ISTRUZIONE E INNOVAZIONE PER DARE UN FUTURO AL SUD
Giuseppe Pennisi
Il Mezzogiorno – e più precisamente cosa fare per la piena utilizzazione del potenziale del Sud e delle Isole e per il loro sviluppo accelerato in questa fase di integrazione economica internazionale – è, con la politica estera e di sicurezza interna, tra i temi centrali della politica italiana in questa travagliata estate. Il Piano per il Sud , che il Governo sta mettendo a punto in questi giorni (ed a cui starebbero lavorando principalmente il Presidente del Consiglio, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ed il Ministro per i Rapporti con le Regioni) sarà probabilmente il vero e proprio banco di prova per la coalizione. Mostrerà , infatti, quale è il peso effettivo della Lega di fronte a scelte di grande rilievo per la Nazione ed il ruolo di Futuro e Libertà per l’Italia nel contribuire al programma chiave di politica economica per il Paese.
I numeri sono noti in quanto apparsi sabato 7 agosto su alcuni quotidiani: 80 miliardi di euro da spendere da qui alla fine delle legislatura in grandi progetti (sono esclusi interventi a pioggia) di lungo periodo da orchestrarsi tramite una “cabina di Regia” presso la Presidenza del Consiglio. Le somme vengono in gran parte da stanziamenti europei che alcune Regioni non sono state in grado di utilizzare e che rischiano, quindi, di essere riallocati ad altre aree deboli del’Unione Europea (Ue).
Poco è trapelato sui contenuti. Sarebbe il caso di dare corpo a quella che è stata la proposta principale dello studi guidato da Giuliano Amato nell’ultimo scorcio degli Anni 90 ha guidato, per conto delle Commissioni Bilancio dei due rami del Parlamento, uno studio di grande rilievo sulle strategie per il Sud e per le Isole, sulla centralità di quella che un tempo veniva chiamata “la questione meridionale” per la politica dell’Italia in Europa e sull’esigenza di dare la priorità alle “politiche di contesto” piuttosto che ai singoli programmi ed interventi. Da allora –come rilevato su questo magazine nell’autunno scorso - il pensiero degli intellettuali contigui alla sinistra ha assunto strade divergenti e pare avere dimenticato il messaggio principale del lavoro di Amato (effettuato in collaborazione con tutti i maggiori istituti di ricerca pubblici e privato). In quelle pagine, invece, c’è molto di saggio da riprendere, aggiornare e condividere nella visione di un Sud protagonista di un’Italia più moderna e più giusta.
Il primo punto consiste nel supporto a politiche di contesto tramite programmi pluriennali. Priorità delle priorità è la scuola, come proprio in questi giorni mostrano gli strabilianti risultati alla maturità i certi licei del Sud in così palese contrasto con l’analisi delle “competenze” (ossia di quanto effettivamente appreso) dai quindicenni che hanno frequentato le scuole nel Centro-Nord e del Sud risultanti dal Programme for International Student Assessment (Pisa) ed incrociati con statistiche sul livello di reddito delle famiglie, sul grado di accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sulla spesa per studente, sulla qualità degli edifici scolastici, e così via. Le implicazioni e le conclusioni sono chiare: senza una politica “nazionale” per la scuola (verso cui incanalare le risorse aggiuntive messe a disposizione dall’Ue per il 2007-2013) e senza un sistema anch’esso “nazionale” di valutazione dell’apprendimento, i programmi di grandi infrastrutturazione, di reti , di circuiti turistici e simili sono tra il futile e l’inutile. Lo conferma il saggio “Time Allocation between Innovation and Education" di Maurizio Iacopetta , un italiano che da anni lavora al Georgia Institute of Technology da cui si ricava come l’innovazione tecnologica e organizzativa deriva da un’allocazione ottimale tra il tempo dedicato alla ricerca e sperimentazione e quello impiegato, invece, nell’istruzione. E’ questo equilibrio che si deve trovare nella politica per il Mezzogiorno, anche e soprattutto in quanto , dall’ultimo lavoro di Luis Galicano e Thomas Hubbard siamo in un mondo in cui le “gerarchie della conoscenza” forniscono elevati rendimenti privati e sono il motore dello sviluppo- "The Return to Knowledge Hierarchies", CEPR Discussion Paper No. 6077.
Quindi, istruzione ed innovazione come assi portanti anche di una strategia rivolta alle grandi infrastrutture. Già cinque anni fa il “Documento strategico preliminare nazionale 2007-2013” per “le aree sotto-ulizzate” , prodotto dal Dps, il Programma per l’innovazione , la crescita e l’occupazione (Pico) messo a punto dal Dipartimento delle Politiche Comunitarie, e le proposte del Dps in materia di servizi pubblici essenziali , nonché l’esame delle opportunità e degli impatti della transizione da televisione analogica a digitale terrestre, in gergo Dvb-T , rappresentavano e rappresentano un corpo di analisi e riflessioni su cui costruire linee strategiche per il futuro a medio termine per il Sud e per le Isole ed utilizzare bene le risorse finanziarie europee ottenute grazie all’abilità dei negoziatori italiani nella trattativa sulla programmazione finanziaria Ue 2007-2013 .
C’è un nesso importante tra queste analisi : la convergenza delle proposte del “documento” del Dps con quelle del Pico e quelle attinenti al DvB.T. Il primo pone l’accento sulla priorità del completamento delle reti e dei nodi logistici, non unicamente di trasporto (in tutte le sue modalità), ma anche e soprattutto tecnologici. Il secondo dà corpo alle misure specifiche da mettere in atto ed include stime dei loro effetti; gran parte dei 200.000 nuovi occupati (specialmente giovani) saranno nel Mezzogiorno (dove i tassi di disoccupazione, ed in particolare, quelli di disoccupazione giovanile, sono tre volte pari a quelli del Centro-Nord). Le potenzialità del DvB-T dimostrano come con la televisione digitale terrestre porterà, con il teleschermo, la telematica e l’interattività alla portata di tutte le case (anche nelle aree sotto-utilizzate dove la diffusione di personal computer a connessione veloce è relativamente in ritardo rispetto al resto del Paese). Dando, quindi, ad uno ed a ciascuno l’opportunità di essere “in rete” dal proprio soggiorno e ponendo, dunque, una sfida enorme in capo alle pubbliche amministrazioni ed autonomie ed agli istituti deputati al supporto della loro riorganizzazione e formazione.
Questi i punti centrali. Come si pone, occorre chiedersi, il contesto di fronte a queste sfide? Alcuni anni fa, alla conferenza internazionale annuale organizzata dall’Università di Roma, Tor Vergata, a Villa Mondagrone a Frascati , gli economisti Luigi Paganetto e Pasquale Lucio Scandizzo presentarono la ipotesi suggestiva secondo cui le tecnologie della comunicazione e dell’informazione (Ict, nell’acronimo inglese di impiego comune) eliminando le distanze di spazio e di tempo avrebbero potuto, in certo qual modo, isolare le imprese del Mezzogiorno dai limiti del proprio contesto istituzionale e facilitarne così il decollo , riducendo i costi afferenti a tale contesto. E’ un auspicio di cui non si toccano ancora con mano gli esiti. Gli strumenti ci sono. Con metodi e procedure condivise per dare ad essi corpo si potrà effettuare una svolta effettiva.
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