Il Rossini Opera Festival (ROF) compie 30 anni. Ma non è programmata nessuna grande festa. Al pari di altri festival (e di molte attività di spettacolo dal vivo), il 2009 è anno di restrizioni di contributi pubblici, a ragione della severa crisi dell’economia reale e del vero e proprio tracollo delle entrate dello Stato, delle Regioni e degli enti locali. Il Festival (9-20 agosto) n propone un programma in economia- alcuni artisti hanno rinunciato ai loro abituali cachet pur di permetterne la realizzazione: tre opere (oltre all’immancabile “Viaggio a Reims” affidato ai giovani dell’Accademia Rossiniana), di cui la ripresa di un allestimento di successo (“Le Comte Ory”) e dei due nuovi allestimenti (“Zelmira”, “La Scala di Seta”), il secondo annunciato in una produzione al risparmio. Si è dovuta posporre all’estate 2010 la “prima” in tempi moderni di “Sigismondo”, la sola opera di Rossini mai rappresentata dal 1814 quando debuttò, con scarso successo a La Fenice (si conta qualche ripresa, più o meno modificata, sino al 1827).
Se non è tempo di feste, lo è di bilanci. Il ROF ha avuto, in questi tre decenni, alcuni meriti indubbi: a) ha fatto conoscere il “Rossini serio” (sino alla fine degli Anni 70 si rappresentavano quasi esclusivamente le sue opere comiche, quasi sempre in edizioni spurie con vocalità marcatamente differenti da quelle concepite dell’autore); b) ha creato un’Accademia da cui è uscita una scuola di cantanti rossiniani e di belcantisti italiani ed internazionali (sino a 30 anni fa, i belcantisti erano prevalentemente americani, frutto delle Schools of Music Usa) ; c) ha diffuso il repertorio Rossiniano in tutto il mondo , anche “figliando” un festival parallelo in una stazione termale nella Foresta Nera; d) ha posto Pesaro tra le capitali della musica estiva – il 70% del pubblico è straniero ed è molto fidelizzato – a fine giugno erano già venduti il 90% dei biglietti disponibili.
A questi bilanci artistici (e di marketing territoriale) importanti, corrisponde l’elevato tasso di finanziamento pubblico , nonostante l’attivazione di una rete di banche ed imprese sia nazionali sia locali . E’ probabile che i contributi pubblici diventeranno ancora più scarsi in futuro a ragione della prevedibile lenta ripresa dalla recessione e che, dunque, il Festival debba sempre più contare su condivisione di costi con altre manifestazioni ed altri teatri (quindi, co-producendo anche e soprattutto a livello internazionale) e su una maggior apporto dei privati. Occorre pensare che mentre il Festival di Salisburgo ha un tasso di finanziamento pubblico pure superiore a quello di cui fruisce il ROF, i Festival di Aix-en-Provence e di Glyndebourne vivono con contributi pubblici che, nel caso del primo, non superano un terzo del budget totale ed, in quello del secondo, sfiorano appena il 15%. Le produzioni di Aix (quasi sempre co-prodotte da almeno tre-cinque teatri) sono concepite per essere facilmente adattate a palcoscenici e sale differenti. Fonti importanti dei proventi di Glyndebourne sono la tournée autunnale in tutto il Regno Unito, i proventi da diritti televisivi e DvD , ed il noleggio di produzioni (Le Scala ne ho prese in fitto alcune anche dieci anni dopo la loro prima rappresentazione nella campagna del Sussex, dove ha sede Glyndebuorne). Sarebbe utile esplorare sempre più queste strade.
Inoltre, varrebbe la pena di aggiornare – anzi di rifare con tecniche di analisi ormai d’impiego corrente (quale quella delle valutazioni contingenti ) - un lavoro di diversi anni fa dall’Università di Urbino sull’impatto economico del ROF sul territorio; altri Festival – ad esempio, Ravenna , Ravello – si stanno attrezzando in questo modo per mostrare sia alle pubbliche amministrazioni sia a sponsor privati se e quanto rendono (alla collettività) i loro finanziamenti.
Alla vigilia, quasi del ROF, una polemica musicologica ha lasciato a molti la bocca amara: uno dei maggiori specialisti rossiniani, l’americano Philip Gosset e la Fondazione Rossini hanno avuto un burrascoso divorzio . L’edizione critica dei lavori del pesarese viene ora pubblicata dalla tedesca Bärenreiter-Verlag. In una lettera a tutti gli iscritti all’Associazione critici musicale, Gosset lamenta che non gli viene dato accesso alla biblioteca rossiniana per continuare i suoi studi. Un chiarimento potrebbe essere utile a tutti.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento