sabato 3 marzo 2012

Wolfgang Amadeus compositore illuminista e pure riformatore IL riformista 4 marzo

Wolfgang Amadeus
compositore illuminista
e pure riformatore

di Giuseppe Pennisi
Più che dalla massoneria, il musicista fu influenzato dal circolo de “il Caffè”.

Nella foto: Wolfgang Amadeus Mozart

Nessuno se lo aspettava. Meno di tutti l’editore: una piccola casa di Varese specializzata in collane musicali (la Zecchini Editore) che pubblica uno dei cinque periodici del settore (l’unico che non si vede con gadget come dischi o Dvd). In un anno in cui non c’è alcuna ricorrenza mozartiana e tutti coloro che appartengono al mondo della musica sono intenti a predisporre i 200 anni dalla nascita di Verdi e Wagner (ambedue cadono nel 2013), l’edizione italiana in tre volumi dell’epistolario integrale di Wolfgang Amadeus Mozart diventa uno dei successi editoriali a cavallo tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. Per i musicologi non è una novità in quanto giunge con cinquanta anni di ritardo dall’edizione originale in tedesco pubblicata da Bärenrieter di Kassel sotto gli auspici del Mozarteum di Salisburgo.
In breve, coloro del mestiere leggono il tedesco e da lustri hanno gustato il carteggio (o se ne sono annoiati perché tratta poco di musica ma molto di faccende personali da come sbarcare il lunario a alle posizioni sessuali considerate più godibili dal salisburghese). Ora è nelle mani di coloro che un tempo venivano chiamati “persone colte”. La prima tornata è sparita in poche settimane e si è prodotta subito una ristampa cha sta giungendo in questi giorni nelle librerie o che si può richiedere all’editore (info@zecchini.com).
Come spiegare il successo? Tanto più che poca pubblicità è stata fatta e l’opera non costa poco: Amazon.com la vende a 90 euro, in libreria si sfiorano i 100 euro. Il cofanetto è elegante e i tre tomi (quasi duemila pagine) sono ben rilegati e stampati su carta fine e con grafia preziosa. Possono sembrare un soprammobile in un’abitazione di chi voglia essere considerato “intellettuale”. Non mancano antologie dell’epistolario di Mozart, in gran misura basate sull’opera della Bärenrieter del 1962. La più importante è un volume curato da Elisa Ranucci e pubblicato nel 1981 da Guanda, ma è limitata e carente per quanto riguarda le note. Gran parte delle lettere, poi, è di carattere familiare; la metà circa tra Wolfgang Amadeus ed il padre Leopoldo, con cui il compositore aveva un rapporto complesso.
A differenza di quanto hanno scritto altri (ad esempio, Norbert Elias) non credo che la “psicologia” o la “sociologia” di un genio interessino più di tanto gli italiani di oggi. Ancor meno il suo lessico a volte sguaiato e cosa gli piacesse fare sotto le lenzuola. Ciò che ha attratto un economista melofilo alla lettura dei tre volumi – ovviamente una lettura da centellinare – è la possibilità di utilizzare l’epistolario come chiave interpretativa di una società in rapida trasformazione (le ultime decadi del Settecento) in cui il riformismo dell’illuminismo (delle varie sette massoni-cattoliche a cui Mozart ed il suo mondo appartenevano) si scontrava con una reazione oscurantistica. Sfogliando le lettere e soffermandosi su alcune di esse si comprende meglio l’età di Mozart.
Alcuni anni fa, Mozart fu al centro di un altro insolito successo editoriale Mozart Massone e Rivoluzionario di Lidia Bramani (Bruno Mondadori, 2005). Giunto tempestivamente in libreria in occasione dei 250 anni dalla nascita del compositore – quell’anno al Festival di Salisburgo vennero messe in scena tutte le sue 22 opere - il saggio (500 pagine a stampa fitta e frutto di anni di lavoro) sembrava interessare unicamente i cultori della materia. Ci furono ben cinque ristampe.
