Il Presidente del Consiglio Romano Prodi ama farsi chiamare “il Professore”. Ne ha pieno titolo in quanto ordinario di economia e politica industriale dell’ateneo di Bologna sino al giorno in cui è sceso in politica attiva quando – è doveroso dargliene atto – si è messo anticipatamente in pensione pur avendo la facoltà di restare nei ruoli dell’Università. Ciò detto è utile precisare che - “il Professore” non ce la vorrà – non soltanto non è un econometrico ma la sua formazione di base, alla Facoltà di Giurisprudenza, non copriva aree di economia quantitativa. In seguito, la sua carriera pubblica è stata sia rapida sia convulsa con il risultato che le possibilità di aggiornamento sono state limitate. Inoltre, il Dipartimento Affari Economici di Palazzo Chigi, dove c’era un’équipe di economisti giovani di formazione e internazionale e quantitativa, è stato in pratica smantellato. Quindi, nell’esprimere valutazioni economiche, “il Professore”, in tante faccende affaccendato, ricorre principalmente sul proprio intuito.
E’ stato l’intuito, non l’analisi, a suggerirgli di presentarsi il 7 maggio, alla V giornata dell’economia organizzata dall’Unioncamere, come il gran risanatore e dei conti pubblici e dell’economia reale ormai compiuto, nonché a promettere che ormai non ci saranno più né “manovre dure” né “finanziarie di lacrime e sangue”. Preso dall’entusiasmo ha anche sottolineato come l’operazione fosse stata compiuta dal Governo in carica da meno di nove mesi. L’intuito e l’entusiasmo vanno premiati non solamente negli studenti. Vanno, però, criticati se i Professori si fanno trascinare troppo, dimenticando che, anche nel Regno di Oz (dove con una bacchetta magica si possono fare miracoli) occorre rispettare le proprietà matematiche e tenere conto dei risultati econometrici.
Esaminiamo l’intuito e l’entusiasmo del Professore utilizzando esclusivamente fonti internazionali (distinti e distanti dalle nostre beghe) , principalmente quelle della Banca centrale europea Bce) , disponibili on-line per chi voglia verificare le nostre cifre.
Innanzitutto, l’eventuale risanamento sprint, alla Speedy Gonzales in grado di correre con una velocità ben superiore a quella di settantenni come il Presidente del Consiglio ed il Ministro dell’Economia e delle Finanze. La Bce ha pubblicato nel luglio scorso il working paper 660 in un’elegante fascicolo che si può acquistare per pochi euro o scaricare gratis dal sito della Banca. E’ un lavoro di Elena Angelini, Antonello D’Agostino e Peter McAdam in cui si presenta e si analizza in dettaglia “il blocco Italia” del modello econometrico elaborato dalla Bce per giungere alle decisioni di politica monetaria di propria competenza. Pur utilizzando uno schema di identità e di equazioni leggermente differente da quelli di modelli analoghi elaborati dal Fondo monetario, dall’Ocse e dalle Nazioni Unite – tutti basati sul modello “Link” formulato dal Premio Nobel Lawrence Klein- conferma quanto già dimostrato da altri: in Italia il time lag (divario temporale) tra l’attuazione di misure di politica macro-economica ed i loro effetti è, a causa delle molteplici rigidità del nostro sistema, più lungo che in altri Paesi: 3-4 anni invece dei 2-3 prevalenti nell’insieme dell’Ocse. Ciò vuol dire che il risanamento, se c’è stato, è frutto delle politiche della XIV legislatura così come la crescita raso terra nel 2000-2004 è il risultato del forte aumento del carico tributario effettuato nel 1996 (la “tassa per l’Europa” ed altri balzelli). Analogamente, gli effetti di quella che il Professore ha chiamato “la manovra dura” del 2006 si avvertiranno, in termini di rallentamento della crescita, a partire dal 2009. E saranno guai per chiunque sarà l’inquilino di Palazzo Chigi.
Senza dubbio, un aggiustamento dei conti pubblici c’è stato: nel 2003-2005 l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni si aggirava sul 4% del pil, mentre le previsioni per il 2007-2008 lo portano al di sotto del 3% del pil. E’ da imputarsi all’ultima finanziaria? Non solamente lo vieta concettualmente il time lag a cui si è appena fatto riferimento, ma il Vice Ministro delle Finanze Vincenzo Visco, in numerosi interviste e dibattiti pubblici, ha correttamente sottolineato dei 39 miliardi di euro della manovra di bilancio soltanto 15 miliardi erano mirati alla riduzione del disavanzo (tanti quanti ritenuti necessari dal precedente Ministro dell’Economie e delle Finanze Giulio Tremonti), mentre il resto è da imputarsi a politiche redistributive (un pedaggio da pagare alla componente di sinistra radicale dell’Esecutivo).
Il quadro è meno incoraggiante se si guarda allo stock di debito pubblico- ancora al 104% del pil ed al debito previdenziale che in mancanza di interventi sfiorerà il 180% del pil nel 2011 (ultimo anno della legislatura). Il working paper n. 656 della Bce- ne sono autori Rolf Strauch, Manfred Kremer e Paolo Paesani – dice a tutto tondo che in questo campo siamo molto lontani dalla situazione di altri Paesi europei e che ciò non potrà non comportare tassi d’interesse più alti da noi che altrove. A riguardo, è doveroso ricordare che il Governo precedente nel passare le consegne a quello guidato dal Professore aveva pronti i dossier per ulteriori privatizzazioni dell’Enel e dell’Eni, nonché per la privatizzazione delle Poste e della Rai. Ciò avrebbe liberalizzato e reso più competitivo il sistema e fornito risorse al fondo per la riduzione dello stock del debito pubblico. Non se ne è fatto nulla. Si è, invece, iniziato un contorto beauty contest per cercare di cedere Alitalia agli amici degli amici (dando la massima discrezionalità alla stazione appaltante).
Eloquente anche il working paper Bce n. 634 (ne sono autori Sebastian Hauptmeier, Martin Heipertz e Ludger Schuknecht- nessuno dei quali, riteniamo, abbia motivi personali per criticare “il Professore”). Il lavoro esamina le riforme delle politiche e dei meccanismi di spesa pubblica nei Paesi industriali: l’Italia ha mirato basso (a ragione di gruppi e gruppuscoli corporativi) ed ha ottenuto poco. C’è molto da fare: la strada non è quella dell’aumento del carico tributario ma del dimagrimento , se necessario, per fame della macchina pubblica.
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