LO SWAP GRECO: ATENE E IL GIOCO AD ULTIMATUM
Edizione completa
Stampa l'articolo
Roma - Nel pomeriggio dell’8 marzo, quando le newsletter finanziarie, davano per scontato un esito ampiamente positivo dello swap alla base della ristrutturazione del debito greco, il Governo di Atene ha comunicato che i dati ufficiali sarebbero stati annunciati alle 7 del mattino di oggi 9 marzo. Unicamente cautela? Oppure la volontà di non creare effetti asimmetrici relativamente a mercati (quali Hong-Kong e Tokio) che per ragioni di fuso orario aprano molto prima di quelli europei ed americani?
C’è probabilmente un pizzico di cautela, ma i consulenti principali del Governo nell’operazione hanno suggerito la mossa (peraltro giunta inattesa) per un’altra ragione: prendere tempo ed avere l’asso nella manica nell’eventualità che l’adesione non sia totalitaria ma si ponga al di sopra del 75% e al di sotto del 90% (quando scatterebbe in ogni caso la Clausola di Azione Collettiva- CAC). L’idea è del giovane professore di diritto societario di Duke University Mitu Gulati e dell sessantenne Lee Buchheit, per 35 anni senior partner di Clearly Gottlied Steen & Hamilton che, già alla fine degli anni Ottanta, è stata la mente di Wall Street nel riassetto dell’indebitamente con l’estero dell’America Latina. Sono gli autori del saggio diramato il 7 maggio 2010, proprio nei giorni in cui si pensava che, in ragione della situazione in Grecia (e non solo), l’unione monetaria europea stesse per andare a gambe all’aria, hanno diramato sul web un lavoro intitolato "How to restructure the Greek debt", delineando un piano A ed un piano B – ambedue basati su un’analisi dettagliata dello stock di debito greco e delle norme che lo regolavano. Rari i giornali che ne hanno dato notizia, indicando come la proposta meritasse attenzione; aveva aspetti “eterodossi” ma, data l’eccezionalità della situazione, valeva un rapido approfondimento e un’azione spedita.
E’ una tattica per rafforzare quello che, in colloqui informali, Gulati chiama, con un accuratezza terminologica da mostrare come non sia avvezzo solamente alle pandette, un “gioco ad ultimatum”. Si tiene in sospeso per un notte, se si è tra il 75 ed il 90% delle adesioni, mentre ad Atene si valuterà se fare scattare o meno la CAC. Se decide di non farla scattare, chi non ha aderito incassa, alla scadenza, il 100% del valore nominale. Ma può anche optare per non rimborsare chi ha rifiutato l’offerta di fare parte del Private Sector Involvement (in sigla PSI), termine elegante con cui viene chiamata la ristrutturazione. Una vera e propria punizione per chi ha pensato di lucrare sulle obbligazioni greche, ma che per Atene equivarrebbe alla temuta insolvenza che bloccherebbe sia gli aiuti europei (del cui sblocco si decide in tarda mattinata del 9 marzo) e soprattutto all’arresto di flussi di “fresh money” con cui ripartire. Per altri partner del “gioco ad ultimatum” ciò potrebbe equivalere alla lacerazione dell’eurozona.
In breve, la minaccia è tale da indurre anche altri Governi dell’area ad esercitare. Quale che sia l’esito uno scotto verrà pagato da quei risparmiatori italiani, che non hanno imparato la lezione dei “tango bonds” argentini, dei “Cirio bonds” e dei “Parmalat bonds” , ed hanno nei loro portafoglio un milione di titoli greci. La Grecia evita, per ora, il default. Ciò non vuole dire però che i problemi sono risolti o che la strada è in discesa. Se non ci sarà una politica di crescita sostenuta da un afflusso di nuovi investimenti, c’è il forte rischio che tra sei – otto mesi si dovranno tappare altre falle. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 09 Marzo 2012 09:30
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento