Banche, giubbe grigie e giubbe blu
Roma, 21 apr (Il Velino) - La nostra infanzia (almeno di coloro della mia generazione) è stata nutrita non da Nutella ma del colore delle giubbe, dei soldati della Guerra di Secessione americana, grigie quelle dei “sudisti”, blu quelle dei “nordisti”. In “Via col Vento” di Victor Fleming (1939, ma arrivato in Italia soltanto nel 1948), si vedevano quasi esclusivamente giubbe grigie, ma in “La legge del signore” di William Wyler (1956), “Soldati a cavallo” di John Ford (1959), “Shenandoah, la valle dell’onore” di Andrew McLaglen, gli spettatori (delle seconde visioni- dove era tollerato fare chiasso in sala) erano divisi in schiere che parteggiavano apertamente o per le giubbe “grigie” o per quelle “blu”. Siamo tornati a schieramenti analoghi dopo la richiesta della Lega Nord di avere una maggiore presenza nel sistema bancario? Credo che la questione meriti una riflessione più meditata di quella, superficiale e frammista a sarcasmo, che si è letta in molti giornali negli ultimi giorni.
In primo luogo, a mio avviso, una gara tra giubbe grigie e giubbe blu (senza arrivare all’incendio di Atlanta o alla battaglia di Manassas) , è preferibile alla situazione che ha prevalso tra gli anni Sessanta e la fine degli Anni Ottanta quanto le nomine negli istituti di credito (in gran misura controllati dallo Stato) venivano fatte tramite un vero e proprio “Cencelli bancario”, nonostante pareri delle Commissioni parlamentari e della Banca d’Italia (spesso mere formalità): in una sola sessione del Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio vennero nominati 120 Presidenti e Vice Presidenti di banche (anche per coprire prorogatio decennali). Le privatizzazioni ed il riordino del sistema bancario italiano attorno ad un numero limitato di poli fanno sì che tale prospettiva è fortunatamente non più proponibile. In secondo luogo, la normativa bancaria in vigore prevede che le Fondazioni (che controllano gran parte degli istituti) abbiano, nei loro organi di governo, rappresentanti degli enti locali. Dove tali enti hanno al loro volante la Lega od altra formazione politica è consequenziale che tali rappresentanti riflettano il conducente e siano da essi indicato. Ciò non significa un ritorno al “Cencelli bancario” ma applicazione di norme costruite con la logica (non banale) di un ancoraggio al territorio. In terzo luogo, anche se manca un’anagrafe od una banca dati del comparto è sufficiente scorrere gli organi direttivi dell’ABI per toccare con mano che già oggi le giubbe blu sono molto più numerose delle giubbe grigie.
Le ragioni sono molteplici. Una non secondaria si riallaccia alle vicende delle due principali banche meridionali la cui gestione è stata tale da porle sull’orlo del fallimento e farle “salvare”, per incorporazione o fusione, da istituti del Nord (tramite una strategia organizzata dalla Banca d’Italia ed attuata prima dell’entrata in vigore dell’unione monetaria europee, successivamente sarebbe stata possibile solo la liquidazione forzosa). Di conseguenza, la richiesta della Lega è in gran misura già nei fatti. In quarto logo, un ricordo personale: quando era direttore generale dell’ABI, Felice Giannani amava ripetere, tra il serio ed il faceto, che nel secondo dopoguerra il Nord aveva effettuato un vero e proprio take over di gran misura della finanza e dell’industria ma – helas!- aveva snobbato la pubblica amministrazione. Con un take over pure là, la modernizzazione dell’Italia sarebbe stata più rapida.
(Giuseppe Pennisi) 21 apr 2010 09:26
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