretto”, di cui tanto si è parlato, si è rivelato non proprio una bufala ma molto meno consistente (e molto più evanescente) di quanto stimato a fine marzo nella trimestrale di cassa - un soprappiù di entrate (rispetto alle previsioni di settembre) sui 10 miliardi di euro l’anno nel 2007 e nel 2008. In effetti, il Ministro dell’Economia TPS aveva avvertito che le stime erano fragili, ma il Presidente del Consiglio (guardando alle elezioni amministrative) aveva prontamente proclamato che il Governo aveva risanato la finanza pubblica ed avrebbe ora dato un colpo di reni per fare galoppare l’economia reale.
Ove il tesoretto esistesse, non ci sarebbe lo scontro con i sindacati del pubblico impiego (bacino elettorale tradizionale del centro-sinistra); i “patti per la sicurezza” tra Ministero dell’Interno e grandi città avrebbero un maggiore spessore (dato che le preoccupazioni per l’ordine pubblico sono in testa alle priorità degli italiani); i programmi per migliorare le infrastrutture proseguirebbero alla velocità di crociera acquisita nel 2005; e via discorrendo . Non solo il tesoretto non c’è (o non c’è più) ma all’ultima conta manca un miliardo circa di entrate dai condoni della scorsa legislatura e, quel che più preoccupa, la crescita delle entrate in generale espone marcati segni di rallentamento. La settimana scorsa, l’Agenzia delle Entrate ha inviato raffiche di cartelle. Il Vice Ministro delle Finanza Vincenzo Visco ha ricominciato le geremiadi sulla diffusione dell’evasione – una base analitica seria è il “Temi di discussione” della Banca d’Italia n. 618 (on line da alcune settimane) in cui si smentisce il teorema secondo cui gli italiani avrebbero scoperto la virtù tributaria non appena il centro – sinistra è entrato a Palazzo Chigi.
La preoccupazione maggiore del Governo, però, è che c’è molto poco da mostrare in materia di risultati nelle aree indicate nel Dpef dello scorso anno come cruciali per il riassetto e di finanza pubblica e di economia reale: pensioni, ammodernamento Pa, sanità, finanza locale. Nel Dpef del 7 luglio 2006, questi quattro capitoli erano in bianco (li avrebbe riempiti la finanziaria); lo sono ancora adesso. Questo candido pallore è alla base delle preoccupazioni evidenziate dall’Ue a latere degli incontri di Postdam il 18 ed il 19 maggio e degli avvertimenti della Commissione Europea secondo cui, nonostante i trionfalismi pre-elettorali, l’Italia resta “sotto osservazione” almeno sino alla primavera 2008.
Ove queste apprensioni sul quadro interno non bastassero, si aggiungono quelle provenienti dal contesto internazionale a fare paura a chi deve redigere il Dpef. In primo luogo, la crescita italiana è stata al traino della Germania, che, secondo le previsioni dei 20 maggiori centri economici internazionali (sul tavolo di Palazzo Chigi il 20 maggio) tirerà un po’ meno: per il 2008 il pil tedesco aumenterebbe del 2% circa e quello italiano dell’1,5% - all’ultima conta la produzione industriale tedesca è cresciuta del 7,7% su 12 mesi e quella italiana dell’1,6%. In secondo luogo – ben lo sa Enrico Letta per i suoi trascorsi a Viale Boston – il fallimento del negoziato Omc sugli scambi minaccia difficoltà per le quattro “A” dell’export italiano (Abbigliamento, Alimentazione, Arredamento, Automazione). Si profila, quindi, per Prodi & Co. il pericolo di dovere ammettere che a) il Depf del 7 luglio 2006 non è stato rispettato sotto il profilo delle politiche annunciate, b) l’aumento delle entrate (come dimostra il modello econometrico della Bce) deve attribuirsi ai Governi passati e non a quello da lui presieduto, c) la nuova manovra deve essere consistente, ma dal lato della spesa (perché abbiamo già il triste primato della più alta pressione fiscale-contributiva al mondo); d) e soprattutto deve essere fatta senza che se accorga la sinistra radicale (comunque non invitata al tè a Palazzo Chigi del 20 maggio). Ce ne è a sufficienza per essere inquieti (pur ostentando gioia e compiacimento in vista delle amministrative del 27 m

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