Se risponde al vero il gossip principale sulla politica industriale italiana che si ascoltava ieri nelle “coulisses” dell’Assemblea della Confcommercio, l’ultima trovata prodiana sarebbe consistita nel fare tornare l’Italia indietro di 35 anni – ai tempi delle cordate (benedette da Ettore Bernabei) tra Italstat, principali imprese private del settore delle costruzioni, e grandi cooperative come la CMC (Cooperativa Muratori e Cementieri, protagonista delle grandi dighe in Africa nell’epoca d’oro della cooperazione allo sviluppo fatta all’italiana).
In breve, AirOne avrebbe proposto a Aeroflot di fare una cordata unica (con le banche che appoggiano le due compagnie) e presentare il 2 luglio (o il 12 se la scadenza verrà spostata) un solo piano e industriale e finanziario. In altri termini, si tornerebbe ai tempi in cui l’affidamento per la realizzazione della linea A della metropolitana di Roma venne dato a Intermetro (per l’appunto una s.p.a. di cui facevano parte tutti i grandi, oggi si direbbe major – dato che nella merchant bank di Palazzo Chigi ora si parla pure in inglese - delle costruzioni, pubblici, privati e cooperativi). Allora è stata una vera e propria carovana in cui ci guadagnavano un po’ tutti i partecipanti , ma ci rimisero – pare - gli italiani in termini di costi (tra i più alti al mondo) e qualità del lavoro (dato che ora siamo già in manutenzione straordinaria). Ora si tratterebbe di un tandem (pure perché i potenziali contendenti sono soltanto due). Ancora una volta, l’obiettivo sarebbe quello di non fare funzionare il mercato e la concorrenza (ma il consociativismo – questa volta industriale) e di aggiudicarsi la spoglie di quel che resta di Alitalia, mantenendo se possibile un elevato sussidio pubblico annuale ed ancora meglio rivendendone le quote acquistate dopo qualche anno (specialmente se, a ragione delle pressioni europee, si sarà riusciti a ristrutturarla, tagliando i rami secchi e rendendo ancora più stretto il pugno sulle tratte redditizie).
Non sappiamo se fosse un’idea originale del management di AirOne o venisse da qualche consigliere del Professore-Presidente del Consiglio avvezzo al modo di operare dell’Iri. Ove fosse stata approvata, sarebbe stato sufficiente il più semplice ricorso alla Corte di Giustizia Europea per invalidare tutto il curioso beauty contest ridotto a una mera licitazione privata ( un po’ come la tentata vendita della Sme circa vent’anni fa).
Fortunatamente, i russi hanno avuto una scatto di orgoglio da cosacchi: avrebbero alzato le spalle sdegnate affermando che pastrocchi di questa natura a casa loro si facevano prima della perestroika e della glasnot. In effetti, nella Federazione Russa intese di questa natura avvengono ancora (70 anni di cattive abitudini sono dure a morire). I bene informati sostengono che Aeroflot & Co. non sono angioletti innocenti di primo pelo.
La proposta sarebbe stata rifiutata per due ragioni:
a) da un lato, temevano un tranello (avrebbero avuro un ruolo minoritario, e temporaneo, nell’azienda che sarebbe sorta dalle ceneri di Alitalia);
b) da un altro, sono convinti che il loro piano industriale (e finanziario) sia ben superiore di quello di Air One e soci e, se del caso, sono pronti a farlo valere in sede europea.
L’asso nella manica non è neanche tanto nascosto: sta nelle previsioni del traffico passeggeri dell’Aita: tra il 2006 al 2010 (ossia dopodomani) il traffico aereo passeggeri aumenterà di 500.000 milioni di unità, di cui oltre un terzo in Asia e nel Bacino del Pacifico (dove Aeroflot è ben posizionata. Secondo la stessa Lufthansa, leader della Star Alliance di cui Air One fa parte, il vettore italiano ha una capacità regionale (ossia europea) e può, al più, affrontare un numero limitato di rotte intercontinentali. In tandem con Air One, avrebbero versato sangue, lavorando in essenza per il Re di Prussica. Non intendono farlo neanche se quest’ultimo è diventato, nel frattempo, un Professore.
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