CLT - Lirica, “Elektra”: un’opera che si addice ai giovani
Roma, 5 feb (Velino) - Quando il drammaturgo Eugene O’Neill, nel 1931, adattò la tragedia greca Elettra in un drammone di nove ore ambientato ai tempi della Guerra di Secessione americana, decise di intitolare il lavoro Il lutto si addice ad Elettra a ragione del vasto numero di morti che costellavano le tre parti dell’opera. O’ Neill si basò sulla trilogia di Eschilo. Nel 1904, invece, Hugo von Hofmannsthal scrisse Elektra traendola dalla tragedia di Sofocle. L'opera fu successivamente adattata (leggermente scorciata per adeguarla ai tempi della musica) come libretto per l'omonima opera di Richard Strauss, rappresentata nel 1909. La tragedia in musica in un atto di Strauss dura poco meno di due ore . Sono due ore di tensione assoluta. Il sovrintendente della Scala, Stéphane Lissner, ritiene Elektra la più bella opera del Novecento. Forse non lo è ed anzi tra i lavori di Strauss per il teatro spesso le viene preferita“La donna senz’ombra che il 29 aprile inaugurerà il Maggio Musicale Fiorentino. E’, però, certamente tra le più avvincenti e tra le più difficili da eseguire. E’ stato bellissimo vedere come la sera del 30 dicembre scorso, in molte file del Teatro Municipale di Piacenza dove l’opera veniva data per la prima volta, ci fossero numerosi giovani alle prese con un argomento difficile e una partitura ancora sconvolgente dopo cento anni.
Un nuovo allestimento di Elektra è in programma dal 18 al 26 febbraio al Massimo Bellini di Catania. Nell’opera il mito greco viene letto attraverso Freud da due cattolici: Strauss cattolico lieto e Hofmannsthal cattolico contorto. La reggia di Micene è un palazzo délabré (quindi malconcio) nel Ring di Vienna. Elettra e Crisotemide abitano al mezzanino, se non in cantina. Clitennestra ed Egisto al piano nobile ormai in rovina. Nell’arco di poche ore si svolge un dramma quasi interamente al femminile (in gran parte delle opere di Strauss gli uomini hanno ruoli secondari). Elettra è vergine e tale intende restare sino a quando ha vendicato il padre di cui è stata e seguita a essere innamorata. Crisotemide è vergine pure lei, ma desidera fortemente un uomo con cui fare sesso e da cui avere figli. Vergine non è Clitennestra, il cui sonno è tormentato da sogni dei propri tradimenti e delle proprie infedeltà e dalla paura di scontarne la sanzione in terra. Non è vergine Egisto, il suo amante ora ridotto al viagra. E’ vergine Oreste , chiamato da Elettra a uccidere gli assassini del loro genitore, ma che sembra perdere la propria innocenza nell’abbraccio-amplesso incestuoso con la sorella. Su questo intreccio le dissonanze di un’orchestra di 110 elementi scavano negli abissi dell’animo umano.
L’edizione vista a Piacenza è prodotta da quattro teatri considerati minori poiché non fanno parte del gruppo delle fondazioni liriche (quelli di Bolzano, Ferrara, Modena e Piacenza, in ordine alfabetico). E’ una produzione eccezionale che supera di gran lunga quanto visto e ascoltato a Milano, Roma e Napoli in questo inizio di stagione. Il lavoro di Hofmannsthal e Strauss viene presentato in versione integrale, ossia include alcuni versi e alcune battute musicali eliminate in occasione della prima mondiale a Dresda nel 1909 poiché ritenute troppo esplicitamente sessuali da essere sconvenienti: i pochi minuti mostrano la vena freudiana e sviscerano ancora di più gli abissi della psiche delle tre protagoniste femminili. Il maestro concertatore Gustav Kuhn ritrova lo smalto e il vigore di un tempo: ha amalgamato due orchestre (quella di Trento e Bolzano e quella emiliano-romagnola) che con un organico di 110 professori, nell’acustica perfetta di teatri di piccole dimensioni, creano un effetto stereofonico, avvolgendo letteralmente lo spettatore. L’enorme organico non è in buca (sarebbe stato impossibile date le dimensioni dei teatri in cui questa Elektra viene messa in scena), ma sul palcoscenico, in gradinate che fronteggiano il pubblico. In terzo luogo, quindi, si è alle prese, come al Festival del Tirolo a Erl, con un impianto scenico inusuale: sul boccascena la “stanza” della protagonista, un ambiente claustrofobico ammobiliato con una sola vecchia poltrona e ai lati due torri di tubi di metallo che portano ad un secondo piano, la reggia, anch’essa spoglia.
L’azione su due piani e nella scale che li collegano accentua ancora di più la stereofonia della partitura. Inoltre, il cast vocale. Benché ammalata, Elena Popovskaya si è rilevata una grande Elektra che gareggiava con Maida Hundeling, una Crisotemide, con un volume e un fraseggio pari a quello della protagonista. Per la prima volta un’italiana, Anna Maria Chiuri, ha affrontato il terrificante ruolo di Clitennestra superando brillantemente la prova. Le voci maschili, si sa, hanno un ruolo relativamente minore: eppure Wieland Satter e Igor Decker sono un Oreste e un Egisto giovani e di qualità. Molto buone le ancelle di Elektra che hanno la funzione del coro greco. In breve, uno spettacolo da gustare e rivedere, sperando che la tournée venga estesa ad altri teatri. Intanto, nell’imminente tappa al Bellini di Catania, la messa in scena, pur innovativa, non sarà così dirompente e si punterà su cantanti molto sperimentati come Gabriele Schaut e Janice Baird.
(Hans Sachs) 5 feb 2010 10:41
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