Oecomonicus
ANNO DEL CANE O ANNO DA
CANI
Giuseppe
Pennisi
Presidente
della Commissione Informazioni del CNEL e del comitato scientifico di
ImpresaLavoro
Come sarà il
2018 sotto il profilo economico? In gran parte dipende dalla politica, non solo
da quella di casa nostra ma anche da quello in Paesi dell’eurozona a noi vicini
e per noi importanti.
Secondo il
calendario cinese, il 2018 è l’anno del canne, animale domestico che fa
compagnia all’uomo, ha un temperamento dolci e moli cinesi lo godono anche in
salmì. Ma potrebbe essere anche un anno da cani, con un rapido raffreddamento
dei segnali di ripresa in atto dal secondo semestre 2017 e, anche di una nuova
crisi finanziaria con implicazioni molto vaste sull’economia reale
Le previsioni
ecometriche di autorevoli istituti di ricerca italiani sono generalmente
ottimistiche, così come lo sono quelle del Documento di Economia e Finanza
(base per la Legge di Bilancio) approvata all’inizio di dicembre. Indicano che
tra il secondo semestre 2017 ed il quarto semestre del 2018 il Pil aumenterebbe
complessivamente del 2,7% ,ad un saggio annuo sull’1,3-1,5% l’anno, modesto ma
pur sempre migliore della doppia recessione e della stagnazione che hanno
caratterizzato gli ultimi dieci anni. E’ doveroso, tuttavia, rammentare che i
venti maggiori istituti econometri internazionali (tutti privati, nessuno
italiano) tracciano un quadro meno roseo:la fase di espansione dell’eurozona,
in gran misura da attribuirsi alle misure straordinarie di politica monetarie
messe in atto dalla Banca centrale europea (BCE), starebbe dando segni di
rallentamento. Ciò potrebbe essere particolarmente grave per l’Italia che si è
agganciata a questa fase non sul nascere ma quando stava declinando. Il
documento previsionale di Prometeia rammenta che negli ultimo trent’anni
rispetto ai nostri vicini Francia e Germania abbiamo perso 22 punti percentuali
di crescita effettiva del Pil e 18% punti percentuali in termini di Pil
procapite – la diminuzione della popolazione spiega la differenza. Quindi,
abbiamo comunque un bel cammino da fare se vogliamo tornare al livello dei
nostri partner più vicini. L’’anno del cane’ , con il suo andamento lento non
ci è di grande aiuto. Rappresenta, tuttavia, la scenario più incoraggiante.
Sarebbe,invece,
negativo se ci fossero strattoni dal lato della politica. Al momento in cui
scriviamo , è difficile fare stime sull’esito dei risultati delle elezioni in
Catalogna e se le trattative in corso per formare un Governo di grande
coalizione andranno a buon fine o se al di là delle Alpi e del Reno si dovrà
tornare ad elezioni precedute da una campagna elettorale che potrebbe portare
ad una frattura tra CDU e CSU (i due partiti ‘cristiani’ e moderati del Nord e
della Baviera). L’Italia sarebbe il Paese più colpito.
In un’Europa
che ha appena avuto il colpo della Brexit, in cui la “questione catalana”
resterà irrisolta a lungo, in cui in Repubblica Ceca, in Polonia ed in alcuni
Lânder settentrionali della Germania tornano i revanscismi (ove non peggio), la
Repubblica Federale Tedesca è stata per anni il pilastro di stabilità. Se
questo pilastro traballa, i suoi effetti si sentiranno in tutto il continente,
specialmente nella monca “unione monetaria”. L’Italia è, il Paese più
cagionevole. Il nostro debito pubblico sta per approssimare quello della Gran
Bretagna al termine della Seconda guerra mondiale ma non c’è né la sterling
dollar diplomacy (che creò il sistema di Bretton Woods) né il Piano Marshall a
risolverlo. Se la Germania entra in campagna elettorale i candidati dei
differenti schieramenti si mostreranno meno solidali nei confronti di un Paese
che si è dato un sistema elettorale che porta a lite continue.
Le principali
forze politiche, dato che le elezioni legislative sono imminenti anche da noi,
non hanno esplicitato come vorranno affrontare i problemi immediati (la
possibile, ove non probabile, crisi finanziaria della prossima primavera-estate)
e quelli di medio e lungo periodo (soprattutto, la produttività
multifattoriale). È normale che i detentori di titoli nel nostro debito,
pensino a sbarazzarsene. E non certo per sostituirli con quelli di banche
italiane.
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