CLT - Musica, perché “Lenny” Bernstein si considerava italiano
Musica, perché “Lenny” Bernstein si considerava italiano
Roma, 11 feb (Velino) - Il 14 ottobre 1990 moriva a New York il compositore, pianista e direttore d’orchestra Leonard Bernstein. Era nato nel 1918 a Lawrence, nel Massachusetts, da una famiglia di ricchi ebrei polacchi, provenienti da Rovno, oggi in Ucraina. In vista delle celebrazioni per i 20 anni dalla scomparsa, è uscito di recente un saggio di Alessandro Zignani “Leonard Bernstein: un’anima divisa in due” (Zecchini Editore), dove si analizza bene la dualità di fondo della personalità di “Lenny”, come veniva chiamato dagli amici e dal pubblico di fedelissimi. Bernstein amò molto l’Italia, fu amico intimo di Sandro Pertini ed esibiva con gioia, quasi ostentazione, il distintivo di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica. Il volume sviscera le contraddizioni sia musicali sia psicologiche del grande direttore d’orchestra e compositore che “viveva la dissociazione psichica come normalità”. Era, al tempo stesso, autore di musica ebraica dall’intricato simbolismo cabalistico e di musical inneggianti al più sfrenato vitalismo americano. Alternava entusiasmo, picchi maniacali e abissi depressivi. Sapeva essere marito e padre affettuoso, capace di restare fedele alla memoria della moglie nei lunghi anni in cui le sopravvisse, ma pure seduttore compulsivo e trasgressivo. Era un intellettuale raffinato, latinista, esperto di linguistica e filosofia, ma anche nei circoli più eleganti utilizzava il linguaggio sboccato delle matricole dei dormitori delle università yankee. Per lui la musica non era mai fine a se stessa ma il modo per meglio collegare una persona con un’altra. Grazie alle sue trasmissioni televisive (utilizzava il video con sapienza, come si è potuto rivedere in queste settimane sul canale “Classica” di Sky) iniziò alla musica un generazione d’americani, facendo diventare gli Stati Uniti il paese dove la musica “colta” è più eseguita e più ascoltata.
“Lenny” si considerava sia americano che europeo e in quanto europeo anche italiano. Per questo il ventennale dalla sua scomparsa è celebrato nel nostro Paese con particolare cura e attenzione. L’Accademia di Santa Cecilia apre le celebrazioni per Leonard Bernstein , che ne è stato suo presidente onorario dal 1983 alla morte, con un concerto diretto da Wayne Marshall in calendario dal 13 al 16 febbraio. Il programma sembra ispirato al libro di Zignani: viene giustapposto il vitalismo americano della suite di “West Side Story” al misticismo dei “Chichester Psalms”, lo sperimentalismo di “Prelude, Fugue and Riffs” con l’ironia europea della suite di “Candide”. Il programma romano, insomma, mostra le varie sfaccettature di “Lenny” ed è costruito per piacere agli abbonati che ancora lo ricordano sul podio. Altra occasione importante è la messa in scena di “Candide” da parte dei teatri di Livorno, Lucca, Pisa e Ravenna dove viene replicata sino a fine marzo prima di prendere il volo verso tre teatri polacchi che la coproducono. Altre attività, principalmente concerti, sono programmate in varie città italiane. “Candide” è una vera chicca: raro esempio di coproduzione internazionale e interamente affidato a un cast di giovani, in gran parte debuttanti. Molto meno nota di “West Side Story”, l’opera è una satira sferzante dell’America perbenista degli anni ‘50. Piena di brio e di fantasia (celebre il “rondò della sifilide” all’inizio della seconda parte) ebbe anche problemi con la censura. E’ stata vista e ascoltata di recente alla Scala, al San Carlo e al Teatro Argentina di Roma. E’ una novità per il pubblico toscano e romagnolo. In breve, vale un viaggio.
(Hans Sachs) 11 feb 2010 10:38
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