Nella letteratura della seconda metà dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, “amore greco” era un eufemismo per dire rapporto trasgressivo. Di ogni ordine e grado. Deve essere rimasto tale a lungo: basta leggere il romanzo autobiografico Les Ambassades di Roger Pyerefitte, in cui ne racconta di cotte e di crude, con la prospettiva di un diplomatico francese in quello che era allora il Regno di Grecia, la Atene delle settimane precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale. Difficile capire perché se si è così portati alla trasgressione si sia fatto di tutto – anche taroccando i conti – per fare parte della puritana Unione Monetaria Europea (UME) , tutta impregnata di rigore, regole e parametri per fare sì che i soci siano virtuosi.
Cosa c’entrano – si potrà chiedere - l’”amore greco” ed il puritanesimo dell’UME con le decisioni assunte dal Consiglio Straordinario dei Capi di Stato e di Governo europei corsi in soccorso della Repubblica Ellenica approvando il “programma di risanamento” presentato dal Governo socialista guidato di George Papandreu (ma in effetti preparato negli uffici della Banca Centrale Europea, della Commissione Europea e del Fondo Monetario Europeo)? Un’approvazione condizionale in quanto, come i rimandati agli esami, a metà marzo l’Esecutivo dell’Ellade dovrà presentare un rapporto su come il programma viene effettivamente messo in atto.
Le trasgressioni greche ed il rigore dell’UME sono molto più pertinenti del coretto a cappella che si legge nelle dichiarazioni ufficiali e in editoriali di pseudo economisti in cui si tessono le lodi della solidarietà comunitaria, pur mostrando qualche diffidenza nella “capacitazione” (capacità in potenza) della Grecia di realizzare il programma alla base di tale solidarietà.
L’ingresso nell’UME poteva rappresentare una svolta per l’Ellade: dato che l’unione monetaria è irreversibile (non è un accordo sui cambi come lo SME di passata memoria), l’ingresso nel Club sarebbe potuto essere il grimaldello per cambiare strada – andare da un percorso peccaminoso ad uno virtuoso. Ciò, si badi bene, si applica anche al Mezzogiorno d’Italia – da siciliano di quel di Acireale posso ben dirlo senza che i conterranei si offendano anche perché lo ho scritto in un saggio pubblicato nel lontano 1999 sulla Rivista di Politica Economica. Invece di incamminarsi sul sentiero della virtù, la Grecia ha continuato a perseverare su quello della trasgressione, celando peccatucci e peccatoni e contando sulla collaborazione di altri “furbetti del quartierino”.
E’ banale – come fanno molti commentatori – soffermarsi sul disastro dei conti pubblici e della bilancia dei pagamenti della Repubblica Ellenica. Sono unicamente indicatore di una progressiva perdita di produttività. E’ questo “sottostante” che dovrebbe preoccupare molto più dei saldi.
Il programma di risanamento riguarda tali saldi perché questo è il mandato della rigorosa, occhialuta e puritana UME. Tuttavia, dobbiamo chiederci se ci si può mettere sulla strada del miglioramento dei conti (senza fare artifici contabili) se la Grecia (e non solo lei) non affronta il nodo della produttività. La storia economica insegna che con andamenti divergenti di produttività si fa fatica a restare nella stessa casa monetaria.
E’ probabile che il prossimo passo di Atene sarà “il ruggito del topo”, ossia presentarsi a metà marzo con un programma realizzato solo in parte contando sul timore di altri partner che l’UME perda la faccia se non abbraccia il figliol prodigo. Occorre spiegare a Papandreu che ciò era forse possibile prima della crisi finanziaria internazionale nel 2007 , ma stiamo andando verso un “dopo crisi” in cui ciascuno dovrà avere la propria casa in ordine poiché quando i Governi e le organizzazioni internazionali sfoggiano la shakespeariana quality of mercy (qualità della misericordia), i mercati diventando ancora più spietati e leggono il sottostante dei saldi finanziari.
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