lunedì 8 febbraio 2010

HENZE Opfergang in ;Musica febbraio

HENZE Opfergang I. Bostridge, J. Tomlison, R. Valentini, M. Trementini, A. Fabiani, G.P. Fiocchi, A. Mameli.
MAHLER Das Lied von der Erde A. Larsson, S. O’ Niell
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Maestro Concertatore e Pianoforte Concertante, Antonio Pappano
Roma, Parco della Musica, Sala Santa Cecilia, 10 gennaio 2010

In una periferia, si incontrano un cane bianco smarrito, ma ben curato, e un fuggiasco. In un monologo, l'uomo racconta il suo inquietante passato. Braccato dalla polizia, in preda al panico, uccide il cane, che pur gli aveva mostrato affetto, e cade negli abissi dell'alienazione. Tema fondante il contrasto tra Bene e Male, tra Violenza e Purezza. Immediato il riferimento a Billy Budd di Benjamin Britten ( anche perché le voci sono esclusivamente maschili) pur se “il fuggiasco” ricorda L’Etranger di Albert Camus , non il Claggart di Meliville-Britten; a fronte dei suoi ululati di rabbia (nei confronti dell’esistenza proviamo quasi simpatia.
Opfergang (Immolazione nella traduzione italiana nel programma di sala; sarebbe più appropriato intitolare il lavoro, Sacrificio), è la «Konzertoper» di Hans Werner Henze, con cui l’Accademia di Santa Cecilia ha aperto il 2010 del teatro musicale. E’ un lavoro breve (circa 50 minuti) ma intenso ed innovativo, oltre che molto atteso. L’83enne Henze ha sorpreso ancora una volta: mettendo in musica un lavoro di Franz Werfel, espressionista e grande amico di Kafka, nonché ultimo marito di Alma Mahler, mantiene una cornice dodecafonica che viene utilizzata, orizzontalmente e verticalmente per la costruzione di melodie, melismi ed accordi – quasi un breve trattato di armonia redatto specialmente per questa composizione. Henze porta ancora una volta la dodecafonia al grande pubblico (come ha fatto per 60 anni) inserendo i temi, a lui consueti, della pietà e dell’accusa sociale in un “visivo musicale” eclettico. Dopo un agitato interludio dominano le battute eteree degli archi, una larga melodia dell’oboe baritono, l’angoscia della tuba wagneriana, gli “a solo” del pianoforte (magnifico Pappano al piano) per accompagnare i recitativi, i vaghi movimenti di danza dell’organetto ed un leit-motiv di Fa diesis maggiore e Do maggiore. La concertazione di Antonio Pappano svela, con tenerezza ed amore, le meraviglie della partitura. L’orchestra potrebbe essere definita un complesso da camera molto ampliato con il maestro concertatore, come si è detto, anche al pianoforte. Sette voci (il tenore schubertiano Ian Bostridge è il cagnolino, il baritono wagneriano John Tomlinson il fuggiasco, gli altri vengono dal Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia) che dal declamato scivolano nell’arioso ed anche in duetti. In breve, una “prima mondiale” d’eccezione , pur se ci si deve chiedere se la vasta Sala Santa Cecilia con i suoi 2832 posti sia la più adatta ad un lavoro così intimo.

Das Lied von der Erde di Gustav Mahler (nella seconda parte del concerto) è troppo noto per richiedere una presentazione. Nell’ultimo lustro, a Roma, lo si è ascoltato quasi ogni anno in esecuzioni dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia dell’Orchestra di Roma e del Lazio, e dell’Orchestra sinfonica di Roma. In quanto struggente addio alla vita ha un nesso molto forte con Opfergang. Inoltre apre le celebrazioni dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia per il doppio anniversario (150 anni dalla nascita , e 50 dalla morte di Mahler) in cui verrà eseguita l’integrale del compositore. Nella precedente esecuzione nei concerti dell’Accademia, nel 1994, aveva concertato Myung-Wehun Chung e i solisti erano stati Anna Larsson e Thomas Moser. A differenza della concertazione passionale di Chung (densa di richiami, ad esempio, a Sawallisch e a Maazel), la bacchetta di Pappano è tersa (come quelle di Boulez e Walter , di cui esistono ottime edizioni discografiche); l’”addio” ( Der Abschied è il lungo finale) è più straziante, meno improntato a serenità Zen. Di grandissimo livello sia Anna Larsson (di nuovo nel ruolo di protagonista) e Simon O‘ Neill.


Giuseppe Pennisi

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