Operetta, che passione.
Ravenna come Salisburgo
Sempre più protagonista sul fronte della
programmazione teatrale, a ottobre Ravenna ha messo in scena la sua “trilogia
d’autunno”, dando all’operetta un’importante visibilità.
Scritto da Giuseppe
Pennisi | domenica, 6 novembre 2016 · 0
La Vedova
Allegra, Hanna Glawari (Krisztina Kónya) ©Zani – Casadio
OPERETTE
DANUBIANE
Se Pesaro può essere considerata la Bayreuth sull’Adriatico, con il suo festival rossiniano, Ravenna è diventata la Salisburgo dell’Adriatico. Grazie a una sequenza di festival per tutto l’anno. Il più importante è quello estivo (che dura circa due mesi e utilizza circa dieci luoghi di spettacolo (dal magnifico Teatro Alighieri al grande auditorium De André alla Rocca Brancaleone a teatri di città e cittadine vicine): è un festival multidisciplinare ma tematico (nel 2016 imperniato su Mandela, nel 2017 su Dante, e via discorrendo). In ottobre, giunge una “trilogia d’autunno” (tre opere o balletti su un argomento preciso). In inverno e primavera si alternano una “stagione lirica di tradizione”, una stagione di prosa e una stagione di concerti. Ravenna Manifestazioni – l’azienda che gestisce il complesso programma (circa 200 spettacoli in una città di 180.000 abitanti, le dimensioni di Salisburgo) – ha una cinquantina di sponsor e collaboratori. Stime econometriche indicano che un dollaro di contributo pubblico ne produce otto di valore aggiunto all’economia del territorio.
Quest’anno, la “trilogia d’autunno”, andata in scena dal 14 al 23 ottobre, è stata dedicata all’operetta “danubiana”. Tre operette ungheresi co-prodotte dalla Fondazione Ravenna Manifestazioni con tre dei maggiori teatri magiari: il teatro dell’operetta di Budapest, il Teatro Csokonai di Debrecen e il Teatro Nazionale di Szeged. Il corpo di ballo viene dal teatro dell’operetta di Budapest. In buca, la famosa orchestra filarmonica Kodàli. Cantanti e attori tra i migliori che offre il mercato. Scene, costumi, attrezzeria sono giunti a Ravenna su quattro tir; nei giorni della trilogia, gli hotel di Ravenna ospitavano circa duecento ungheresi tra orchestra, coro, cantanti-attori, corpo di ballo, scenografi, maestri concertatori.
Se Pesaro può essere considerata la Bayreuth sull’Adriatico, con il suo festival rossiniano, Ravenna è diventata la Salisburgo dell’Adriatico. Grazie a una sequenza di festival per tutto l’anno. Il più importante è quello estivo (che dura circa due mesi e utilizza circa dieci luoghi di spettacolo (dal magnifico Teatro Alighieri al grande auditorium De André alla Rocca Brancaleone a teatri di città e cittadine vicine): è un festival multidisciplinare ma tematico (nel 2016 imperniato su Mandela, nel 2017 su Dante, e via discorrendo). In ottobre, giunge una “trilogia d’autunno” (tre opere o balletti su un argomento preciso). In inverno e primavera si alternano una “stagione lirica di tradizione”, una stagione di prosa e una stagione di concerti. Ravenna Manifestazioni – l’azienda che gestisce il complesso programma (circa 200 spettacoli in una città di 180.000 abitanti, le dimensioni di Salisburgo) – ha una cinquantina di sponsor e collaboratori. Stime econometriche indicano che un dollaro di contributo pubblico ne produce otto di valore aggiunto all’economia del territorio.
Quest’anno, la “trilogia d’autunno”, andata in scena dal 14 al 23 ottobre, è stata dedicata all’operetta “danubiana”. Tre operette ungheresi co-prodotte dalla Fondazione Ravenna Manifestazioni con tre dei maggiori teatri magiari: il teatro dell’operetta di Budapest, il Teatro Csokonai di Debrecen e il Teatro Nazionale di Szeged. Il corpo di ballo viene dal teatro dell’operetta di Budapest. In buca, la famosa orchestra filarmonica Kodàli. Cantanti e attori tra i migliori che offre il mercato. Scene, costumi, attrezzeria sono giunti a Ravenna su quattro tir; nei giorni della trilogia, gli hotel di Ravenna ospitavano circa duecento ungheresi tra orchestra, coro, cantanti-attori, corpo di ballo, scenografi, maestri concertatori.
