CLT - Teatro / “Le pulle” di Emma Dante tra squallore e poesia
Roma, 18 gen (Velino) - Con “Le pulle”, Emma Dante - la discussa regista della “Carmen” scaligera sulla scena da una quindicina d’anni e da una dozzina alla guida di una sua compagnia, la “Sud Occidentale” - ha ottenuto una vera e propria consacrazione anche all’estero. Coprodotto con il Théâtre du Rond Point di Parigi e il Théâtre National di Bruxelles, oltre che con vari teatri italiani (tra cui il Mercadante di Napoli, il Valle di Roma, e il Dell’Arte di Roma), lo spettacolo è uno dei primi concepito per un pubblico internazionale. E che la vocazione del lavoro non sia di rivolgersi a un pubblico esclusivamente italiano, lo dimostra il ruolo relativamente ridotto del dialogo e dei monologhi, pronunciati in un palermitano così peculiare che gli stessi siciliani hanno difficoltà a comprendere: più delle parole, ha significato il senso generale dei suoni emessi dagli attori. Questi ultimi, a loro volta, più che recitare giocano con i loro corpi, più o meno vestiti: corpi che vengono esibiti, scomposti, ricomposti, trasformati con sovradimensionati simboli fallici. I movimenti mimici e gli accenni di danza sono accompagnati da musica classica registrata su nastro (i momenti più languidi, e più ambigui, del “Lago dei Cigni” di Tchaikovsky) e da canzoni, sia in dialetto sia in italiano, su musiche di Gianluca Porcu (in arte Lu). L’ambizione è di creare “teatro totale” che ricorda più quello di Pina Bausch che quello di Bertold Brecht. Curiosamente, infatti, nonostante la sicilianità che intende avere, lo spettacolo è molto simile a quello che si vede in certi teatri di Berlino (la Neue Oper o lo stesso Magazine della Staatsoper unter Den Linden) dove si vuole attirare pubblico nuovo, e giovane, a spettacoli musicali differenti da quelli di stile anglosassone.
Ma chi sono “Le Pulle” del titolo? In palermitano, il termine è uno di quelli utilizzati per indicare le prostitute, anche se meno frequente, del più usato “buttane”. Emma Dante non sarebbe se stessa se il lavoro trattasse delle donnine che la sera si incontrano nei viali semi-periferici della città e mette in scena protagonisti “masculi” vogliosi di diventare donne. Travestiti, transessuali e viados che in un bordello dalle tende di damasco narrano e rappresentano lo squallore del loro quotidiano, raccontando come vennero sodomizzati appena adolescenti e sognando una vita “normale”, al femminile, con pure matrimoni (con uomini belli e borghesi) in grande stile. Con l’aiuto di tre protettrici - la fata danzate, la fata cantante e la fata parlante (sotto la guida della fata delle fate, Mad, interpretata dalla Dante in persona), i protagonisti vedono, nel sogno, realizzate le loro aspettative e la loro trasformazione al femminile. Brevi monologhi si alternano a canzoni e a momenti di danza e di movimenti mimico-acrobatici puri. La musica, la mimica e il ballo sono più importanti dei monologhi e delle battute (in cui il suono ritmico ha più rilievo del significato puntuale delle parole). Uno spettacolo che non vuole essere, nella classificazione di George Bernard Shaw, teatro in musica “gradevole”. Anzi è apertamente “sgradevole”, pur se con momenti intrisi di poesia, che mostrano come la Dante sia più adatta a questo genere di teatro, dove ormai ha un pubblico molto fidelizzato, che alle sperimentazioni messe in scena con la “Carmen”.
(Hans Sachs) 18 gen 2010 11:23
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