giovedì 1 marzo 2012

STRATEGIE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO in Il Riformista 2 marzo

I LIBRI DEI MINISTRI- ANDREA RICCARDI
STRATEGIE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO
Giuseppe Pennisi
Nel 2010, l’Italia ha avuto la maglia nera dell’aiuto pubblico allo sviluppo- impegni contabili pari allo 0,15% del Pil rispetto ad un obiettivo Onu di portarlo allo 0,7%. I dati consuntivi comparati per il 2011 non sono ancora disponibili ma sappiamo che all’interno dell’UE il nostro sforzo per la cooperazione internazionale è inferiore a quello di quella stessa Grecia da due anni sull’orlo dell’insolvenza. Non c’è da stare allegri, soprattutto per Andrea Riccardi, Ministro alla cooperazione internazionale ed all’integrazione. Tanto più che anche su quest’ultimo fronte (l’integrazione), la situazione non è rosea. Gli indici di integrazione, periodicamente elaborati dal Cnel, suggeriscono che la crisi economica in atto sta rendendo il quadro più difficile. Soprattutto, è impantanato il grande negoziato WTO/OMC – la Doha Development Agenda (DDA) che dodici anni fa era parsa schiudere nuovi orizzonti allo sviluppo dei Paesi a basso reddito. Quindi, al restringersi degli aiuti ed agli ostacoli ad immigrazione ed integrazione si aggiungono nuovi freni all’export dei Paesi in via di sviluppo, ove non nuovi protezionismo da parte dei Paesi a buon reddito medio.
Tutto ciò mette a rischio democrazie ancora in fasce. Un saggio pubblicato dalla lontana University South Wales – l’Australian School of Business Research Paper No 2011ECON16 – analizza l’impatto della crisi sul supporto per la democrazia e per le libertà di mercato in 30 Stati in transizione ed in cinque Stati dell’Europa occidentale ( i “neocomunitari”). Ne sono autori due accademici australiani- Pauline Grosjean e Frantisek Ricka- e Claudia Senik dell’Università di Parigi.In breve nel 2006-2010 il supporto per il mercato e- quel che più conta- la democrazia è diminuiti nei Paesi in transizione relativamente più avanzati e nei “neocomunitari” , mentre è aumentato in quelli relativamente a più basso reddito della Comunità degli Stati Indipendenti (l’ex Unione Sovietica) , specialmente tra i giovani ed i disoccupati. In altri termini, gli “esclusi” sono quelli che maggiormente sperano nelle riforme e nella democrazia , più dei veri e presunti “intellettuali illuminati”. E’ questo un punto fondante per le politiche di cooperazione ed integrazione. Già 30 anni fa, in un testo fondamentale, Albert Hirschmann parlava di “alleanza tra riformatori”. Spesso i veri riformatori sono “gli ultimi tra gli ultimi”.
Lo conferma un testo appena pubblicato da Christoph Graber e Jessica Lai dell’Università di Lucerna (International Communication and Law Working Pape n. 2012-01) . Sulla base di una ricerca empirica, la culture tradizionali indigene (e le relative organizzazioni sociali) possono essere un grimaldello efficace per l’apertura alla modernizzazione ed al commercio internazionale. La conclusione è che le regole sul commercio internazionale e sui negoziati multilaterali che non finiscono mai – tema trattato brillantemente da Christoph Moser e Andrew Rose del KOF Swiss Economic Institute , ETH Zurich Working Paper No. 295 – dovrebbero essere appropriatamente adattate per diventare un volano di sviluppo.
Purtroppo, però, le stesse convenzioni internazionali tra l’UE e gli Stati Associati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico non tengono adeguatamente conto e, peraltro, non hanno regole sufficientemente solide per promuovere lo sviluppo sostenibile. Lo documenta Nina Laurinkari dell’European Forum for Freedom in Education in uno studio ancora inedito ma di cui fornisce la stesura preliminare a chi glielo chiede (n.laurinkari@gmail.com)

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