La lettura delle lettere (certamente studiate da Livia Bramani nell’edizione Bärenrieter) permette di fare alcune correzioni di tiro significative. Questo Wolfgang Amadeus era “massone e rivoluzionario” o piuttosto “illuminista e riformista”? E consente, almeno in parte, di spiegare perché il giovane compositore, che, dopo la definitiva rottura con il Principe-Arcivescovo di Salisburgo Hyeronymus von Colleredo, aveva spesso difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena, rifiutò due ingaggi a lungo termine ben remunerati da parte rispettivamente di un impresario londinese (alla ricerca di un nuovo Händel , dopo la morte di quest’ultimo) e del Re di Prussia (per l’incarico a cui sarebbe approdato Gaspare Spontini).
La “massoneria” a cui Mozart fu affiliato (ne era lo stesso Imperatore) e di cui Lidia Bramani traccia un’interessante quadro nel primo capitolo del suo libro non era composta di sette segrete, atee e vagamente repubblicane. In Baviera, Austria e Lombardo Veneto (allora un unico mondo ed un’unica cultura in cui il ceto istruito era bilingue) era fatta di gruppi di cattolici imbevuti d’illuminismo. La Loggia in cui Mozart si iscrisse come “apprendista” a Vienna il 14 dicembre 1784 si chiamava “La Beneficenza” ed aveva chiare finalità solidaristiche . Nella lettera straziante dell’11 dicembre 1791(a pochi giorni dalla morte del compositore) in cui la moglie Constanze si rivolge all’Imperatore per avere una pensione per la sussistenza sua e dei figli, c’è un riferimento esplicito ai pochi anni sia di servizio presso la camera musicale imperiale sia di partecipazione ad una società mutualistica per potere fruire di un trattamento.
Le lettere mostrano, soprattutto, come Wolfgang Amadeus fosse influenzato, più che dagli “Illuminati” della “cattolicissima Baviera”, da quelli che vengono chiamati “Gli Illuministi Settentrionali” (presso le librerie telematiche o dai rigattiere si può trovare ancora la bella antologia curata da Sergio Romagnoli ed edita da Rizzoli nel 1962) come i fratelli Verri, Cesare Beccaria, Gian Rinaldo Carli, Francesco Algarotti, Salerio Bettinelli, Carlo Denina.
Non dimentichiamo che gran parte del suo teatro in musica è su testi in italiano, che si era immerso nella cultura italiana nei tre viaggi effettuati negli anni formativi di passaggio dall’adolescenza alla giovinezza. Aveva avuto certamente accesso a Il Caffè punto di riferimento dell’illuminismo riformista italiano (anche in quanto alcuni articoli erano dedicati esplicitamente alla “commedia” ed alla “musica”), conosceva il saggio di Francesco Algarotti sull’opera lirica, e le “meditazioni” di Pietro Verri sull’economia politica e sulla politica tout court.
Nella vastità della produzione di Mozart (l’edizione discografica pubblicata per il duecento cinquantenario dalla nascita comprende 150 Cd), il teatro musicale esprime un Mozart “rivoluzionario” unicamente ne Le Nozze di Figaro (dove contessa e cameriera cambiano abito per complottare contro i rispettivi mariti); lo stesso “rivoluzionario” Don Giovanni viene punito. Mostra invece un Mozart riformista, specialmente Lucio Silla, Idomeneo, La Clemenza di Tito favorevole ad un ordine costituito ma progressista, alla maniera del circolo de Il Caffè..
Dalle lettere traspare la sua scelta di abbracciare la libera professione (cosa rarissima per un musicista dell’epoca) e di declinare gli inviti da Londra e Berlino per un amore per l’economia di mercato e di competizione (anch’essa singolare in un’economia dove si era o in mera sussistenza o sotto il controllo dell’intervento della burocrazia del Sovrano), approccio molto più vicino alle “meditazioni” economiche di Pietro Verri che agli scritti degli “Illuminati” bavaresi, i quali si interessarono di medicina, psicologia, diritto e filosofia. Gli unici che sfiorarono l’economia (Franz Heinrich Ziegenhagen, Rudolf Blumauer) lo fecero con una visione di “socialismo paradisiaco”, mai presente in Mozart.

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