BELLINI/ "I
Puritani" tornano a Palermo: una prima assoluta in maschera
Ultima opera
di Vincenzo Bellini, composta per Parigi prima di morire a meno di 35
anni I Puritani è opera da fare tremare il polso. di GIUSEPPE
PENNISI 17 aprile 2018 Giuseppe Pennisi
Foto di Franco Lannino
Dietro una
‘ripresa’ si cela una prima assoluta che ha attirato a Palermo musicologi da
tutto il mondo. Il 13 aprile al Teatro Massi di Palermo è tornato un
allestimento ‘storico’ de I Puritani di Vincenzo Bellini. La produzione
nacque al Massimo della capitale siciliana dieci anni fa con un approccio
allora sperimentale: affidata a Pier Allì per regia, scene e costumi, lo
spettacolo prevedeva pochi elementi costruito e numerose proiezioni e giochi di
luce. Fu un successo e viaggiò, in Italia, a Bologna, Cagliari e Trieste per
poi essere invitata al Festival di Sanvonlinna in Filandia ed arrivare a
Tokio nell’enorme Bunka Kaikan. Era una messa in scena all’insegna
dell’economia dei costi, delle sinergie, della qualità. Il grigio domina i
primi due atti, mentre il verde e l’azzurro caratterizza il terzo. Veloci
siparietti e proiezioni facilitano l’adattamento a palcoscenici di varie
dimensioni. Erano state chiamate a raccolta le migliori voci internazionali del
“bel canto”- ed un budget conseguente. Fu un grande un successo ed è
un’ottima idea riproporla là dove è nata augurandosi che altre fondazioni
liriche la riprendano. L’allestimento scenico e la regia non sono cambiati, ma
ripresi da Alberto Cavallotti. Sono differenti (rispetto a dieci anni fa
maestro concertatore e interpreti. E soprattutto la partitura presentata, senza
i consueti ‘tagli di tradizione’, nella edizione critica di Fabrizio della Seta
(circa una mezz’ora in più di musica) mentre l’originale belliniano è esposto
nel foyer del Massimo.
Ultima opera
di Vincenzo Bellini, composta per Parigi prima di morire a meno di 35 anni nei
pressi della capitale francese I Puritani è opera da fare tremare il
polso ai sovraintendenti ed ai direttori artistici delle fondazioni liriche.
Quindi, è una delle opere più raramente rappresentate, anche se più belle, del
compositore catanese: è l’apoteosi del “belcanto”, pur se basata su un libretto
piuttosto improbabile in cui amori, intrighi, tradimenti (finti o presunti), e
pazzia ai tempi delle guerre Cromwell si intrecciano tra lori e terminano con
colpo di scena e lieto fine. De Chirico ne firmò un allestimento (rivisto a
Roma alla fine degli Anni Ottanta) in cui l’astrusa vicenda era trasformata in
un gioco di carte – una fazione erano i “quadri” e l’altra i ”cuori ”-
quasi a sottolineare l’irrilevanza del testo del Conte Pepoli, patriota
bolognese in esilio a Parigi. La riapertura dei ‘tagli’ mostra
approfondimenti psicologici (specialmente nel personaggio di Riccardo) sino ad
ora non noti. Altro aspetto di rilievo è la ricchezza dell’orchestrazione
spesso ritenuta principalmente come supporto alle voci.
Nel
2012 numerosi melomani e critici musicali sono rimasti tra lo scettico ed
il sorpreso alla notizia che un gruppo di teatri “di tradizione” (con risorse
infinitamente minori di quelle delle fondazioni liriche) avevano in animo di
mettere in scena il lavoro: il “circuito lombardo” ( Cremona, Como, Brescia,
Pavia) ed il “Pergolesi” di Jesi hanno realizzato, nel 2012, un’avventura
analoga, affidando la regia, le scene ed i costumi, ad una squadra proveniente
dal teatro di prosa sperimentale (Carmelo Rifici, Guido Buganza, Margherita
Baldoni), e la direzione musicale ed il canto in voci in gran parte giovani e
poco conosciute. L’allestimento scenico era molto semplice: un salone di un
castello innevato con un secondo piano/soppalco praticabile. I costumi dei
“puritani” sono austeri, quelli dei “cattolici” legati al Regno degli Stuart
lussuosi. Rifici viene dalla prosa ed utilizzava in certi momenti attori per
mostrare i pensieri – per lo più erotici – dei due “casti” protagonisti. Un
artificio di cui, a mio avviso, si sarebbe potuto fare a meno. Tuttavia, la
recitazione era spigliata e la produzione poteva andare agevolmente in circuito
tra i vari teatri..
Nel circuito
lombardo marchigiano, la vera scoperta fu il trentenne Giacomo Sagripanti,
noto all’estero molto più che in Italia. Jessica Pratt era notissima per
le sue interpretazioni al Rossini Opera Festival (ROF). Occorre tener presente
che i lavori di Bellini sono spesso considerati opere in cui l’orchestra è mero
supporto delle voci. Alcuni decenni fa, proprio dirigendo I Puritani in
un’edizione di cui c’è un magnifico CD, l’allora giovane Riccardo Muti
mostrò come l’ultima opera di Bellini non ha solo una delicatissima
introduzione e la giustamente famosa polonaise ma è un ricamo di atmosfere
affidate alla sonorità orchestrali tali da rendere plausibile (almeno tanto
quanto la vocalità) l’astruso libretto. Nel 2015 anche Firenze e Torino hanno
giudiziosamente scelto una joint venture A Firenze sul podio c’era Matteo
Beltrami (classe 1975) il quali ha diretto nei maggiori teatri europei
(Monaco, Dresda) ed in Italia è stato applaudito a La Fenice, al Massimo di
Palermo e nei due maggiori circuiti regionali, quello lombardo-marchigiano e
quello toscano. La regia era affidata a Fabio Ceresa, anche lui giovane
e proveniente dalla prosa e dal cinema. Uno spettacolo di livello.
A Palermo,
l’allestimento di Pier’Alli, ripreso da Alberto Cavallotti . viene concertato
da Jader Bignamini ( una delle migliori giovani bacchette di oggi). Tra i
protagonisti maschili, Nicola Ulivieri, Julian Kim,, e Celso Albelo. Il ruolo
di Elvira , uno dei più ardui del belcanto, avrebbe dovuto essere cantato da
Nadine Serra. Ammalatasi , è stato affidato a Laura Giordano (il 13 ed il 15
aprile), a Ruth Iniesta (il 14 ed il 18 aprile ) ed a Jessica Pratt (il 17 ed
il 19 aprile), tre stelle del belcanto.
Di grande
rilievo la concertazione di Bignamini che , alla guida di un’orchestra che ha
anche un’importante stagione sinfonica, scava nell’orchestrazione mostrandone
aspetti poco noti quali la ricchezza dei colori. Eccellenti Celso Albelo (con
il timbro squillante ed i ‘do’ protratti), Nicola Ulivieri (di cui si sono
ammirati i legato) e Julian Kim (specialmente nello scendere a registri molto
profondi). Il terrificante ruolo di Elvira è stato affidato a Laura Giordano
che, anche con l’aiuto di Albelo nei duetti, lo ha affrontato bene,
Teatro
stracolmo . Pubblico entusiasta che ha applaudito a scena aperte e richiesto
bis dopo il duetto tra baritono e basso al secondo atto e quello tra soprano e
tenore al terzo. Ovazioni alla fine. Dopo la mezzanotte. Ma con la gioia di
avere ascoltato I Puritani così come composto da Bellini.
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