ECO - Bolle e balle (altri guai se la Germania non riprende a correre)
Roma, 4 ago (Il Velino) - La ripresina arranca ed alcune testate accusano implicitamente gli economisti “catastrofisti” ed i loro aedi di essere, se non all’origine, una delle determinanti di “bolle” finanziarie (ed economiche) belle e buone. In breve, gli economisti “catastrofisti” (a cominciare da Nouriel Roubini), ed i loro aedi, avrebbero lanciato allarmi inconsulti su una nuova crisi che sarebbe iniziata nell’Eurozona e minaccerebbe di contagiare il resto del mondo. Fesserie!, dicono alcuni dei nostri colleghi. Le quotazioni dell’euro sul dollaro si stanno riprendendo: questa sarebbe, a loro avviso, la prova più eloquente che la minacciata “estate calda dell’euro” sarebbe una fandonia. Si potrebbe quasi leggere un invito al ministro dell’Economia ad alleggerire il rigore di bilancio.
Cerchiamo di chiarire il quadro. In primo luogo, la paratia di difese comunitarie (in effetti un fondo di 750 miliardi di euro tra risorse dell’Ue, del Fondo monetario e dei singoli Stati) messe in atto poche settimane fa non poteva non rassicurare almeno temporaneamente i mercati. Un fenomeno analogo avvenne nel luglio del 2007 quando iniezioni di liquidità da parte delle autorità monetarie americane vennero, da alcuni, considerate risolutive. In effetti, dopo la scivolata di maggio, l’euro a ripreso fiato. Attenzione, però, all’ultima asta i titoli di Stato della Spagna sono stati collocati ad un tasso annuo d’interesse del 5,1% (con un aumento quasi di un punto percentuale rispetto alla precedente, a fine aprile), proprio in questi giorni l’agenzia Moody’s ha abbassato (e di un bel po’) il valore del credito del Portogallo e, quel che più conta, il governo tedesco sta facendo circolare un programma per mettere in pratica “ad amministrazione controllata” le politiche di bilancio dei Paesi che “sgarrano” in materia di deficit e di debito. Il piano tedesco ha già incassato il supporto della Francia e degli Stati tradizionalmente più vicini alle posizioni di Berlino (Austria, Olanda, Finlandia).
In decondo luogo, a queste indicazioni (che non inducono certo alla serenità) si aggiungono alcuni lavori inediti della Banca centrale europea, Bce (i working papers 1214 e 1216) relativi rispettivamente allo stress finanziario all’interno dell’Eurozona ed agli effetti della moneta unica sull’integrazione finanziaria europea. Sono documenti densi di algoritmi e di numeri; non saranno di facile lettura, una volta pubblicati. Indicano tuttavia che quando meno all’interno del servizio studi dell’istituto non si dormono sogni del tutto tranquilli. Alla base delle preoccupazioni non è tanto il ripetersi di una crisi analoga a quella greca quanto il progressivo sfasamento tra il valore reale dell’euro in Germania (e Paesi affini) ed il resto dell’area. Da dieci anni in questo gruppo di Paesi la media dei salari reali diminuisce gradualmente; si riduce di conseguenza il costo del lavoro per unità di prodotto; aumentano, quindi, gli squilibri commerciali (e finanziari) all’interno dell’Eurozona. Queste non sono né bolle né balle, ma concrete realtà confermate da Bce, Eurostat ed Ocse. Se la Germania non rimette a correre puntando sull’espansione del proprio mercato interno, saranno guai. Per tutti.
(Giuseppe Pennisi) 4 ago 2010 13:12
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