sabato 23 giugno 2007

QUANDO I GOVERNI DIVENTANO SUPPALPALTANTI DEI MERCATI

La pubblicazioni di verbali ed intercettazioni può piacere o non piacere , ma è elemento di glasnost (per utilizzare il lessico sovietico a cui è ancora affezionata parte della sinistra), impone di distinguere il grano dal loglio (ossia ciò che è politicamente rilevante, pur se non rappresenta illecito, da ciò che non lo è) ed induce ad alcune riflessioni tra politica ed economia.
In primo luogo, auguriamoci che non inneschi una reazione anti-stampa e anti-giornalisti. Non solo il giornalismo è il sale della democrazia ma, nella veste di economista, so, sulla base di analisi internazionale, che nei Paesi dove si mette il bavaglio alla stampa, lo si mette anche alla crescita del reddito ed al miglioramento della sua distribuzione.
In secondo luogo, la lettura di intercettazioni e di verbali porta ad alcune considerazioni: a) non sorprende che una cordata di affari (leciti od illeciti che siano) cerchi contatti con tutto lo schieramento politico: b) dalle carte pubblicate, i rapporti con il centro-destra sarebbe stati per lo più con intermediari (che avrebbero ben potuto millantare credito, come spesso avviene nel “demi-monde” dei Palazzi), c) quelli con i leader del centro-sinistra invece sarebbero stati diretti ed in toni confidenziali. Ne emerge un quadro ben differente di quello della “merchant bank” dove non si parla inglese che secondo Guido Rossi sarebbe stata creata a Palazzo Chigi nella precedente tornata di sinistra al Governo. I politici parrebbero (ma il condizionale è d’obbligo) cercare di essere affascinati, anzi incantati, da una finanza che li fa perfino sognare.
Due considerazioni, quindi, tra il politica e l’economico. Per un decennio, il sindacalista francese Marc Blondet (non certo collaterale alla destra) ha lamentato che nell’età della globalizzazione finanziaria, i Governi siano diventati “suppalpanti” dei mercati. Più di recente, Andrea Mattozzi (del California Institute of Technology) e Antonio Merlo (della University of Pennsylvania), hanno elaborato, sulla base di un’analisi internazionale ma guardando specialmente al caso Italia, un teoria sui metodi di reclutamento nei partiti politici tradizionali – “Mediocracy” (“Mediocrazia- ossia il potere dei mediocri”) NBER Working Paper No. W12920. I partiti sono in concorrenza con le lobby dell’industria, della finanza, del commercio e via discorrendo per reclutare dirigenti, quadri e personale con profili analoghi. Anche ove i partiti potessero avere la prima di scelta (le lobby pagano di più ed offrono carriere più stabili), decidono di reclutare i mediocri al fine di evitare che i loro leader siano minacciati, o meglio insidiati, dall’interno. Per questo, i loro dirigenti sognano di essere invitati a cena nei salotti buoni delle banche e della finanza. Più che azionisti di riferimento di una “merchant bank” casereccia , si pongono come subappaltanti di chi le “merchant bank” (anche a cacio e pepe) congettura (a torto od a ragione) di controllarle. Ne risultano governi di subappaltanti. Ciò non solo ha aspetti che interessano i politologi (può esistere una democrazia in subappalto?) ma anche dimensioni nel campo degli economisti.
Un Governo in subappalto, infatti, ha difficoltà a decidere ; si potrebbe dire che ciò è dimostrato dalle vicende italiane degli ultimi 14 mesi. In un mondo dove tutti corrono, chi non decide, al più cammina – quindi, rispetto, agli altri sta fermo. Un’analisi della London Business School, della Boston University e della Harvad Business School conclude che l’onere è pari allo 0,6% delle risorse di famiglie ed imprese- una vera pietra di piombo.
Cari subappaltanti, quanto ci costate!!!!

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