martedì 10 agosto 2010

Opera, Michele Mariotti al ROf salva “Sigismondo” dal manicomio

CLT -

Roma, 10 ago (Il Velino) - Il giovane Michele Mariotti, alla guida dell’orchestra del Teatro Comunale di Bologna, con l’apporto di un ottimo cast di solisti (Daniela Barcellona, Olga Peretyatko, Antonino Siragusa nelle parti principali e Andrea Concetti, Manuela Bisceglie e Enea Scala in quelle secondarie), nonché del coro (sempre della fondazione felsinea guidato da Paolo Vero) ha letteralmente salvato l’inaugurazione del Rossini Opera Festival (ROF) 2010 da quello che sarebbe potuto essere un fiasco. Alcuni spettatori hanno lasciato, cosa inaudita al ROF, dopo il primo atto della rappresentazione di “Sigismondo”. Alla fine sono piovuti fischi e “buh” di disapprovazione, nonostante regista (Damiano Michieletto), scenografa (Carla Teti) e responsabile delle luci abbiano proprio al ROF una roccaforte di simpatizzanti pronti ad applaudire qualsiasi lavoro presentino. “Sigismondo” è una delle opere meno fortunate di Rossini. Basata su una leggenda più volta messa in musica all’inizio dell’Ottocento, pensata a “Geneviève” di Schumann, tratta di moglie di re fatta condannare a morte dal marito poiché accusata d’adulterio e solo dopo diversi anni e complicate peripezie riconosciuta innocente. Il libretto del buon Giuseppe Foppa è semplicemente pessimo. Venne imposto al 23enne Gioacchino dal Teatro La Fenice dove resse una sera sola, quella del 26 dicembre 1813. Una quindicina d’anni fa , Richard Boninge fece un tentativo di risuscitarlo a Treviso e Savona: ne rimase un cd che ha un certo interesse. Nuovo tentativo in Spagna, senza neanche un cd.

L’opera è d’interesse dei musicologi perché Rossini, allora già con una vita personale complicata da amori, amoretti ed amorazzi, lo compose di corsa, auto-imprestando sezioni intere dal “Tancredi” e, quel che è più sfizioso, offrendo prime bozze di numeri che sarebbero stati successivamente affinati e utilizzati per “Il Barbiere di Siviglia”, “La Cenerentola”, “Elisabetta regina d’Inghilterra” . Ne risulta un centone con una scrittura musicale e vocale a volte impervia ma sempre scintillante e lieve. Una messa in scena dovrebbe valorizzare l’ambiguità bifronte della partitura e presentare l’incredibile vicenda in modo luminoso ed ironico. E invece al ROS regia, scene e costumi sono del tutto scollati dagli aspetti musicali. Michieletto, uno dei registi più osannati della giovane leva, situa la vicenda in una Pomerania inizio Novecento dividendola tra un istituto per pazzi e un salone in male arnese. E’ un’impostazione vetusta: negli anni Novanta si sono viste Dame di Picche, Puritani, Lucie e altre opere ambientate in manicomi, ma la “tendenza” è durata poco. L’ha ripresa un mese fa Loy a Aix en Provence per “Alceste” di Gluck ma con ben altri esiti di coerenza con la partitura e di rigore scenico.

La scelta di Michieletto pare un bluff per épater la bourgeoisie (ma oggi nei teatri di vedono ben altre arditezze). La trama, già arzigogolata, appare del tutto incomprensibile: i polacchi richiamano dal manicomio il loro re matto dopo 15 anni perché, a capo delle forze armate, li protegga da un’invasione. Il clima lugubre non corrisponde affatto ai vocalizzi dei protagonisti e alla lievità della partitura. Una scenografia ossessiva aggrava, non facilita, la situazione. In breve, se si voleva dare una mazzata finale a “Sigismondo”, dopo i tentativi di riesumarlo, questa volta lo si è condannato all’oblio, almeno in veste scenica. Nessun teatro lo co-produce e nessuno, a quel che si, sa si affretta a noleggiarlo. Fortunatamente la parte musicale copre parte delle pecche della regia. Mariotti concerta con passione e perizia. Barcellona, Peretyatko e Sirigusa svettano.

(Hans Sachs) 10 ago 2010 12:33

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