LA WRIGHT: UNA CANTANTE FUORI DAL COMUNE
208 pp. Zecchini € 20
Chi è Marjorie Wright, a cui l’Associazione Mario del Monaco e la Rivista Musica hanno conferito, a Venezia, il Leon d’Argento alla carriera? La motivazione sottolinea che è un premio alla “Diva Rinata”. Come mostra l’autobiografia, Marjorie è una “Zia Mame” all’europea Notissima, nel mondo italiano della musica contemporaneo egli Anni 70 ed 80 – ha diviso la sua vita tra la trasteverina Via della Luce e le stradine della Milano antica nei pressi della Scala – è stata per due decenni l’interprete preferita di Dallapiccola, Sciarrino, Panni, Guaccero, Bussotti, Scelsi, Pennisi a ragione della sua capacità di acuti spericolati. Nata nell’Irlanda del Nord, ma culturalmente italianissima, lasciò il Belpaese a ragione di una serie di intrighi nel complicato mondo attorno al Teatro alla Scala. Sperava nel West End, dove finì, invece, a fare la commessa da Harrod’s e la cameriera presso spocchiose “nuove ricche”. Per riemergere, non più come soprano iperacuto, ma come contralto acuto, prima, allietò le crociere di lusso della Queen Elizabeth 2 e poi creò un one woman show (How to Be a Bad Singer) che furoreggia nel Regno Unito.
Il libro è un’arguta autobiografia che, tramite le peripezia di una cantante irlandese di musica “colta” contemporanea, ci porta con mano (e con una buona dose di humour) nel mondo, conosciuto solo dagli addetti ai lavori, della musica contemporanea . Dato che la prima carriera di Marjorie Wright si è svolta principalmente in Italia, il lavoro si svolge in gran parte tra Roma, Milano, Venezia e Palermo (per alcuni anni sede di un importante festival internazionale). E’ un mondo in cui Marjorie , pur soffrendo per gli intrighi, si diverte come una matta e stringe rapporti con tutti i protagonisti del settore. Ci svela, quindi, un’Italia in cui in quelli che sono stati ricordati come i tristi anni della “notte della repubblica”, a Roma c’era un fervore d’innovazione e di sperimentazione pari solo a Darmstadt ed al parigino Ircam.
Le radici di tale fervore affondavano negli Anni 30, come ricordato da Stefano Bigazzi nel libro L’Orchestra del Duce. Allora, il Festival di Musica Contemporanea di Venezia venne creato come risposta polemica al paludato Festival di Salisburgo. Allora, Casella, Malipiero e Dallapiccolla entravano ed uscivano da Palazzo Venezia in quanto il Cav. Capo del Governo pensava (a torto od a ragione) di avere il bernoccolo della musica di avanguardia – glielo riconobbe Stravinskji in persona. Se ne parla poco, ma ancora oggi sperimentazione e contemporaneità hanno vita in Italia: nel 2009, a Roma si sono eseguite più ore di musica contemporanea che a Berlino. Il libro di Marjorie Wright spiega perché.
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