“La Rondine” pucciniana al
Festival Torre del Lago
Il 63esimo
Festival Puccini a Torre del Lago (15 luglio-30 agosto) offre un programma
ricchissimo: otto opere, di cui una prima mondiale, balletti, un’opera rock,
concerti e soprattutto numerose collaborazioni internazionali con teatri della
Russia, della Cina, della Georgia e della Francia. Vale senza dubbio un
viaggio.
Delle due
opere inaugurali (“Turandot” e “La Rondine”) riferisco della seconda perché nel
catalogo pucciniano è tra le meno conosciute e rappresentate, nonostante
specialisti come Alfredo Mandelli e Fedele D’Amico la considerassero il vero
capolavoro del compositore lucchese. È solo la terza volta che approda al Festival
il suo nome.
Cosa
rappresenta “La Rondine” nella storia della musica e per quale motivo ha avuto,
sino a tempi recenti, così poco successo che se ne contano rari allestimenti e
ci sono in commercio solo quattro edizioni in dischi?
Nasce – lo
sappiamo – verso il 1914 come tentativo di scrivere (con Giuseppe Adami)
un’operetta che piacesse al grande pubblico e, quindi, tirasse al
botteghino. Dopo una gestazione faticosa (la “prima” avviene a Montecarlo nel
marzo 1917) anni di guerra in cui la scena lirica cominciava a
essere minacciata dal cinema. Non è, però, un “Die Fledermaus”, con qualche
spruzzatina di “Der Rosenkalier”, nonostante si riscontri elementi sia del
primo (soprattutto nella situazione scenica del secondo atto) sia del secondo
(nella scrittura musicale). Non è neanche una “Traviata dei poveri”, come
definita, con toni sprezzanti, da alcuni critici negli anni Venti e Trenta,
prima che sparisse quasi dal repertorio per rientrarvi poco più di un quarto di
secolo fa. È opera modernissima sia nell’argomento sia nella partitura.
Ha come tema
centrale un’avventura con finale ambiguo ed aperto, proprio come quella del
film di Michelangelo Antonioni di circa sessanta anni fa. Magda, bella donna
sulla trentina, è legata a Rambaldo, ricco cinquantenne che la mantiene, un
“fidanzamento stagionale” (come quello tra Franco e Anna nel film di Antonioni)
o poco di più. Incontra quasi per caso Ruggero, venticinquenne o giù di lì
appena sbarcato dalla borghesia di provincia nel bel mondo parigino (così come,
in una gita in barca, Franco incrocia Claudia). Se ne invaghisce e decide di
portarselo a letto, come si addice in un contesto in cui “si vive in
fretta: ‘mi vuoi? ti voglio’. È fatto”. Oggi si scambierebbero numeri di
cellulari; allora, lo rimorchia in una sala da ballo. Però “imperversa una moda
nel gran mondo elegante: l’amor sentimentale”. L’avventura (come quella di
Franco e Claudia) non dura una notte sola: i due finiscono in Costa Azzurra
sino a quando Magda si accorge che Ruggero è un gran bravo ragazzo che fa sul
serio (come Claudia rispetto a Franco). Tanto sul serio da considerarla “non
l’amante ma l’amore”, e di scrivere al padre per chiedere il “consenso” (alle
nozze) e alla madre “la santa protezione”. Di fronte a qualcosa di molto di più
di un “fidanzamento stagionale”, nonché a confronto con il proprio passato,
Magda se ne va. Non sappiamo dove, lasciando tra i singhiozzi un Ruggero che,
prima o poi, tornerà a Montauban, dove “le ragazze son molto belle e semplici e
modeste” (ed impalmerà una di loro). A questa avventura quasi contemporanea,
Puccini affida una partitura anch’essa modernissima: l’orchestra richiede un
grande organico (altro che operetta!) e le voci devono avere incorporato la
lezione del “chiacchierar cantando” di quel “Der Rosenkavalier” che solo da
poco più di un lustro prima aveva riformato, quasi senza volerlo, il modo di
fare teatro in musica.
Il pregio
dell’allestimento (già presentato al piccolo Teatro del Giglio di Lucca, nonché
al Goldoni di Livorno e al Verdi di Pisa) è quello di puntare sull’ambiguità
lievissima (ma non per questo meno aspra) sia del libretto sia della musica de
“La Rondine”. Una scena unica (una rotonda, girevole, con una scala a
chiocciola) il cui fondale è il Lago Massaciuccoli. Una regia delicata del
bulgaro Plamen Kartaloff, una scena funzionale di Giuliano Spinelli, costumi
d’epoca molto eleganti di Floriana Benedettini e Diego Fiorini, Soprattutto,
una bacchetta giovane (Beatrice Venezi) che, anche in una serata ventosa in un
enorme teatro, sa trovare l’equilibrio giusto tra buca e palcoscenico ed i
colori appropriati per questa musica centenaria ma così moderna. Ottimo il
numeroso cast: Donata D’Annunzio Lombardi è un’affascinante Magda, Leonardo
Caini tenore lirico, con una voce leggermente brunita, Ruggiero.
Ci auguriamo
che “La Rondine” torni a volare anche a Roma, Milano, Napoli, Palermo e tante
altre parti.
GUARDA LA
GALLERY DE “LA RONDINE”
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