MACERATA OPERA FESTIVAL/
Matteo Ricci: nel segno del Signore:
Il Macerata
Opera Festival ha avuto un’idea coraggiosa: iniziare la manifestazione con
una prima assoluta mondiale di un autore italiano. Ce ne parla GIUSEPPE PENNISI
23 luglio
2017 Giuseppe Pennisi
La prima dello spettacolo
Il Macerata
Opera Festival ha avuto un’idea coraggiosa: iniziare la manifestazione (il 20
luglio – con una serie di attività collaterali si estende a quasi tutto agosto)
con una prima assoluta mondiale di un autore italiano, invece di scegliere uno
di quei titoli noti che fanno accorrere in massa i vacanzieri dalle spiagge
dell’adriatico. E tenerla nel magnifico piccolo Teatro Lauro Rossi non nella
grande arena Sferisterio.
Non è la
prima volta che il festival accoglie prime assolute mondiali: ricordo due
lavori molto belli, purtroppo non ripresi durante le stagioni liriche delle
fondazioni o degli altri teatri di tradizione, The Servant di Marco
Tutino e Le Malentendu di Matteo Tutino, ma non rammento debutti alla
serata inaugurale. Lo fanno solo i grandi festival, si dice, come quello di
Salisburgo che, ad esempio, ha inaugurato l’edizione estiva 2016 con Exterminating
Angel di Thomas Adès, poi ripreso alla Royal Opera House di Londra, al
Metropolitan di New York ed in un'altra mezza dozzina di templi della lirica.
Non che Macerata
intenda competere con Salisburgo ma non questa scelta si pone un gradino al di
su di molti altri festival estivi in Italia (se ne contano più di una
trentina). L’opera, commissionata per l’occasione, è Shi di Carlo
Boccadoro , volto noto a chi segue il canale ‘Classica’ su Sky in quanto ha
condotto a lungo il programma ‘Contrappunto’. E’ uno dei giovani musicisti
italiani in ascesa. Il libretto dell’atto unico in cinque quadri (circa un’ora
e mezzo di spettacolo) è di Cecilia Ligorio (a cui è anche affidata la regia);
scene e costumi e luci sono ‘fatti in casa ‘ dalla Scuola di Belle Arti di
Macerata; i video (di altissima qualità) di Igor Renzetti.
Shi (in mandarino ‘si faccia’, ossia un ordine dell’Imperatore) racconta la storia del gesuita Matteo Ricci (anche lui maceratese) dalla traversata procellosa del canale di Mozambico alla morte a Pechino (dove per decreto dell’Imperatore di cui aveva guadagnato la fiducia) è sepolto. Puntando sulla vicenda di Matteo Ricci il festival apre una manifestazione dedicata all’Oriente in cui , nell’enorme Sferisterio, vengono messi in scena tre titoli notissimi : Turandot, Aida e Madama Butterfly.
Shi (in mandarino ‘si faccia’, ossia un ordine dell’Imperatore) racconta la storia del gesuita Matteo Ricci (anche lui maceratese) dalla traversata procellosa del canale di Mozambico alla morte a Pechino (dove per decreto dell’Imperatore di cui aveva guadagnato la fiducia) è sepolto. Puntando sulla vicenda di Matteo Ricci il festival apre una manifestazione dedicata all’Oriente in cui , nell’enorme Sferisterio, vengono messi in scena tre titoli notissimi : Turandot, Aida e Madama Butterfly.
E’ un’opera
volutamente semplice e concepita perché possa circuitare . Vi ricordate le
preoccupazioni di Benjamin Britten che, rientrato in Gran Bretagna alla fine
della seconda guerra mondiale, il teatro dell’opera sarebbe morto per i suoi
alti costi e per la difficoltà di ‘girare’ da città a città? Al pari di The
Servant e di Le Malentendu citate, Shi risponde a queste esigenze.
Sul palcoscenico un baritono (Roberto Abbondanza), un baritono-basso (Bruno
Taddia) ed un attore-atleta (Simone Tangolo). In buca, diretti da Carlo
Broccadoro due pianisti (Andrea Rebaudengo e Paolo Gorini) ed
il complesso di percussionisti Tetrakis (Gianluca Saveri, Giulio Calandri, e
Cecilia Martellucci).
Quindi un
organico essenziale di cui Boccadoro estrae sonorità che danno alle tempeste di
mare, alle traversate dei deserti, alle atmosfere di Macao e Nanchino, alla
Città Proibita di Pechino, nonché soprattutto ai dilemmi interiori se
continuare o meno un viaggio trentennale per portare il messaggio del Dio dei
cristiani in Cina. Su questo raffinato tappeto orchestrale, la parte vocale è
tra parlato e declamato che sfocia in due ariosi in duetti tra baritono e
basso. Per un intenditore, gli aspetti strumentali prevalgono, per modernità e
raffinatezza, su quelli vocali (la cui scrittura è piuttosto tradizionale).
Uno
spettacolo affascinante che si è meritato circa dieci minuti di ovazioni.
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