TRE DIFFICILI TAVOLI ED UN’AMARA MEDICINA
Giuseppe Pennisi
Per afferrare la partita tra Ue, Grecia ed il resto del mondo ( senza arrampicarsi su temi economici complicati), basta rivedere un film di successo : A Beatiful Mind. Il film trattava della vita del Premio Nobel John Nash, uno dei principali innovatori della “teoria dei giochi”. A tal fine prendeva un impianto teorico-matematico molto complesso (per l’appunto la “teoria dei giochi”) alla portata di tutti.
Tra Ue, Grecia ed il resto del mondo (stilizziamo per semplificare) è iniziata la seconda fase di un “gioco” complicato. La prima è stata abbastanza semplice: i greci (in particolare il Capo del Governo, George Papandreu, erede di una vera e propria dinastia di Primi Ministri) sono orgogliosi dei loro 2500 anni di civiltà. Quindi, il programma di risanamento (ingoiato a malincuore dopo oltre un mese di duri negoziati) è presentato come proposto dal Governo di Atene, mentre tutti sanno che i cuochi sono stati la Banca centrale europea, la Commissione monetario e il Fondo monetario. Inoltre, la ricetta predisposta (è sufficiente leggere i dettagli a p. di Avvenire) è digeribile ma amara.
Sin qui la partita è stata un pirandelliano “gioco delle parti” . Ora si entra in un gioco multiplo in cui ciascuno dei tre protagonisti opera su almeno due tavoli con poste (e carte) differenti. Su un tavolo, il Governo di Atene gioca la propria credibilità di Esecutivo da pochi mesi in carica con il proprio elettorato (a cui deve somministrare la minestra amara) e su un altro con la UE per convincerla ad essere flessibile nella quantità di zuppa da fare trangugiare. La UE, mentre su un tavolo è alle prese con la Grecia, su un altro “gioca” con il resto del mondo che, da questo “caso”, trae indicazioni sulla compattezza (oltre che sulla coesione) dell’unione monetaria. Vince chi riesce a fare poker simultaneamente su tutti i tavoli. In una scena del film ricordato, Nash dimostra che l’esito più probabile è un equilibrio dinamico (che può diventare instabile), assumendo che tutti avessero le medesime informazioni e fossero sullo stesso piano.
In questo gioco , c’è, invece, una forte asimmetria posizionale non tanto perché (orgoglio a parte), la Grecia ha la mano tesa e l’UE la borsa. Ma per ragioni più profonde. Da un lato, nonostante i titoli allarmati, un’insolvenza della Grecia non mette a repentaglio né l’UE né la stessa unione monetaria. Negli Stati Uniti (e non solo) ci sono state insolvenze da parte di singoli Stati dell’Unione senza che si andasse alla secessione monetaria; di solito (e a Atene lo si sa) la conseguenza è stata una medicina ancora più amara. Da un altro, tra Natale e l’inizio dell’anno, (mentre la crisi greca usciva dei periodici tecnici e cominciava ad interessare le prime pagine dei quotidiani),.il direttore dell’ufficio legale della Bce, Phoebus Athanassiou, ha scritto una dotta memoria (riservata per quanto possa esserlo un documento che circola nei piani alti di Miniesteri economici e Banche centrali) che le caratteristiche di un parere pro veritatis: mentre i trattati Ue prevedono procedure di uscita volontaria ed anche di espulsione, quando si entra nell’euro si accetta una condizione di “perpetuità” (come quando si fanno i voti perpetui per essere ammessi in un ordine religioso). Naturalmente se si è espulsi dell’Ue, non esistono più le condizioni per restare nell’euro. E, di converso, se si rompe il patto di “perpetuità”, si è automaticamente fuori pure dall’Ue con tutte le conseguenze che ne derivano. A Papandreu gli è stato detto chiaro e forte.
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