OPERA/
Una "Carmen" messicana dà il via la Festival delle Terme di Caracalla
Secondo i sondaggi condotti dal sito ‘Operabase’, il
portale più seguito dai melomani e dai professionisti, Carmen è stata
per decenni l’opera più ascoltata. GIUSEPPE PENNISI
04 luglio 2017 Giuseppe Pennisi
Foto di
Yasuko Kageyama
Secondo
i sondaggi periodicamente condotti dal sito ‘Operabase’, il portale più seguito
dai melomani e dai professionisti, Carmen è stata per decenni l’opera
più ascoltata e forse più vista al mondo. Soltanto di recente è stata superata
dal Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, ma si è trattato di un
breve interludio.
Nel
2011, Carmen era di nuovo in testa, superata però da La Traviata nel
2013. Nella stagione 2015/2016 è risultata terza in classifica in termini di
‘produzioni’, terminie differente da ‘rappresentazioni’ che denota però la
grande popolarità dell’opera. E’, comunque, una delle opera più viste e più
ascoltate, anche grazie alle versioni cinematografiche, principalmente quella
di Otto Preminger negli Anni Cinquanta (che la situava in una base militare
dell’epoca) e quella di Francesco Rosi negli Anni Ottanta (fedelissima
all’ambientazione ed al libretto). Sino a tempi recentissimi, la si presentava
nell’edizione messa a punto per l’Opera di Vienna nel 1875 dal mesteriante Ernest
Guiraud che aveva non solo musicato le parti parlate ma rimaneggiato,
malamente, l’orchestrazione.
Nel
2013-14 proprio al Teatro dell’Opera di Roma è stata presentata più o
meno come la compose Bizet: l’orchestrazione è l’originale, più ruvida di quella
taroccata da Guiraud, ma più affascinante. Tuttavia date le difficoltà di
dizione del cast internazionale e data l’assuefazione del pubblico, le parti
parlate sono accompagnate (dalla partitura di Guiraud) come Bizet si era
impegnato a fare nel contratto con Vienna che non poté assolvere a ragione
della sua prematura improvvisa morte. Non ha nulla del colore “verista” delle Carmen
che imperversavano sino alla fine degli Anni Ottanta. Da un lato, richiama i
madrigali polifonici (il quintetto del secondo atto) e, dall’altra, è protesa
verso un espressionismo che mai prese radici in Francia, ma creò una grande
scuola in Germania.
Anche
in questa edizione nel festival estivo alle Terme di Caracalla (dove resterà in
scena sino al 4 agosto), viene utilizzata la partitura ripresa nel 2013-14.
L’orchestra la destreggia molto bene (nonostante le difficoltà di eseguirla in
un luogo all’aperto) ma l’ottantenne Jesús Lòpez Coboz avrebbe dovuto metterci
più nerbo e stringere non dilatare i tempi per una migliore resa complessiva.
Di
grande livello i protagonisti: Veronica Simeoni una Carmen sensuale, Roberto
Aronica, un Don José appassionato e geloso, Alexander Vinogradov un Don José
fanfarone e sprezzante, Micaela una Rosa Freola dolcissima. Ottimo anche il duo
femminile delle amiche di Carmen (Daniela Cappiello e Anna Pennisi).
La
regia di Valentina Carrasco (proveniente da La Fura del Bauls) ha creato una
piccola controversia con il Governo messicano perché il lavoro è ambientato ai
giorni d’oggi al confine tra Messico e Stati Uniti, la Taverna di Lilas Pasti è
un bordello, il contrabbando non è di generi alimentare ma traffico di droga e
si svolge nel Monte di Rushmore con in bella vista i ritratti di alcuni
Presidenti Usa. A mio avviso, la regia è ottima, fa entrare nel dramma
molto bene, da grande attenzione alla recitazione, ed articola benissimo le
masse. La Carrasco ha fama internazionale. Spero che questa Carmen venga
ripresa. A Roma o altrove.
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