NUOVA CONSONANZA/ Le due
Hanjo: quella di Hosokawa e quella di Panni
Pubblicazione:
mercoledì 23 novembre 2016
Foto di Marta Cantarelli
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NEWS Musica
Cosa vuol
dire ‘Hanjo’’, il titolo dell’opera di Marcello Panni che ha trionfato al
53simo festival di Nuova Consonanza in corso a Roma dal 12 novembre al 16
dicembre? Il programma di sala non lo spiega. Quindi lo facciamo noi: è un
nomignolo spregiativo dato dalla proprietaria di un albergo-bordello rurale
(siamo nel medio evo giapponese) ad una fanciulla, Hanago, innamoratasi di un
cliente di passaggio e sempre in attesa di lui sino a diventare folle. Anni
dopo avverrà la ricongiunzione con l’innamorato ed il lieto fine. Da questa
novella venne tratto nel XVI secolo un dramma per teatro. Nel 1956, Yukio
Mishima ne scrisse un teso testo per teatro moderno.
Dal lavoro
di Mishima, Marcello Panni trasse un’opera commissionata dal Maggio Musicale
Fiorentino dove andò in scena, con la regia di Bob Wilson, con grande successo.
Dieci anni dopo Hanjo venne riproposta dal compositore giapponese Toshio
Hosokawa, su commissione del Festival di Aix-en-Provence in coproduzione de La
Monnaie a Bruxelles; andò anche a Vienna, Lussemburgo, Rouen, New York
(Brooklyn Acamedy of Music) ed altri teatri. Potenza degli uffici marketing dei
grandi festival stranieri.
Ora a Nuova
Consonanza, Marcello Panni offre una nuova versione per un organico ridotto,
essenziale, perfettamente in linea con i caratteri della tradizione del teatro.
Non conosco la prima versione di Panni, ma ero alla prima di quella di Hosokawa
di cui nel 2011 è stato messo in commercio un DvD. Quindi un raffronto tra due
Hanjo, quella di Hosokawa di 12 anni fa e quella di Panni di oggi.
Per Toshio
Hosokawa, e Kazishi Ono (direttore artistico e maestro concertatore principale
de La Monnaie di Bruxelles) l’avvicinarsi al Ño è quasi naturale, dato
che sono ambedue giapponesi (pure se imbevuti di scuola musicale tedesca). L’
atto unico (sei scene per 90 minuti complessivi, senza intervallo) potrebbe
ricordare una “Madama Butterfly” del XXI all’incontrario (a 100 anni dalla
“prima” dell’opera di Puccini).
Nella
lettura di Mishima, una geisha aspetta, da oltre tre anni, ogni giorno
alla stazione ferroviaria l’uomo che la ha abbandonata (si possono riconoscere
grazie ad uno scambio di ventagli); la storia finisce sul giornale ed
incuriosisce una pittrice, che ne riscatta il contratto con il bordello, la
sceglie come sua modella preferita e se ne innamora, volendo, però, che sia quest’ultima
a darsi a lei, senza alcuna conquista forzata o forzosa; quando l’uomo ritorna
(anche lui ha letto sul giornale la vicenda della quotidiana lunga attesa), la
ragazza non vuole riconoscerlo e resta, in attesa sempiterna, con la pittrice a
cui si abbandona per diventarne l’amante in quello che viene definito “il
sortilegio dell’amore estremo”. Il finale del Ño del XVI secolo era differente:
Hanjo ed il suo uomo (Yoshio) si lanciavano in un duetto d’amore che ispirava
un quadro della pittrice.
Raccontata
in questi termini, la vicenda può fare sorridere. Hosokawa, ha una scrittura
raffinata di chiara estrazione tedesca (anche se coniugata con aspetti della
musica e nipponica tradizionale di corte e delle liturgie buddiste). Un
impasto, quindi, tra Darmstad, il Palazzo Imperiale e le monodie dei templi di
Nara e Kyoto. E’ una partitura verticale rigorosamente dodecafonica, con tre
voci (soprano, mezzo e baritono), un piccolo organico (16 elementi ed
integrazioni elettroniche) ed una buona dose di “Sprechgesang” alla Schönberg.
Misurata la regia di Anna Teresa de Keermaaker; essenziale la scena di Jan
Loris Lamers.
Molto
differente il lavoro di Panni per tre voci ed un ensemble di sei strumentisti
di Roma Sinfonietta diretti da Carlo Boccadoro è stringato (circa 45 minuti),
un’orchestrazione ricchissima pur se basata sul lavoro di pochi strumenti, una
struttura in cui il recitar cantando con molto declamato. In Panni prevale il
sentimento più intimo mentre in di Hosokawa l’eros.
L’innovazione
principale è la novità del linguaggio musicale di questa nuova versione,
principalmente il tono elegiaco in linea con quello che permea i teatri Ño
del XVI secolo. Tre belle voci (Sabrina Cortese Hanako,, Chiara Osella
Jitsuto (la pittrice) e Antonio Pirozzo (il giovane frequentatore di bordelli
che si innamora della geisha) ed un ensemble molto affiatato. Deliziose le
scene e costumi di Isabella Ducrot . Delicata la regia di Cesare Scarton.
Teatro Palladio pienissimo. Molti applausi.
© Riproduzione Riservata.
LE DUE ‘HANJO’
Giuseppe Pennisi
Cosa
vuol dire ‘Hanjo’’, il titolo
dell’opera di Marcello Panni che ha trionfato dal 53simo festival di Nuova
Consonanza in corso a Roma dal 12 Novembre al 16 dicembre? Il programma di sala
non lo spiega . Quindi lo facciamo noi: è un nomignolo spregiativo dato dalla
proprietaria di un albero- bordello rurale (siamo nel medio evo giapponese) ad
una fanciulla , Hanago, innamoratasi di un cliente di passaggio e sempre in
attesa di lui sino a diventare folle. Anni dopo la ricongiunzione con
l’innamorato ed il lieto fine. Da questa novella venne tratto nel XVI secolo un
dramma per Teatro Nel 1956, Yukio Mishima ne scrisse un testp testo per
teatro Ño, moderno. Dal lavoro di
Mishima, Marcello Panni trasse un’opera commissionata dal Maggio Musicale
Fiorentino dove andò in scena, con la regia di Bob Wilson, nel 1904 con grande
successo. Dieci anni dopo Hanjo venne
riproposta dal compositore giapponese Toshio Hosokawa, su commissione del Festival di
Aix-en-Provence in coproduzione de La Monnaie a Bruxelles ; andò anche a
Vienna, Lussemburgo, Rouen, New York (Brookling Acamedy of Music) ed altri
teatri .Potenza degli uffici marketing dei grandi festival stranieri. Ora ,a
Nuova Consonanza, Marcello Panni offre una nuova versione per un organico
ridotto, essenziale, perfettamente in linea con i caratteri della tradizione
del teatro Ño. Non conosco la prima versione di
Panni, ma ero alla prima di quella di Hosokawa di cui nel 2011 è stato messo in
commercio un DvD. Quindi , un raffronto tra due Hanjo quella di Hosokawa di 12 anni fa e quella di Panni di oggi.
Per
Toshio Hosokawa, e Kazishi Ono (direttore artistico e maestro concertatore
principale de La Monnaie di Bruxelles) l’avvicinarsi al Ño è quasi naturale , dato che sono ambedue
giapponesi (pure se imbevuti di scuola musicale tedesca). L’ atto unico (sei
scene per 90 minuti complessivi, senza intervallo) potrebbe ricordare una
“Madama Butterfly” del XXI all’incontrario (a 100 anni dalla “prima” dell’opera
di Puccini). Nella lettura di Mishima, una geisha aspetta, da oltre tre anni, ogni giorno alla
stazione ferroviaria l’uomo che la ha abbandonata (si possono riconoscere
grazie ad uno scambio di ventagli); la storia finisce sul giornale ed
incuriosisce una pittrice, che ne riscatta il contratto con il bordello, la
sceglie come sua modella preferita e se ne innamora, volendo, però, che sia
quest’ultima a darsi a lei, senza alcuna conquista forzata o forzosa; quando
l’uomo ritorna (anche lui in quanto ha letto sul giornale la vicenda della
quotidiana lunga attesa), la ragazza non vuole riconoscerlo e resta, in attesa
sempreterna, con la pittrice a cui si abbandona per diventarne l’amante in
quello che viene definito “il sortilegio dell’amore estremo”. Il finale del Ño
del XVI era differente: Hanjo ed il suo uomo (Yoshio) si lanciavano in un
duetto d’amore che ispirava un quadro della pittrice.
Raccontata in questi termini, la vicenda può
fare sorridere. Hosokawa, ha una scrittura raffinata di chiara estrazione
tedesca (anche se coniugata con aspetti della musica e nipponica tradizionale
di corte e delle liturgie buddiste). Un impasto, quindi, tra Darmstad, il
Palazzo Imperiale e le monodie dei templi di Nara e Kyoto. E’ una partitura
verticale rigorosamente dodecafonica, con tre voci (soprano, mezzo e baritono),
un piccolo organico (16 elementi ed integrazioni elettroniche) ed una buona
dose di “Sprechgesang” alla Schönberg.. Misurata la regia di Anna Teresa de
Keermaaker; essenziale la scena di Jan Loris Lamers.
Molto differente il lavoro di Panni per
tre voci ed un ensemble di sei strumentisti di Roma Sinfonietta diretti da
Carlo Boccadoro è stringato ( circa 45 minuti ) , un’orchestrazione ricchissima
pur se basata sul lavoro di pochi
strumenti , una struttura in cui il recitar
cantando con molto declamato). In Panni prevale il sentimento più intimo
mentre in di Hosokawa l’eros.
L’innovazione principale è la novità del
linguaggio musicale di questa nuova versione, principalmente il tono elegiaco In
linea con quello che permea i teatri Ño
XVI secolo . Tre belle voci (Sabrina Cortese Hanako,, Chiara Osella
Jitsuto (la pittrice) e Antonio Pirozzo (il giovane frequentatore di bordelli
che si innamora della geisha) ed un ensemble molto affiatato. Deliziose le
scene e costumi di Isabella Ducrot . Delicata la regia di Cesare Scarton.
Teatro Palladio pienissimo. Molti applausi.
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