domenica 25 marzo 2012

Per chi suona la musica di Boris? in Il Sussidiario del 26 marzo

OPERA/ Per chi suona la musica di Boris?
Giuseppe Pennisi
lunedì 26 marzo 2012
Un momento del Boris Godunov
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La Sicilia ci sorprende sempre. A Palermo è in corso una campagna elettorale confusa e disorientante. L’Isola è in piena recessione; se ne vedono i segni e pare certo che sarà lunga e profonda; ciò nonostante, c’è l’unica fondazione lirica in Italia (e una delle poche in Europa) che da sei anni chiude i bilanci in attivo e presenta, ogni stagione, accanto a repertorio tradizionale titoli da fare tremare i polsi e che neanche La Scala affronta da anni.


Uno di questi titoli è la versione critica in un prologo, quattro anni e nove scene del “Boris Godunov” di Modest Mussorgskij . L’allestimento, coprodotto con il Teatro Municipal di Santiago del Cile, è una grande intrapresa intercontinentale. Argentino il regista Hugo de Ana (autore anche delle funzionali scene, che si cambiano a sipario aperto, e dei lussuosi costumi predisposti da Casa Tirelli), la direzione musicale è dell’americano George Pehlivanian, il coro palermitano è rafforzato da elementi della radio di Cracovia. Nel ruolo del protagonista si alternano Ferruccio Furlanetto e Alexei Tanovitski.


Tra i diciotto solisti spiccano alcune note voci italiane come Marco Spotti e Chiara Fracasso ma sono in gran misura slavi: si scopre un grande tenore Mikhail Gubsy (nel ruolo del co-protagonista, il giovane monaco Grigory che pretende di essere lo zarevich Dmitri, figlio di Ivan il Terrible , fatto trucidare da Boris in culla) e con l’apporto di truppe polacche e lituane si lancia alla conquista della Russia). Gubsy ha la vocalità di tenore spinto , ma dal timbro chiaro e trasparente che nel ruolo aveva Nicolia Gedda. In breve uno spettacolo di gran classe che La Scala, il Teatro dell’Opera ed il San Carlo, nonché i maggiori teatri europei, dovrebbero fare a gara a noleggiare. Spettacolo, poi, di grande attualità a ragione delle tensioni sempre più evidenti in Russia: l’opera – ricordiamolo - si chiude non con la morte dello zar usurpatore ed omicida ma con il canto del povero “innocente”, considerato lo scemo del paese ma chiaroveggente nel delineare mille anni di guerre fratricide sul suolo della Grande Madre Russa.


Nella nota a fondo pagina, si riassumono sia le vicende storico-politiche su cui si basa il dramma di Alekasndr Puškin (una delle maggiori fonti di ispirazione di Mussorgskij) sia le caratteristiche delle varie versioni del “dramma popolare in musica”, per utilizzare la dizione dell’autore. Se ne contano, in effetti, almeno otto e sovente il pubblico meno avveduto assiste a “contaminatio” (con spostamenti di scene ed utilizzazione delle differente orchestrazioni) tra le varie versioni pensando che si tratti di parole e musica quali concepite da Modest Musorgskij. In altra sede, mi sono soffermato sugli aspetti più strettamente musicali che distinguono le versioni.


L’allestimento palermitano dell’opera ne coglie l’afflato shakespeariano che spesso non traspare in altre produzioni del lavoro. Si basa su due delitti politici: l’infanticidio di Dmitri perché Boris ascenda al trono e diversi anni dopo il travestimento del giovane monaco nelle vesti proprio di Dmitri per spodestare Boris. Tanto il primo quanto il secondo delitto politico hanno obiettivi che superano il particolarismo: Boris intende unificare la Russia in mano a clan di boiardi in lotta gli uni che gli altri (tentando così di portare a termine l’opera del suo predecessore, e padre dell’erede al trono da lui fatto uccidere, Ivan il Terribile); il falso Dmitri (un giovane monaco nelle vesti del redivivo legittimo pretendente alla corona) vuole avvicinare la Russia all’Occidente (come Pietro il Grande nella successiva opera di Mussorgskij “Khovanschina”) e per questo motivo si allea non solo con i boiardi insoddisfatti del troppo potere di Boris, ma anche con i polacchi e con i lituani in un disegno di vasto respiro costruito con il supporto tecnico (si direbbe oggi) dei gesuiti.

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