Come sta l’Ue nel 2018, l’anno
del cane
Secondo il
calendario cinese (che inizia il 26 febbraio), il 2018 è ‘l’anno del cane’. Per
i cinesi, il cane è un animale domestico, che non morde e raramente abbaia. Non
solo, può anche essere appetitoso, se cucinato bene. Le persone di questo segno
sono molto fedeli e sono molto felici di aiutare gli altri. Sono molto
sensibili e soffrono per le ingiustizie. Tra le loro qualità figurano
l’intelligenza, l’onestà e l’impegno nello svolgere il proprio lavoro, ma sono
anche di carattere difficile. Professioni ideali per le persone di questo segno
sono lo scrittore, il politico, l’investigatore, l’insegnante, l’attore e il
regista. ‘L’anno del cane’ è anche tranquillo e sereno.
Le
previsioni sull’Europa non concordano tanto con questi oroscopi cinesi. Nel
continente vecchio, tranquillità e serenità saranno difficili, nonostante
l’ultimo Bollettino della Banca centrale europea (Bce) punti ad un graduale
rafforzamento della crescita e ad un’inflazione che raggiungerebbe l’obiettivo
del 2% l’anno. Ci saranno elezioni non solo in Italia ma anche in Belgio,
Irlanda, Svezia, Finlandia e Repubblica Ceca.
Nel Paese
che è il cuore ed il motore dell’Unione europea (Ue), a quattro mesi dal voto,
non solo non si è ancora insediato un Governo ma, terminate male le trattative
tra il partito di maggioranza relativa e due partiti minori, si sta tentando
ancora una volta una ‘grande coalizione’ simile a quella che ha caratterizzato
la precedente legislatura. Nei Paesi ‘elettorali’ citati, non si tratta di voti
di routine.
I partiti
tradizionali (quello di ispirazione di centro-destra e quello di
centro-sinistra) stanno perdendo peso ad ogni chiamata alle urne, mentre
avanzano le forze e i movimenti nazionalisti, sovranisti e populisti. Ciò pone
sia le istituzione europee che le politiche economiche europee di fronte a sfide
che sino ad ora non hanno effettivamente affrontato.
Potrebbero
dare un buon segnale se come primo passo del 2018, l’Europa ponesse all’ordine
del giorno la revisione del Fiscal Compact (ad esempio, scomputando
l’investimento pubblico dai parametri sui vincoli di spesa e la riduzione dal
60% del Pil – come era alla fine degli Anni Ottanta- al 60% dell’obiettivo per
il debito pubblico), l’attuazione di politica comune di fronte ai movimenti
migratori e un’intesa sulle garanzie (e se possibile la riduzione) in merito di
debito sovrano.
L’Italia è
in una situazione più complessa di numerosi Paesi europei. Le previsioni
econometriche dei maggiori centri di ricerca (Prometeia, Nomisma, Irs)
affermano che la crescita migliorerà; l’ultima nota statistica dell’Istat è
anche in questo senso. L’Ue e il Fondo monetario internazionale (Fmi) ci
ricordano che, senza una riduzione del peso debito pubblico, non potremo andare
né veloci né lontano. L’argomento, però, non pare essere nei frammenti di
programma di partiti e movimenti che si contendono i seggi nella campagna
elettorale formalmente appena iniziata.
Il dopo
elezioni si presenta complesso, come ha sottolineato, su questa testata, Roberto
Arditti in un suo recente intervento. Probabilmente, il cane non scodinzolerà
ma abbaierà e darà qualche morso prima che un nuovo Governo sarà formato e avrà
saldamente la guida del Paese.
Buon Anno a
tutti.
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