IL LAVORO DI
DMITRI ŠOSTAKOVIC SARÀ IN SCENA AL SAN CARLO DI NAPOLI DAL 15 APRILE
La Lady
Macbeth che fece paura a Stalin
GIUSEPPE
PENNISI
Critici
musicali si diventa o si nasce? Normalmente si pensa che il percorso per
diventare un critico musicale sia lungo e comporti anni in Conservatorio,
nonché studi a una scuola di giornalismo per poter fare il ‘ critico militante’
per un quotidiano e per periodici. Stalin ci nacque e con un articolo di fondo
non firmato ( ma riconosciuto come di suo pugno) il 28 gennaio 1936 mise al
bando quello che si pensava fosse ‘ il musicista di corte’ del regime, Dmitri
Šostakovic, la cui opera La lady Macbeth del distretto di Mensk stava
trionfando al maggior teatro di Mosca, il Bolshoi. Un lavoro che, secondo le
intenzioni dell’autore, avrebbe dovuto essere il primo di una tetralogia sul
coraggio della ‘ nuova donna sovietica’.
L’ira di
Stalin — si badi bene — non cadeva sulla vicenda, né sul libretto quanto mai
esplicito ( per il teatro in musica degli anni trenta); vicenda e libretto anzi
potevano venire assunti come critica alle degenerazioni borghesi che l’uomo
nuovo del comunismo avrebbe curato. Inoltre, dal racconto su cui si basava
l’opera era già stato un dramma teatrale con non avuto censure. L’ira era con
la partitura, chiamata ' caos non musica'. Scrittura difficile, che richiede un
grande organico ed è intrisa del linguaggio del Novecento allora più moderno;
la musica accentua il sesso e il sangue con la ferocia degli ottoni ( chiamati
a sottolineare gli amplessi) e l’arditezza delle soluzioni timbriche. Utilizza
richiami a canti e cori popolari nonché alla ' musica futurista' russa che
aveva cultori in quegli anni prima di essere schiacciata dalla stalinismo.
Richiede un enorme organico orchestrale, diciotto solisti in venti ruoli, un
grande coro e frequenti cambiamenti di scene. Richiede soprattutto una
direzione incalzante, veloce, a volte ruvida ma pronta al tempo stesso a
scivolare in afflati lirici negli intermezzi. Si ricorda un’esecuzione bellissima
di Myung- Whun Chung per l’Opéra di Parigi ed una esemplare ( anche grazie alla
regia di Lev Dodin) di Semyon Bichkov al Maggio Musicale Fiorentino. Il lavoro
sarà in scena al San Carlo dal 15 aprile in una coproduzione con il Teatro
dell’Opera di Amsterdam, la direzione musicale di Juraj Valcuha, la rega di
Martin Kusej, le scene di Martin Zehetgruber, i costumi di Heide Kastler e
Natalia Kreslina, Dmitry Ulianov, Ludovit Ludha Ladislav Elgr nei ruoli
principali.
La
stroncatura condizionò la vita e la produzione successiva di Šostakovic. Gran
parte dei lavori sulla vita tormentata di Šostakovic, apprezzato nel resto del
mondo ma considerato con diffidenza in Patria ( nonostante lo stesso contributo
personale che diede durante la seconda guerra mondiale) si basano sul libro
Testimonianza. Le Memorie di Dmitri Šostakovic pubblicate da Solomon Volkov
nel 1979 ( ossia a quattro anni circa dalla morte del compositore), memorie
scritte in seguito a lunghe interviste. Anche se Volkov non ha esibito i nastri
in cui le interviste sarebbero state registrate le conversazioni, nessuno degli
stretti familiari di Šostakovic ne ha mai smentito i contenuti. E’ difficile
dire quanto nel libro di Volkov ci sia di forzato. Il ritratto che emerge è
quello di un fiero antistalinista, costretto dalle circostanze della vita e
dalla ferocia del tiranno ( che aveva mandato di fronte al plotone di
esecuzione alcuni dei suoi migliori amici) a vivere una doppia esistenza dal
1936 ( anno in cui venne bandita La lady Macbeth del distretto di Mensk):
conformista
in apparenza ( e in tal modo anche con importanti riconoscimenti ed incarichi
ufficiali) ma antistalinista in fondo al cuore e con il timore di essere, in
qualsiasi momento, scoperto. Tuttavia, sempre profondamente patriota, come
mostra la sua settima sinfonia Leningrado composta ( e diffusa in Gran
Bretagna e negli Stati Uniti) durante il lungo assedio nazista della città.
Il volume di
Volkov ha avuto diffusione limitata in Italia. Il film tratto da Tony Palmer
nel 1988 dal libro di Volkov, con Ben Kingsley come protagonista, ha avuto
numerosi premi internazionali ma in Italia si è potuto vedere soltanto sul
canale ‘ classica’ di Sky in lingua originale con sottotitoli; non ha trovato
un distributore che lo circolasse nelle sale anche in quanto politici di rango
avrebbero, all’epoca, fatto sapere che non gradivano la diffusione di un film
che metteva in cattiva luce l’Unione Sovietica dalla rivoluzione del 1917 al
1975.
Un nuovo
volume uscito nel 2013 per i tipi di Zecchini Editore Šostakovic Continuità
della Musica, Responsabilità nella Tirannide di Piero Rattalino ( pp 280, €
25), è stato inteso come un saggio ‘ revisionista’, rispetto alle analisi di
Volkov. Il libro di Rattalino è una biografia musicale ( non storico- politica)
del compositore. È un lavoro attento, rivolto non solo al pubblico del mondo
della musica; è scritto con eleganza e pone le opere di Šostakovic nel contesto
dell’evoluzione musicale di settanta anni del Novecento. Riconosce come, dopo
il bando di La lady Macbeth del distretto di Mens, il giovane
compositore ( uno dei più corteggiati dalle belle donne dell’intellighentsia di
Leningrado ( il nome dato a San Pietroburgo dopo la rivoluzione sovietica),
anche a ragione della sua arguzia ( oltre che della sua avvenenza), era
diventato timido e timoroso ( tanto da mettere anche la sua firma a una lettera
di censura al suo amico Sacharov) ma trova come elemento di fondo della vita
del compositore “la continuità di musica legata alla tradizione e l’assunzione di
responsabilità personali, pur nei lacci della tirannide”. Essenzialmente, si
differenzia solo in parte da un’analisi dalla personalità di Šostakovic quale
tratteggiata da Volkov.
Occorre,
però chiedersi, se, dopo avere composto due opere indubbiamente rivoluzionarie
( Il Naso prima di La lady Macbeth) sotto l’aspetto della
sintassi musicale, gran parte della produzione di Šostakovic ( soprattutto le
sinfonie, meno la cameristica e le musiche da film) siano rimaste così
tradizionali ( e lontane da altri fermenti del Novecento) proprio in quanto
sentitosi nel mirino di un regime che non accettava l’innovazione. E che
invidiava il successo altrui ( Molotov, in palco con Stalin alla prima
moscovita di La lady Macbeth) si piccava di essere musicista ed era cugino
di Skjabrin, a cui il successo sarebbe arriso molto più tardi.
IN UN
ARTICOLO, NON FIRMATO DEL 28 GENNAIO 1936, IL DITTATORE RUSSO ATTACCÒ LA
PARTITURA, DEFINITA “CAOS NON MUSICA”, CHE RICHIAMAVA IL FUTURISMO
LE FOTO
DELLA PAGINA DI THOMAS AURIN/ SALZBURGER FESTSPIELE
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