Contessa
Maritza, Istvan Liebenberg (Károly Peller), Lisa (Szilvi Szendy) © Zani –
Casadio
UN GENERE
EUROPEO
L’operetta è un genere quasi scomparso in Italia, soprattutto perché, in una prima fase, gestito quasi esclusivamente da compagnie viaggianti prive di orchestre, di cantanti-attori e di corpi di ballo necessari a produrre lavori di qualità, e poi perché travolto dalla commedia musicale. Non solo spettacolo di alto livello, ma anche molto frequentato in Europa Centrale, non è mai sparito dalla Gran Bretagna (nella forma specifica assunta dalle operette satiriche di Gilbert & Sullivan), sta tornando di moda in Francia, e in Spagna è popolarissimo nella sua connotazione nazionale di “Zarzuela”. C’è anche un revival negli Stati Uniti: in Ohio, nella piccola città universitaria di Wooster, esiste da trentotto anni la Light Opera Company, che ha in repertorio una quarantina di titoli e affianca l’operetta danubiana principalmente con quella americana, britannica e francese; un numero adeguato dei loro spettacoli sono in DVD e di tanto in tanto appaino su canali televisivi specializzati come Classica e Rai5.
L’operetta è un genere quasi scomparso in Italia, soprattutto perché, in una prima fase, gestito quasi esclusivamente da compagnie viaggianti prive di orchestre, di cantanti-attori e di corpi di ballo necessari a produrre lavori di qualità, e poi perché travolto dalla commedia musicale. Non solo spettacolo di alto livello, ma anche molto frequentato in Europa Centrale, non è mai sparito dalla Gran Bretagna (nella forma specifica assunta dalle operette satiriche di Gilbert & Sullivan), sta tornando di moda in Francia, e in Spagna è popolarissimo nella sua connotazione nazionale di “Zarzuela”. C’è anche un revival negli Stati Uniti: in Ohio, nella piccola città universitaria di Wooster, esiste da trentotto anni la Light Opera Company, che ha in repertorio una quarantina di titoli e affianca l’operetta danubiana principalmente con quella americana, britannica e francese; un numero adeguato dei loro spettacoli sono in DVD e di tanto in tanto appaino su canali televisivi specializzati come Classica e Rai5.
Pipistrello,
al centro Gabrile von Eisenstein (Zsolt Vadász) ©Zani – Casadio
RAVENNA E IL
TEATRO UNGHERESE
Le tre operette “danubiane” scelte per Ravenna – La Contessa Maritza di Emmerich Kálmán, La Vedova Allegra di Franz Lehár e Il Pipistrello di Johann Strauss jr. hanno due caratteristiche specifiche : coprono i cinquanta anni di maggior fulgore dell’operetta “danubiana”: Il Pipistrello del 1875 , frizzante come una coppa ben ghiacciata di champagne, esaltava l’industrializzazione trionfante e la Belle Époque, La Vedova Allegra (coeva di Salomè di Richard Strauss e di Madama Butterfly di Giacomo Puccini) era un canto d’amore per un’epoca di cui si avvicinava la fine (facendo perdere ogni illusione agli Stati e Statarelli balcanici, le cui capitali pensavano di diventare tante Parigi in miniatura), La Contessa Maritza del 1924 si svolge quasi interamente in campagna ed è un elegante rimpianto di un mondo che non esiste più.
Tradizionali nella regia e nella messa in scena sia La Vedova Allegra sia La Contessa Maritza. Il Pipistrello, invece, è collocato quasi in un contesto atemporale, dominato da enormi bottiglie di champagne.
Naturalmente, Ravenna Manifestazioni e i tre teatri ungheresi a essa associati, hanno portato il meglio a loro disposizione. Specialmente notevoli tenori come Zsolt Vadáz e Károli Peller, soprani lirici come Anita Lukás e drammatici come Kisztina Kónia e baritoni come Zóltan Bátki Fazesa. Eccellenti orchestra e corpo di ballo. Impossibile elencare gli altri; questa nota diventerebbe un elenco telefonico.
Le tre operette “danubiane” scelte per Ravenna – La Contessa Maritza di Emmerich Kálmán, La Vedova Allegra di Franz Lehár e Il Pipistrello di Johann Strauss jr. hanno due caratteristiche specifiche : coprono i cinquanta anni di maggior fulgore dell’operetta “danubiana”: Il Pipistrello del 1875 , frizzante come una coppa ben ghiacciata di champagne, esaltava l’industrializzazione trionfante e la Belle Époque, La Vedova Allegra (coeva di Salomè di Richard Strauss e di Madama Butterfly di Giacomo Puccini) era un canto d’amore per un’epoca di cui si avvicinava la fine (facendo perdere ogni illusione agli Stati e Statarelli balcanici, le cui capitali pensavano di diventare tante Parigi in miniatura), La Contessa Maritza del 1924 si svolge quasi interamente in campagna ed è un elegante rimpianto di un mondo che non esiste più.
Tradizionali nella regia e nella messa in scena sia La Vedova Allegra sia La Contessa Maritza. Il Pipistrello, invece, è collocato quasi in un contesto atemporale, dominato da enormi bottiglie di champagne.
Naturalmente, Ravenna Manifestazioni e i tre teatri ungheresi a essa associati, hanno portato il meglio a loro disposizione. Specialmente notevoli tenori come Zsolt Vadáz e Károli Peller, soprani lirici come Anita Lukás e drammatici come Kisztina Kónia e baritoni come Zóltan Bátki Fazesa. Eccellenti orchestra e corpo di ballo. Impossibile elencare gli altri; questa nota diventerebbe un elenco telefonico.
Giuseppe
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