OPERA/ La
"Tosca fascista" torna alle Terme di Caracalla
Dopo alcuni anni di assenza dalle
Terme Tosca è tornata nel grande teatro all’aperto nelle rovine
imperiali di Roma. Grande successo, ce ne parla GIUSEPPE PENNISI
30 luglio 2017 Giuseppe Pennisi
Terme di Caracalla, Tosca, foto di
Yasuko Kageyama
Tosca’ è opera ‘romana’ per eccellenza. Non solo si volge in
tre luoghi topici di Roma (la Chiesa di Sant’Andrea della Valle, Palazzo
Farnese, Castel Sant’Angelo) nei giorni della battaglia di Marengo (14-15
giugno 1800). E’ opera ‘romana’ anche in quando debuttò nella Capitale il 14
gennaio 1900, e con essa nacque il ‘dramma in musica’ italiano del Novecento
proponendo un libretto serrato (di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica) ed
una originalissima scrittura orchestrale. Ogni anno al Teatro dell’Opera si
propongo alcune recite ‘fuori abbonamento’ con scene e costumi modellati sugli
originali del gennaio 1900. E’ anche spesso presente nella stagione estiva alle
Terme di Caracalla, dove a 12 anni vidi ed ascoltai Tosca per la
prima volta in una sera in cui serata con Renata Tebaldi e Mario del Monaco nei
ruoli principali.
Dopo alcuni anni di assenza dalle Terme Tosca è tornata nel
grande teatro all’aperto nelle rovine imperiali di Roma. Non è una nuova
produzione ma una ripresa di un’edizione di quattro anni fa. Ho assistito alla
quarta replica (ne sono previste otto sino all’8 agosto). Teatro gremitissimo
in ogni ordine di posti.
Interessate, come scrissi quattro anni fa la regia. Dopo avere trasportato
alla fine degli Anni Trenta, Cavalleria Rusticana ed Il
Gattopardo, Pier Luigi Pizzi porta nello stesso periodo anche Tosca.
Ciò presenta alcuni problemi. In primo luogo, Sardou (ed ancor meglio di lui
Giacosa ed Illica che ne hanno ridotto il dramma da cinque a tre atti,
eliminando episodi e personaggi secondari) pongono una datazione precisa per le
18 ore in cui si svolge l’intreccio: il 16 giugno 1800, quando la mattina
giunse a Roma la notizia che a Marengo la ‘coalizione’ guidata dall’Austria,
aveva sconfitto l’armata di Napoleone, si approntarono festeggiamenti, ma verso
le 22 si apprese che il Bonaparte aveva disfatto gli avversari e si apprestava
a conquistare il resto d’Italia. Se Floria Tosca avesse avuto uno smart-phone,
l’equivoco non ci sarebbe stato e Scarpia si sarebbe tolto l’orbace e il
vestito un doppio petto, sarebbe stato alle prese con bruciare carte e darsi
alla fuga piuttosto che tentare un’ultima conquista violenta.
In secondo luogo, già Jonathan Miller, Peter Sellars e Robert Carsen hanno
ambientato Tosca in epoca fascista (quindi, non si tratta di
una novità) ma hanno scelto gli ‘anni dello squadrismo’, quelli del ‘delitto
Matteotti’, mentre i costumi, soprattutto femminili dello spettacolo di Pizzi,
fanno intendere che l’azione si svolge è nel 1935-37, quelli chiamati da De
Felice, da Parlato e da tutta una scuola di storici ‘gli anni del consenso’
quando l’Italietta pensava di essere diventata un Impero. Allora, non si
torturava ma si cercava di accattivare anche intellettuali ‘dissidenti’, si
creava la biennale di musica contemporanea a Venezia (invitando numerosi
musicisti esiliati dalla Germania) e al Teatro dell’Opera si
rappresentava Wozzeck di Alban Berg, proprio per irritare il
dicastero della cultura di Berlino. Scelta errata, nonostante l’elegante
struttura scenica ed i bellissimi costumi. Il pubblico, però, non è
composto di storici. E soprattutto a differenza della Turandot vista a
Macerata, e recensita il 16 luglio su questa testata), questa Tosca è
fedele al libretto ed alla musica.
Per la parte musicate, essenziale notare un netto miglioramento della
concertazione rispetto a quattro anni fa (quando Renata Palumbo era sul podio).
Questa volta, con la bacchetta Donato Renzetti, l’orchestra ha dato il meglio
di sé e dimostrato di essere una vera ‘Signora Orchestra’ rispetto a quelle di
Macerata e di Torre del Lago. Non ha scansato nessuna delle difficoltà della
ardua partitura pucciniana, dando colore e calore a questa stupenda
orchestrazione, al sinfonismo continuo anche quando sul palcoscenico vengono
cantati ‘pezzi’ che possono sembrare ‘chiusi’. L’orchestra dimostra che Tosca
è la partitura più wagneriana di Puccini con l’uso di leit-motifs
non solo in riferimento a persone, oggetti, situazioni ma anche per comunicare
al pubblico informazioni su sentimenti e pensieri non espressi apertamente.
Eccellenti i tre protagonisti: Tatiana Serjan è una Floria Tosca vibrante
anche nei ‘pianissimi’ di Vissi d’Arte e grande attrice nel terzo atto
quando insegna a Cavaradossi come recitare sino alla struggente scoperta della
verità. Giorgio Berrugi è un giovane tenore generoso che, partendo dal bel
canto donizettiano, affronta con scaltrezza i ruoli pucciniani. Roberto
Frontali è un veterano nel ruolo di Scarpia.
Applausi a scena aperta dopo Recondita Armonia, Vissi d’Arte ed E
Lucean le Stelle,
Grande successo al termine della rappresentazione.
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