E si potrebbe studiare il modello adottato dall'Austria...
Proposta per l'Europa:
un bilancio che guardi al futuro
di Giuseppe Pennisi Un esito della crisi sui mercati finanziari europei è il riconoscimento, da gran parte dei paesi dell’Ue e di tutti i paesi dell’Eurogruppo, dell’esigenza di una politica economica europea e in particolare di una politica di bilancio europea. Cosa proporre per evitare che si finisca nel trabocchetto di una politica di bilancio che guardi solo o principalmente al breve periodo, e soprattutto che non tenga conto delle esigenze delle nuove generazioni e di quelle future?Si può trarre qualche idea dal metodo per predisporre il bilancio adottato quattro anni fa dall’Austria. Per decenni, la Repubblica austriaca ha avuto in comune con l’Italia la consuetudine di essere governata da coalizioni piuttosto sbrindellate, che hanno portato a disavanzi crescenti di finanza pubblica; prima della crisi finanziaria iniziata nel 2007, l’Austria si è presentata con tassi di crescita attorno al 2% l’anno, inflazione sull’1,8% l’anno e un indebitamento della p.a. che non ha superava il 2% del Pil. Anche adesso, l’Austria offre un quadro incoraggiante: una contrazione appena dell’1,9% del pil nel 2009 e tassi di crescita tra l’1,1% e l,4% per il 2010 e il 2011, nonché un tasso di disoccupazione appena del 5%.Vi ricordate quando, nell’estate 2004, l’allora titolare dl Ministero dell’Economia Domenico Siniscalco adattò all’Italia “il sistema Gordon Brown” (a sua volta ripreso dal programma “per la razionalizzazione delle scelte di bilancio” applicato in Francia dalla seconda metà degli Anni 80)? Non pare che il “sistema Gordon Brown” (basato su “tetti” agli incrementi di spesa) abbia dato gli effetti auspicati.Vediamo in cosa consiste il metodo austriaco, formulato da economisti di livello negli alti ranghi dell’Amministrazione con i Governi di centro-sinistra, ma mantenuto e affinato da quelli di centro destra. Le caratteristiche essenziali sono due: bilanci pluriennali (4 anni); riclassificazione delle poste di spesa. La prima è prevista dalla normativa italiana ma disattesa: il bilancio triennale presentato con la finanziaria è diventato una formula di stile in quanto il dibattito nel Governo e tra Governo e Parlamento si concentra unicamente sul primo dei tre anni. La seconda consiste nel classificare le poste di bilancio in grandi aggregati, più importanti (ai fini e della comunicazione e delle scelte politiche) dei due tradizionali – di parte corrente ed in conto capitale: le spese per il passato (ad esempio, interessi sul debito, pensioni), le spese per l’esistente (stipendi e acquisti di beni e servizi per la p.a.); le spese per il futuro (infrastrutture, istruzione, ricerca). Il programma contiene obiettivi annuali sia per restare nei vincoli europei sia soprattutto per aumentare il terzo punto, contenendo invece i primi due. Qualsiasi emendamento alla finanziaria viene immediatamente quantizzato (l’informatica lo rende facilissimo) in termini di implicazioni sulle tre grandi categorie, in modo che chi vuole privilegiare l’esistente o il passato (rispetto al futuro) se ne assume, in piena trasparenza, la responsabilità. In seno al Governo, in Parlamento, e di fronte all’opinione pubblica. I risultati? La proporzione (sul totale) delle spese per il passato è diminuita non solo grazie ai bassi tassi di interesse (frutto dei mercati più che di scelte pubbliche), ma anche a una drastica riforma delle pensioni (chi si opponeva veniva indicato come “anti-futuro”). Pure le spese per l’esistente sono state contenute: ora meno della metà dei dipendenti pubblici sono “funzionari” con contratti sino alla pensione con conseguente flessibilità. Sono aumentate, invece, quelle per “il futuro”, soprattutto infrastrutture e ricerca. Merita una proposta articolata da presentare in seno all’Ue?
11 maggio 2010
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