RIDARE L’ANIMA A L’AQUILA
Giuseppe Pennisi
Il centro storico de L’Aquila è il cuore dell’Abruzzo. Lo è stato ancora prima della nascita del Regno d’Italia quando di fatto era la “capitale settentrionale” del Regno delle Due Sicilie, una “capitale morale” per l’operosità dei suoi abitanti e per la distanza non solo fisica e logistica della situazione in cui versava Napoli al crepuscolo del potere dei Borboni; per molti aspetti, corrispondeva alla Catania, descritta da Federico De Roberto- rivolta alla modernizzazione invece che – come Napoli e Palermo- alle glorie del passato. A L’Aquila , l’attività erconomica economica derivava, in gran misura, da quella culturale e tecnologica.
Il centro storico de l’Aquila è stato definito da uno dei maggiori urbanisti italiani , Marco Romano, “nel suo insieme un’opera d’arte”. Quindi, la sua ricostruzione merita la diligenza con la quale vengono restaurate le opere d’arte e comporta non solamente aspetti tecnici ed artistici ma anche trovare il modo per fare sì che esso diventi di nuovo la mente ed il cuore di una città viva, non un museo accanto a cento nuovi villaggio che tentano di diventare una città.
Il problema è immediato. L’Audis (associazione di studiosi della riconversione dei aree dismesse) ha più volte lanciato allarmi sul progressivo esodo della popolazione dai centri storici di molti Paesi europei verso nuove periferie attrezzate con grandi supermercati, cinema multiplex e simili. Gridi di dolore analogo vengono ripetuti dall’Icromm (agenzia dell’Unesco, con sede a Roma, il cui mandato è lo studio del restauro dei centri storici). Non mancano esempi: da quelli di Beaune in Francia,dove pur esiste uno dei monumenti più visitati del Paese ma il cui centro storico da anima dell’economia e della cultura della Borgogna è diventato una trappola per turisti a quello di Varsavia, ricostruito in base alle tele del Canaletto ma diventato una scenografia da studio televisivo.
Per fare sì che il centro storico de L’Aquila abbia un’anima non basta una ricostruzione ad opera d’arte , effettuata con la cura e l’amore che si ha proprio nei restauri delle opere d’arte. Occorre un disegno alto ; il 14 ottobre 2009 Il Tempo lanciò una proposta: L’Aquila si proponga di diventare la Cambridge o la Oxford dell’Italia centrale, utilizzando come base l’Università e il non distante Laboratorio del Gran Sasso. Senza una visione, però, non si può dare un’anima neanche al centro storico più pregiato.
Ciò comporta, sin da adesso, voltare drasticamente le spalle a prassi discutibili. In primo luogo, non si può creare un’Università d’eccellenza (con centri di ricerca di eccellenza) se i professori, anche quelli nati e cresciuti a L’Aquila, sono pendolari, vi pernottano il minimo indispensabile, corrono tra una lezione e l’altra tra l’Abruzzo e e Roma (dove ci sono maggiori opportunità per incarichi extra-accademici). In secondo luogo, è necessario il duro impegno per acquisire l’autorevolezza essenziale per avere un ruolo centrale in una rete culturale internazionale. Abbiamo avuto molte risposte di supporto. Oggi, ad un anno dal sisma, la rilanciamo chiedendo ai lettori di esprimere le proprie opinioni.
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