ECCO L’UNICA SOLUZIONE ANTI-INCENDIO
Giuseppe Pennisi
Manifestazioni violente a parte è molto probabile che molti cittadini greci e non solo, al momento, si stiamo chiedendo chi ci rimetterà dall’accordo raggiunto tra Fondo monetario internazionale , da un lato, e Grecia. E’ utile per questo fare ricorso all’analisi dei costi e dei benefici estesa a quelle che gli economisti chiamano le “opzioni reali”, ossia alle opportunità ed ai trabocchetti (o “opportunità negative”) che l’accordo implica per le politiche, e per tutte le principali parti in causa.
Il maggior beneficiario non sarà la Grecia e neanche l’unione monetaria europea, ma le banche (francesi, tedesche e greche, in quest’ordine) le cui casse sono gonfie di obbligazioni emesse dal Tesoro dell’Ellade (o da banche ed aziende a partecipazione statale), la cui valorizzazione, è già aumentate a ragione dell’annuncio dell’intesa e crescerà ulteriormente quando l’accordo verrà concluso definitivamente. Il secondo beneficiario sarà il Governo Papandreu: un’analisi di circa 140 Paesi, in un arco di tempo che va dagli Anni Cinquanta all’inizio di questo secolo, indica che, di norma, 18 mesi dopo un’insolvenza alle scadenze del debito,l’Esecutivo passa il testimone e viene sostituito o da un Governo tecnico o da una nuova coalizione (spesso in seguito ad elezioni anticipate). Il Portogallo e la Spagna non sono tra i beneficiari poiché l’intesa non evita il contagio ; al contrario, con 110-120 miliardi di euro assegnati ad Atene su un arco di tre esercizi finanziari, diminuiscono, nella percezione dei mercati, le risorse potenzialmente disponibili per altri salvataggi, nei confronti delle cui obbligazioni si rivolgerà l’attenzione di coloro che ne temono un tracollo.
I costi graveranno principalmente sulle spalle (e nella tasche) dei grechi che dovranno assorbire un pesantissimo programma di stabilizzazione. Graveranno anche sui contribuenti dei Paesi che partecipano al salvataggio. Il trabocchetto principale consiste nel fatto che gli aiuti possono soprattutto avere l’effetto non di evitare ma di ritardare l’insolvenza – secondo un copione che si è già visto nel caso dell’Argentina. Se il Governo di Atene non sarà in grado di tenere la piazza – non dimentichiamo che gli ammortizzatori sociali ora in vigore nella Repubblica proteggono quasi soltanto i ceti medi e medio bassi e non i più poveri-, la Grecia potrebbe fare marcia indietro sul programma di stabilizzazione o diluirlo con l’esito di un’insolvenza domani ancora più amara di quella di un’insolvenza oggi: chi ha obbligazioni greche, si ricordi dei tango bonds. Il risultato complessivo sarebbe gravissimo per l’intera unione monetaria: dalla fine della seconda guerra mondiale, l’unione monetaria europea è la sola ad essere stata partorita, mentre sono defunte le aree della sterlina e del franco (in pratica, due unioni monetarie) e le unioni monetarie dell’Africa Orientale , della Malesia e Singapore, dell’ ex-Urs, nonché quelle, unilaterali, tra gli Stati Uniti ed Argentina, tra gli Stati ed alcuni Paesi dei Balcani e tra gli Stati Uniti ed alcuni Stati dell’America centrale che avevano adottato il dollaro Usa come loro moneta. Per restare ai casi più noti.
Ci sono ancora alternative per evitare il peggio: la più concreta consiste in una ristrutturazione del debito (in pratica un’insolvenza parziale) basata su un programma di riassetto strutturale sostenuto da fresh money (quale il prestito internazionale). Un riscadenza mento di tre-cinque anni , comporterebbe una perdita in conto capitale del 30%-40% circa a chi ha scommesso sulle obbligazioni greche e servirebbe da monito a Portogallo e Spagna (ed a chi si gingilla con i loro titoli); sarebbe un deterrente al contagio. In parallelo, il programma di riassetto strutturale e la fresh money verrebbero diretti a curare il profondo male oscuro della Grecia:la bassa produttività, e del lavoro e del capitale. Verrebbero potenziati investimenti ed occupazione , rendendo più facile fare ingoiare la pillola delle misure di austerità.
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