giovedì 20 maggio 2010

UN PAIO DI IDEE PER UNA NUOVA BRETTON WOODS DEI CAMBI MONETARI Il Foglio 20 maggio

UN PAIO DI IDEE PER UNA NUOVA BRETTON WOODS DEI CAMBI MONETARI
Giuseppe Pennisi

L’ombrello per difendere l’area dell’euro da attacchi speculativi
contiene aspetti che fanno sorgere perplessità e congetture su “euro”
a due velocità. Sarebbe bene chiarirli prima di definire i contenuti
di un programma per ora delineato solo in termini generali, mentre, da un canto, è già attivo l’acquisto di titoli governativi da parte della Banca centrale europea e, dall’altro, il valore internazione dell’euro viaggia verso un valore internazionale che meglio rispecchia le parità interne di potere d’acquisto e la situazione strutturale di conti con l’estero degli Stati Uniti.
In primo luogo, l’impegno complessivo Ue-Fmi è modesto (1000 miliardi
di dollari equivalenti) in un mercato dove almeno 15mila miliardi di
dollari passano quotidianamente di mano. Non è una barriera adeguata,
se non prevede munizioni contenutistiche più persuasive: per analogia,
negli Anni Ottanta, i soldati italiani di leva avevano ciascuno in
dotazione tre pallottole, una capacità di resistenza di pochi minuti
se non avessero potuto contare sullo “scudo” Nato. Non è chiaro se,
nel retroterra, ci sia uno “scudo” analogo né se tutti i Parlamenti
interessati ratificheranno gli impegni presi dai loro governi. C’è,
quindi, il rischio di una crisi di fiducia come quella del 1992,
quando, firmato il Trattato di Maastricht, i mercati giudicarono che
alcuni firmatari non avrebbero voluto o potuto dare seguito agli
impegni assunti.
In secondo luogo, l’ombrello a due gambe (Unione europea e Fondo
monetario internazionale) è molto simile a quelli messi in atto alla
fine degli Anni Ottanta (crisi debitoria principalmente dell’America
Latina) e degli Anni Novanta (crisi asiatica e russa): i suoi aspetti
di fondo sono i programmi “di stabilizzazione” e di “riassetto
strutturale concordati” , con condizionalità “incrociata” (da parte delle
due istituzioni) e vigilanza parimenti ”incrociata”.
L’ombrello è stato concepito al Fmi sulla base
Della propria esperienza trentennale in questo campo. Tuttavia, gli ombrelli
degli Anni Ottanta e Novanta prevedevano (nell’ottanta per cento dei
casi) una svalutazione (ossia cambiamento della parità, non un mero
deprezzamento) della moneta del paese in cui si veniva in soccorso,
quasi sempre paesi dotati di significative risorse naturali ed
in grado di essere trainati dall’export per attivare crescita
economica e ridurre il peso del debito. Se i mercati prendono di mira
la Grecia, non solo la svalutazione non può essere attuata (per non
mettere a repentaglio l’unione monetaria) ma dovrebbe essere massiccia perché da oltre dieci anni l’import è, in valore, pari al doppio dell’export. Un quadro analogo, pur se non così
drammatico, presenta il Portogallo, mentre per la Spagna il nodo
principale è sgonfiare la bolla immobiliare. Il tallone d’Achille
dell’Italia (non ancora presa di mira) è il dualismo dell’economia.
A Bruxelles si risponde a questi rilievi ponendo l’accento sul nuovo
patto di stabilità come misura che promuoverebbe un aumento della
produttività e sarebbe alternativa alla svalutazione. Ma l’aumento
della produttività richiede tempi molto più lunghi dei tre anni di un
programma “di stabilizzazione”e dei sei anni di uno di “riassetto
strutturale”. E il rafforzamento del patto potrebbe, tramite le
sanzioni delineate, indebolire i paesi in difficoltà, invece che
rafforzarli.
In terzo luogo, tanto a Washington quanto a Bruxelles l’ombrello viene
visto da molti come una misura-ponte con l’obiettivo di meglio giungere ad un’insolvenza
parziale, ossia una ristrutturazione del debito in maniera
“organizzata” piuttosto che “caotica” .In passato, ciò ha funzionato quando: a) l’impegno di
tutti i partecipanti è stato di lungo periodo (e ci sono legittimi
dubbi che tutti i protagonisti restino in campo per anni, anche a
ragione dei problemi di finanza pubblica di ciascuno); b) si è operato sul cambio (strumento che, come si è detto, non è, nelle condizioni attuali, utilizzabile).
b) la struttura per la gestione dei fondi è stata semplice (Fondo monetario
internazionale, Banca Mondiale da un lato; paese assistito,
dall’altro). Invece, ha mostrato difficoltà quando a Fmi e Banca Mondiale
venivano associate altre istituzioni (banche regionali come
l’Interamericana e l’Asiatica). Ora si tratteggia non una rete di
accordi bilaterali (per la Grecia se metterebbero in piedi dagli 8 ai
18). Rischia di diventare un labirinto per tutti.
Tommaso Padoa Schioppa , in un intervento sul Financial Times , ha affermato, correttamente che ''l'euro resta dalla giusta parte della storia''. Ciò non implica che non si possano pensare modifiche all’unione monetaria. Ad esempio, è in vigore da anni una rete di accordi di cambio per i Paesi dell’Ue che non fanno parte dell’unione monetaria : è necessaria per il funzionamento del mercato unico e prevede “parità centrali” (ossia cambi fissi gestiti collegialmente) con un’ampia fascia di oscillazione (30%). Sarebbe possibile (e ci sono esperienze storiche) un sistema alla Bretton Woods di cambi gestiti collegialmente, con fasce di oscillazione ristrette, attorno ad un nucleo duro. Il cantiere è aperto.

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