E la politica economica deve tornare centrale
GIUSEPPE PENNISI
Il Mezzogiorno sarà uno dei temi
centrali delle politica economica dei prossimi anni. Gli indicatori prodotti
periodicamente dall’Istat e da istituti di ricerca come lo Svimez documentano
non solo come stia aumentando il divario tra Pil pro-capite del Sud e delle
Isole e quello del resto del Paese, ma anche un processo di desertificazione
dell’industria manifatturiera. La fotografia scattata da Eurostat mette il dito
sulla piaga: a ragione del declino economico e sociale, troppi giovani non
studiano né lavorano, pochi si laureano con il record di disoccupati. L’Istat
quantifica i poveri in 4,7 milioni di individui, di cui due milioni residenti
nel Sud e nelle Isole. La scorsa settimana l’Inps ha presentato i primi dati
sul Reddito d’inclusione (Rei): nei primi tre mesi del 2018 ha raggiunto
317.000 persone, per oltre il 70% famiglie meridionali. A regime è previsto uno
stanziamento pari a circa 2 miliardi di euro annui, capaci di raggiungere 2,5
milioni di persone, poco più della metà dei poveri assoluti. Misure
assistenziali, come il Rei, favoriscono un leggero aumento dei consumi. Ma non
risolvono i nodi di fondo. Occorre che la 'questione meridionale' ritrovi la
centralità nella Politica economica del Paese che aveva all’inizio degli Anni
Novanta. Il 'Rapporto Amato' , commissionato dal Parlamento all’ex Presidente
del Consiglio ed a cui collaborarono tutti i maggiori centri italiani di
analisi, produsse una serie di proposte (peraltro mai attuate) indicando anche
azioni e strumenti specifici. Alcune sono ancora valide. Ad esempio
l’individuazione di pochi poli di attrazione e di localizzazione degli
investimenti che garantiscano condizioni particolarmente favorevoli ai nuovi insediamenti
industriali (collegamenti efficaci, banda larga, barriere alle possibili
infiltrazioni della criminalità, presenza di terminali di grandi aziende di
credito, collegamenti con le Università del territorio e, se possibile,
agevolazioni fiscali). Il secondo punto essenziale sono le grandi
infrastrutture, che hanno un duplice effetto: nella fase di cantiere stimolano
l’utilizzazione del fattore lavoro, creando occupazione anche nell’indotto; in
quella a regime, aumentano la produttività. Le risorse pubbliche sono
limitatissime, ma si possono mobilitare risorse private per investimenti a
lungo termine, compito iniziato alcuni anni fa dal Long Term Investment Club,
di cui fa parte la Cassa Depositi e Prestiti . Sono idee concrete da cui
partire. Il terzo ed il quarto punto infine riguardano le risorse umane (e la
loro formazione) e la sicurezza. Due determinanti essenziali sui cui aspetti
specifici val la pena di tornare.
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