FINANZA E POLITICA/ Usa e Ue, doppia crisi per
l'Italia
Pubblicazione: lunedì 14 novembre 2016
LaPresse
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Dopo l’elezione
di Donald Trump alla Casa Bianca, si è acceso un dibattito tra le due sponde
dell’Atlantico di cui pochi sembrano avere percepito il significato. Uno dei
programmi di fondo di politica economica della nuova Amministrazione americana
consiste nel rinegoziare la partecipazione finanziaria degli Stati membri della
Nato tanto in materia di apporto all’apparato amministrativo
dell’Organizzazione quanto alle spese per le operazioni comuni. Molto è
cambiato degli ultimi sessant’anni: è fuor di dubbio, però, che gli europei
hanno dedicato alla Nato, in termini sia assoluti che in percentuale del Pil,
molto meno degli americani; ciò ha permesso all’Europa non solo la
ricostruzione del continente dopo la Seconda guerra mondiale, ma anche di
dotarsi di uno stato sociale che, quali che siano le differenze tra uno Paese e
l’altro, è molto più esteso, molto più approfondito e molto più inclusivo di
quello americano.
Per David P.
Calleo, intellettuale liberal che ha avuto importanti incarichi al Dipartimento
di Stato nella seconda amministrazione Johnson e che viveva tra Washington e
l’Italia (Bologna dove insegnava e l’Isola d’Elba, buon ritiro per scrivere i
suoi libri), quello delle spese per la difesa comune era il nodo essenziale dei
problemi inter-atlantici. Un suo volume, uscito nel lontano 1970, si intitolava
“The Atlantic Fantasy” e sosteneva che, terminata la fase della
ricostruzione, l’Europa avrebbe dovuto prendersi carico della difesa
comune non per timore del ritorno degli Usa all’isolazionismo, quanto per dar
prova di “responsabilità europea”; altrimenti - scriveva Calleo circa
cinquant’anni fa - si sarebbero esaurite non solo la partnership atlantica, ma
anche l’integrazione europea, la vera e propria gloria della politica estera
americana del dopoguerra.
Sappiamo come
sono andate le cose: nel Ferragosto del 1971, ossia pochi mesi dopo la
pubblicazione del libro di Calleo, per decisione degli Usa è stato posto fine
al sistema di tassi di cambio definito a Bretton Woods. Da allora il concetto
di comunità economica atlantica si è sempre più sbiadito sino a sparire quasi
completamente. Si sono bloccati anche i negoziati commerciali per una vasta
area atlantica di libero scambio, di movimenti di capitale, di investimenti e
di aziende e persone con regole comuni in campo ambientale e sanitario.
Oggi i temi sul
tappeto dei rapporti tra Stati Uniti ed Europa non sono sostanzialmente
differenti da quelli esaminati nel libro di Calleo di circa mezzo secolo fa.
Tornano alle luci della ribalta perché, da un lato, alla Casa Bianca c’è un
Presidente che (quali che siano le valutazioni e i giudizi sulla sua
personalità e le sua idee) li pone con grande chiarezza e nessuna raffinatezza
diplomatica, e, da un altro, c’è un’Europa, priva di coesione e forse anche in
via di spappolamento. Il problema della ripartizione delle spese Nato - si badi
bene - è unicamente un grimaldello per tanti altri nodi di politica economica
internazionale.
In questo
quadro, com’è messa l’Italia? A mio giudizio, il Presidente del Consiglio
Matteo Renzi ha commesso ha grave errore nel muovere tutta la diplomazia
italiana e americana per ottenere un endorsement dal Presidente
americano uscente. Ne ha fatto uno ancora più grave nel dare il proprio
supporto vocale, dalle colonne del Corriere della Sera, al Presidente americano
entrante, come simbolo del “nuovo che avanza” e delle “riforme che premiano
sempre”. Non tanto perché al Dipartimento di Stato si ironizza sul
fatto che a Firenze si è passati da Machiavelli alla banderuola. Ma perché,
dopo la Brexit, l’Italia ha quanto mai esigenza di supporto indiretto americano
per risolvere le proprie questioni economiche: unicamente la finanza americana
può, se vuole, contribuire ad alleviare il fardello del debito pubblico
italiano e dell’eurozona.
Non hanno
reagito molto meglio esponenti delle istituzioni europee e di Governi di altri
Stati europei. Tutti, essenzialmente, in ordine sparso. Ciò rafforzerà
l’opinione di numerosi americani che l’Atantic Fantasy è ormai un
sogno del lontano passato e che l’Europa ha scelto di diventare uno degli
anelli deboli dell’economia internazionale.
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