mercoledì 24 febbraio 2010

L’ITALIA ED IL NOBEL MUNDELL Il Tempo 24 febbraio

L’ITALIA ED IL NOBEL MUNDELL
Giuseppe Pennisi
Sono stato – alcuni decenni fa- allievo del Premio Nobel Prof. Robert Mudell. Il “Prof” ha sempre apprezzato che avessimo differenze di gusti (lui appassionato di whiskey, io di gin & tonic) e che in classe dissentissi su alcuni dei suoi punti. Mi auguro che lo apprezzi anche ora.
Il 22 febbraio, Robert Mundell (che da anni passa diversi mesi nella regione del Chianti e conosce molto bene il nostro Paese) ha dato un’intervista ad un’agenzia di stampa internazionale (ripresa dai maggiori quotidiani europei) in cui afferma che l’Italia minaccia di essere il secondo pilastro (dopo la Grecia) dell’unione monetaria europea a crollare (ed a portare con sé non soltanto l’euro ma anche quel che resta dell’Europa in via d’integrazione). Le parole di Mundell pesano sui mercati : è l’autore della “teoria dell’area valutaria ottimale” che tutti gli studenti di economia , prima o poi, imparano. Mundell ed ha sempre mostrato una grande integrità intellettuale. Ad esempio, si è distaccato dal coro proprio sull’euro: ha criticato più volte la costruzione a tavolino della moneta unica perché l’unione da essa risultante non corrispondeva a quella “ottimale” con effettiva grande mobilità di capitale e lavoro e flessibilità di remunerazione dei fattori di produzione (rendite finanziarie e salari). E’ stato, inoltre, molto severo nei confronto del percorso verso l’euro dei Governi Prodi, Amato e D’Alema poiché contrassegnato non da riduzioni di spesa ma da aumenti della pressione tributaria e contributiva. Mi sono trovato spesso d’accordo con queste analisi con l’esito di essere considerato un “euro perplesso” od un “euroscettico”.ù
Dissento adesso dalla previsione apocalittica di Mundell per queste ragioni: a) l’Italia ha dato prova di sapere tenere ben salda e ben dritta la barra della finanza pubblica durante la grave recessione del 2009, una contrazione del pil del 5%, (una virtù che Mundell ammette) e non c’è ragione da ritenere che sbandi nel 2010 o nel 2011; b) la recessione (riducendo il pil) comporta inevitabilmente un aumento tra stock di debito pubblico e reddito nazionale, ma , a fronte del fenomeno, gli italiani (che Mundell conosce bene) hanno dato prova di essere ottimi risparmiatori , aumentando addirittura il rapporto tra risparmio delle famiglie e reddito disponibile; c) c’è senza dubbio un rischio esterno – ed Il Tempo è stato il primo quotidiano a sottolinearlo- che un’ondata d’inflazione dagli Usa provochi un aumento dei tassi d’interesse tale da minare la sostenibilità del debito, ma speriamo che i vari G (8-14-20) scongiurino una tattica “obaniana” che sarebbe di breve respiro). A queste determinanti si aggiunge la slavina giudiziaria-mediatica che presentando all’estero l’Italia come è Paese intriso di corruzione acuisce il pessimismo degli osservatori internazionali, specialmente di quelli finanziari.
Cosa fare per fugare le prospettive apocalittiche di Mundell (e di altri che si sono subito accodati)? In primo luogo, approvare le norme anti-corruzione. In secondo luogo, ridurre il “grasso” che ancora c’è nelle spese delle pubbliche amministrazioni. In terzo luogo, in parallelo con tale smaltimento, abbassare la pressione fiscale contributiva.
E dare un bel bicchiere di Chianti al caro “Prof”:

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