UNA SERENISSIMA BOCCIATURA
Giuseppe Pennisi
Prima di essere “triste”, la disciplina economica è “ficcanaso”: si occupa un po’ di tutto. Da anni si fanno analisi economiche delle Olimpiadi non sulla base di sensazioni o punti di vista, ma di solidi numeri per quantizzare costi e ricavi, delineare strategie vincenti, mettere in guardia da tattiche perdenti. L’esito di queste analisi, per chi si prende la briga di leggere e studiarle (a questo fine, non per dare sfoggio di erudizioni, forniamo i riferimenti puntuali) è un secco “no” alla candidatura di Venezia ed un deciso sì a quella di Roma.
La gara inizia molto prima della cerimonia di apertura: con la discesa in campo per essere scelti come sede. L’Università di Amburgo ha esaminato (Hamburg Contemporary Economic Discussions, n. 2, 2007) 48 candidature nell’arco di tempo 1992-2012 e costruito un modello che tiene conto della logistica, della situazione climatica, e del tasso di disoccupazione. Lo strumento si è rivelato efficacissimo nello individuare canditure che sono state effettivamente bocciate (un tasso del 100%) e nel 50% ha azzeccato quelle che hanno vinto. Dato che Olimpiadi a Venezia vogliono dire logistica più complicata a ed clima più caldo e più umido rispetto a Roma (il tasso di disoccupazione è simile),candidare Venezia ha un’alta probabilità di essere una tattica perdente mentre proporre la capitale ne ha una buona di superare questo primo ostacolo.
Le Olimpiadi, inoltre, non sono necessariamente “un affare” in termini di ricavi finanziari (giustapposti a costi finanziari) per la città, o le città, che ospitano, i loro alberghi, ristoranti, negozi e via discorrendo. Tre economisti greci hanno condotto una valutazione ex-post delle Olimpiadi di Atene del 2004 (è pubblicata sulla rivista Applied Financial Economics, Vo. 18 n. 19 del 2008); finanziariamente, hanno guadagnato solo gli sponsor ma non quando si sono svolti le gare o dopo l’evento: le loto azioni hanno avuto una rapida ma breve impennata quando la capitale greca è stata scelta- quindi, un effetto annuncio. Interessante una dettagliata valutazione ex-ante dei giochi invernali appena iniziati a Vancouver (in corso di pubblicazione ma disponibile a http://ssrn.com/abstract=974724): i costi superano i benefici, anche senza contabilizzare le spese per l’infrastruttura (perché permanenti e non connesse solo all’evento) e quantizzando l”orgoglio della città e della Provincia” di ospitare le gare. In effetti, stime analitiche dei probabili flussi turistici sono modeste (ed i costi associati al turismo olimpico superano i ricavi)- come peraltro già rilevato in occasione di altre Olimpiadi , ad esempio di quelle tenute nel 1996 ad Atlanta in Georgia).
Uno dei lavori sugli esiti economici non brillanti delle Olimpiadi di Atlanta è intitolato: “Perché gareggiare per essere sede di Giochi?” . La risposta viene data da due saggi relativi uno alle Olimpiadi di Pechino del 2008 (pubblicato nello Sports Lawyer Journal Vol. 15 del 2008) e l’altro alla Coppa del Mondo giocata in Germania nel 2006 (CESifo Working Paper No. 2582 del 2009). I costi alla collettività vengono in questi casi superati, anche di molto, dai benefici alla collettività perché l’evento riguarda l’intera Nazione. Le Olimpiadi di Pechino sono state, afferma lo studio, “un’opportunità d’oro per essere accettati a livello mondiale”. La Coppa del 2006 ha accelerato di 20-40 anni il processo di integrazione sociale tra le Germanie dell’Ovest e dell’Est. Le stime quantitative (effettuata attraverso il metodo delle valutazioni contingenti) non sono state messe in discussione da nessun statistico. Un carta di più per Roma: olimpiadi nazionali per accelerare l’integrazione del Sud con il Nord.
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