Dopo averle suonate a Milano
Giuseppe Pennisi
Anche in una fase di stagnazione, il settore della cultura e dello spettacolo è sempre stato- con la pubblica amministrazione – al tempo stesso il grande stabilizzatore ed il volano dell’economia romana. Senza tenere conto del turismo culturale, nel settore lavorano 60.000 persone. La spesa per concerti a Roma è il 16% del totale nazionale, il 12% quella per prosa e danza, l’11% quella per biglietti per il cinema. Nel mondo del “dopo crisi”, lo dicono un saggio di successo di Jacques Attali ed un lavoro analitico del Premio Nobel Heckman, la cultura sarà ancora più di prima una determinante dello sviluppo. E Roma ha tutte le premesse per diventare il vero motore del settore in Italia. Non solamente la cinematografia - uno dei rari comparti dell’economia italiana che attira investimenti diretti dall’estero - è in fase di rilancio (anche grazie agli sforzi del giovane nuovo direttore generale del settore al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali), ma la sinfonica sta acquisendo un ruolo europeo sia per l’ampiezza e qualità dell’offerta sia come ambasciatore di Roma nel resto del mondo.
Quando si pensa alla sinfonica, la mente va immediatamente all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, alla sua esperienza centenaria ed ai programmi resi possibili da un budget attorno ai 40 milioni di euro (per oltre la metà di provenienza pubblica), e non al resto dell’offerta romana. Da diversi anni, infatti, sono scese in campo alcune orchestre universitarie e, soprattutto, l’Orchestra Sinfonica di Roma (OSR), una vera e propria innovazione nel panorama non unicamente italiano ma dell’Europa continentale e per questo oggetto di studio di pensatoi economici come l’IBL e l’Astrid e di analisi da parte dei due principali periodici di management dello spettacolo, rispettivamente della Gran Bretagna e del Nord America: è interamente privata, sostenuta da una fondazione senza fini di lucro (la Fondazione Roma) e dai propri abbonati. Pratica una politica di prezzi tale da attirare giovani e fasce a reddito medio-basso; in meno di nove anni di vita ha acquisito un notevole prestigio internazionale , con tournée in Cina, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Polonia, Spagna, Russia, San Pietroburgo, ed America Latina.
Le ha suonate a Milano , deve per due decenni La Verdi è stata privata, ma dopo una serie di complicate vicende e vertenze (mancati pagamenti di contributi agli orchestrali, strumentisti maturi con contratti da stagisti, disavanzi che facevano temere il ricorso a procedure fallimentari) è diventata una fondazione semi-pubblica con la partecipazione della Regione, del Comune e della Provincia nella sua gestione. L’OSF è andata a cantarle Salisburgo, dove – basta scorrere la stampa austriaca e tedesca – il Festival di Pasqua è a rischio a ragione di uno scandalo finanziario che travaglia l’organizzazione e compromette la molto attesa messa in scena del wagneriano Gotterdammerung. Già venti anni fa, uno dei maggiori studiosi dell’economia dell’arte (lo svizzero Bruno Frei) in un libro tradotto anche in Italia (Muse e Mercati, Il Mulino) aveva indicato come l’altissimo finanziamento pubblico e la lunga mano della politica (sia alta sia bassa) compromettesse la gestione del maggiore Festival austriaco. L’OSR è in tournée in Austria (Graz, Salisburgo, Vienna- dove suonerà nella sala d’oro del Musikverein sede dei Wiener Philarmoniker che raramente fanno accedere altre orchestre e quesi mai complessi sinfonici stranieri) sino al 24 febbraio con un programma concertistico molto romano e con conferenze su come si gestisce un complesso sinfonico privato. Non una tournée solo musicale: studi econometrici mostrano che iniziative di questa natura sono uno dei modi più efficaci per esaltare l’immagine della casa madre (in questo caso Roma) nel resto del mondo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento