ECO - Tassi e urne: se i conti economoci allontanano le elezioni anticipate
Roma, 27 ago (Il Velino) - Alle fine più che le disquisizioni politiche (e “la guerra dei dossier”) all’interno delle forze che hanno vinto le elezioni del 2008, (e i cui risultati sono stati ampiamente confermati da quelli sia delle elezioni europee sia delle elezioni regionali) sono stati i conti economici a indurre tutti i litiganti ad accantonare l’idea delle elezioni anticipate. Di quali conti economici si tratta? Alla pari qualsiasi cittadino ho consultato il sito del ministero dell’Interno con l’intento di avere l’informazione di base da fonte autorizzata: il costo finanziario di organizzare una consultazione elettorale (come quella, per esempio, del 2008). Tale informazione è facilmente individuabile cliccando un motore di ricerca dei siti di dicasteri con funzioni analoghe della Francia, della Gran Bretagna, della Repubblica Federale Tedesca, nonché degli Stati Uniti (dove c’è un differente sistema elettorale per ciascuno dei 50 Stati dell’Unione e l’allestimento, l’organizzazione e il monitoraggio delle elezioni è responsabilità non della Federazione ma dei singoli Stati). Ho passato circa tre ore e, con mia grande delusione, non ho trovato un dato.
Al contrario, su siti non ufficiali e su blog il costo diretto delle elezioni viene computato tra i 700 e 1500 milioni di euro. Sarebbe utile se il ministero fornisse sul proprio sito questa informazione. È cruciale per verificare l’indiscrezione della finanziaria Frumiez SAS di Torino secondo cui l’arma finale che avrebbe convinto anche i più recalcitranti a mettere da parte il proposito d’elezioni anticipate sarebbe stata una nota del ministro e dell’Economia e delle finanze secondo cui elezioni anticipate avrebbero comportato un aumento dei tassi d’interesse valutabile, per i cds italiani, sino a 400 punti di base (un salto iperbolico) che avrebbe messo a repentaglio la finanza pubblica. L’impatto sui tassi dipende da due elementi: a) l’aumento del fabbisogno di ricorso al mercato dovuto alla spesa addizionale per le elezioni anticipate; b) gli effetti dell’incertezza incrementale sugli operatori privati (investitori, risparmiatori, consumatori). In materia di b) si può contare unicamente su stime – ce ne sono di recenti basate sull’esperienza di numerosi Stati. Ma in materia di a) si dovrebbe poter disporre almeno del dato certo ufficiale per effettuare una stima affidabile dell’aumento del fabbisogno di cassa. Pur se è difficile valutare le informazioni di Frumiez SAS (diramate, peraltro, il 12 agosto), le tensioni sui mercati finanziari europei – tema di un rapporto di Bloomberg diramato agli abbonati il 25 agosto – possono avere inciso sulla decisione di smettere di parlare di elezioni anticipate.
Il documento Bloomberg parla di “spettro d’insolvenza per alcuni Paesi europei, allontanato ma non scansato per sempre”. Ciò comporta probabilmente nuovi impegni (anche da parte dell’Italia) per rafforzare la strumentazione di salvataggio dell’area dell’euro messa a punto nel maggio scorso; tali impegni si sarebbero aggiunti alle spese per la macchina elettorali (e a quelli, li abbiamo dimenticati?, dei rimborsi ai partiti). Inoltre la spesa aggiuntiva (e il risultante fabbisogno aggiuntivo di ricorso al mercato) sarebbe avvenuti in una fase di tensioni sui mercati finanziari. Le preoccupazioni per i tassi, dunque, hanno, senza dubbio, influito sulla decisione. Forse ancora di più del costo opportunità delle mancate riforme (giustizia, Pa, sicurezza) e dei ritardi del Piano Sud (e possibile dirottamento dell'Ue dei fondi non spesi ad altri Stati membri).
(Giuseppe Pennisi) 27 ago 2010 11:10
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