Si e` trattato essenzialmente di un
esperimento, poiche´ il Teatro Farnese,
costruito per feste di corte
con giostre equestri e pare anche
battaglie navali, e` una stupenda
struttura rinascimentale con un’acustica
secca e tutt’altro che buona.
In effetti, questa Giovanna d’Arco e`
stata proposta all’interno del Festival
Verdi perche´ Saskia Boddeke e
Peter Greenway si sono letteralmente
innamorati del Teatro Farnese.
Vent’anni fa proposero un film
ambientato nella grandiosa struttura.
Ora hanno messo in atto un videomapping
che riveste tutto lo
spazio, capovolgendone la disposizione
della scena e della platea. All’ingresso
del Farnese e` stato posto
un palcoscenico circolare con accanto
l’orchestra, proprio davanti
alla gradinata, che diventa cosı` l’elemento
di base dello scenario. Il
pubblico e` in un ampio declivio che
termina di fronte al palcoscenico
circolare abbracciato dalle gradinate
e dagli archi. Come nell’edizione di
Moshe Leiser e Patrice Caurier alla
Scala per il Sant’Ambrogio 2015, la
trama e` vista come un sogno. Saskia
Boddeke e Peter Greenway fanno
grande uso di proiezioni: da gallerie
di quadri rinascimentali a foreste.
Inoltre, Giovanna e` affiancata da due
ballerine che rappresentano il suo
intimo contrasto: una e` guerriera e
l’altra bambina. Uno spettacolo
quanto mai insolito, anche perche´
l’acustica secca e` forse piu` adatta a
musica contemporanea ed elettroacustica:
non per nulla, in maggio vi
verra` eseguito Prometeo, tragedia
dell’ascolto di Luigi Nono. La scrittura
musicale e vocale di Verdi in Giovanna
d’Arco e` diseguale. Nella prima
parte spiccano l’ouverture (una
vera e propria breve sinfonia in quattro
movimenti), la cavatina di Giovanna
ed il duetto d’amore tra la protagonista
e Carlo VII. Il resto e` frammentario
e la stessa figura del padre
non assume una precisa connotazione.
Piu` coesa, invece, la seconda
parte, dal concertato iniziale alla dolente
conclusione con la morte di
Giovanna. L’orchestra I Virtuosi Italiani
ha dato buona prova di se´, nonostante
l’impervia acustica. Buoni il
tenore Luciano Ganci ed il baritono
Vittorio Vitelli, mentre poco adatta
alla parte si e` rivelato il giovane soprano
coreano Vittoria Yeo, dalla voce
schiettamente lirica, mentre il
ruolo della protagonista e` stato scritto
da Verdi per un soprano « anfibio
», Erminia Frezzolini, dalla vocalita`
molto estesa. Efficace il coro diretto
da Martino Faggiani.
Giuseppe Pennisi
esperimento, poiche´ il Teatro Farnese,
costruito per feste di corte
con giostre equestri e pare anche
battaglie navali, e` una stupenda
struttura rinascimentale con un’acustica
secca e tutt’altro che buona.
In effetti, questa Giovanna d’Arco e`
stata proposta all’interno del Festival
Verdi perche´ Saskia Boddeke e
Peter Greenway si sono letteralmente
innamorati del Teatro Farnese.
Vent’anni fa proposero un film
ambientato nella grandiosa struttura.
Ora hanno messo in atto un videomapping
che riveste tutto lo
spazio, capovolgendone la disposizione
della scena e della platea. All’ingresso
del Farnese e` stato posto
un palcoscenico circolare con accanto
l’orchestra, proprio davanti
alla gradinata, che diventa cosı` l’elemento
di base dello scenario. Il
pubblico e` in un ampio declivio che
termina di fronte al palcoscenico
circolare abbracciato dalle gradinate
e dagli archi. Come nell’edizione di
Moshe Leiser e Patrice Caurier alla
Scala per il Sant’Ambrogio 2015, la
trama e` vista come un sogno. Saskia
Boddeke e Peter Greenway fanno
grande uso di proiezioni: da gallerie
di quadri rinascimentali a foreste.
Inoltre, Giovanna e` affiancata da due
ballerine che rappresentano il suo
intimo contrasto: una e` guerriera e
l’altra bambina. Uno spettacolo
quanto mai insolito, anche perche´
l’acustica secca e` forse piu` adatta a
musica contemporanea ed elettroacustica:
non per nulla, in maggio vi
verra` eseguito Prometeo, tragedia
dell’ascolto di Luigi Nono. La scrittura
musicale e vocale di Verdi in Giovanna
d’Arco e` diseguale. Nella prima
parte spiccano l’ouverture (una
vera e propria breve sinfonia in quattro
movimenti), la cavatina di Giovanna
ed il duetto d’amore tra la protagonista
e Carlo VII. Il resto e` frammentario
e la stessa figura del padre
non assume una precisa connotazione.
Piu` coesa, invece, la seconda
parte, dal concertato iniziale alla dolente
conclusione con la morte di
Giovanna. L’orchestra I Virtuosi Italiani
ha dato buona prova di se´, nonostante
l’impervia acustica. Buoni il
tenore Luciano Ganci ed il baritono
Vittorio Vitelli, mentre poco adatta
alla parte si e` rivelato il giovane soprano
coreano Vittoria Yeo, dalla voce
schiettamente lirica, mentre il
ruolo della protagonista e` stato scritto
da Verdi per un soprano « anfibio
», Erminia Frezzolini, dalla vocalita`
molto estesa. Efficace il coro diretto
da Martino Faggiani.
Giuseppe Pennisi
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