lunedì 25 giugno 2007

ALITALIA, UN RINVIO INOPPORTUNO

Questa sarebbe dovuta essere la settimana finale del beauty contest (gara di bellezza, la modalità di gara scelta per vendere il 40% delle azioni Alitalia con la prospettiva che il vincitore lanci un’Opa totalitaria). Offerte complete e definitive (sotto il profilo sia tecnico sia finanziario) si sarebbero dovute presentare entro il pomeriggio del 2 luglio. Ma il termine è stato spostato al 12 luglio. Nell’Italia dei decreti-legge “mille proroghe”, ciò potrebbe non sorprendere nessuno. Nelle “coulisses” del trasporto aereo corre voce che la proroga servire essenzialmente ad uno dei due concorrenti ancora in gara perché concluda alleanze con nuove partner finanziari (si parla di banche amiche di questo o di quello o collaterali a questo od a quello, ma non è elegante dare retta a voci quando si è nel jet set ) . Era anche corsa voce di un inciucio: uno dei due correnti avrebbe offerto all’altro di fare una cordatona sola per presentare un unico piano e industriale e finanziario. Un po’ come si faceva ai tempi in cui a Roma si affidò la realizzazione della linea A della metropolitana ad un gruppo costruito alla bisogna tra le grandi imprese (pubbliche, private, cooperative) dei settori coinvolti. Ci si sarebbe aggiudicati la spoglie dell’Alitalia, mantenendo se possibile un elevato sussidio pubblico annuale e rivendendone le quote acquistate dopo qualche anno (specialmente se, a ragione delle pressioni europee, si sarà riusciti a ristrutturarla). A questa offerta, uno dei due concorrenti – i russi, novizi di capitalismo e quindi di esso superinnamorati – avrebbero risposto con un secco “neit”. Dati Aita alla mano, avrebbero anche aggiunto che tra il 2006 al 2010 (ossia dopodomani) il traffico aereo passeggeri aumenterà di 500.000 milioni di unità, di cui oltre un terzo in Asia e nel Bacino del Pacifico (dove Aeroflot è ben posizionata) mentre, a detta della Lufthansa, leader della Star Alliance di cui Air One fa parte, il vettore italiano ha una capacità regionale (ossia europea) e può, al più, affrontare un numero limitato di rotte intercontinentali.
Il rinvio comporta seri problemi: se il corrente che ha amici a Palazzo riesce a rafforzare la sua proposta a scapito dell’altro, quest’ultimo potrebbe facilmente fare ricorso alla Corte di Giustizia Europea con buona probabilità di vincere. Si finirebbe in tribunale al quadrato: per l’annullamento dell’aggiudicazione ed per il fallimento di Alitalia (con la perdita di 20.000 posti di lavoro, molti nel Lazio, ed altrettanto nell’indotto). Si può evitare questo scenario apocalittico?
Ruggero Magnoni, presidente di Leheman Brothers Italia, ha acceso una luce di speranza affermando che Alitalia è "un'azienda potenzialmente interessante, con un ottimo traffico incoming dovuto al turismo e un bacino di utenza molto valido ma difficile da gestire per il coinvolgimento di cinque ministeri diversi e migliaia di dipendenti ex statali”. Il potenziale , dunque, c’è, ma occorre una virata netta di rotta sia nella gestione dell’azienda, nell’atteggiamento dei sindacati e nel metodo per il collocamento sul mercato. A questo punto, con due soli concorrenti (e forse solamente uno) si dovrebbe dichiarare il beauty context “unresponsive” (per utilizzare il lessico della Guida agli Appalti della Banca Mondiale) , ossia tale da non consentire un vero raffronto. Mentre management e sindacati fanno la parte loro (per una migliore gestione della compagnia), si dovrebbe lanciare una vera e propria “asta alla Vickrey” (dal nome del Premio Nobel che la ha teorizzata) con un capitolato dettagliato d’appalto e l’aggiudicazione a chi offre di più ma al prezzo del secondo concorrente in graduatoria (in modo da assicurare efficienza). Non è mai troppo tardi- come era titolato un programma Tv degli Anni 50.

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