Rof, con “Le Comte Ory” l’erotismo di Rossini sbarca a Pesaro
Roma, 17 ago (Velino) - Nel suo ultimo bel libro su Gioacchino Rossini, Giovanni Carli Balolla parla di esprit de finesse, per riferirsi a “Le Comte Ory”, ultima delle tre opere in programma a Pesaro all’edizione 2009 del Rossini Opera Festival. In modo più greve, il compianto musicologo americano, Paul Hume, definì il lavoro “un’erezione che dura circa due ore un quarto”. Hanno ragione entrambi: “Le Comte Ory” è l’ultima opera sfacciatamente erotica composta da un italiano prima del lungo silenzio dei sensi del melodramma verdiano, conclusosi con la pucciniana “Manon Lescaut” al tramontare dell’Ottocento. Nel 1828, il trentasettenne ma già bigotto Rossini aveva testosterone da vendere e, pur se politicamente reazionario, ne faceva buon uso in quella Parigi dove avrebbe vissuto gran parte della propria avventura umana. Rossini utilizzò un libretto ispirato a una boccaccesca novella medievaleggiante. Ai tempi delle crociate, il conte Ory le prova tutte per portare sotto le lenzuola la casta Adele, che attira anche l’adolescente paggio Isolier. A tal fine, si traveste prima da eremita, poi da monaca allo scopo di potere entrare in un castello le cui porte gli sono state serrate a tripla mandata anche a ragione della cattiva fama che si è fatto. Proprio quando crede di essere giunto al dunque, finisce, nel buio della notte, in un letto in cui Adele è già con il paggio Isolier. Nella confusione amoreggia con il giovanotto, che non gradisce, proprio mentre tornano a castello mariti e fidanzati delle donne che l’erotomane Ory e i suoi scudieri avrebbero voluto possedere.
Il Rossini Opera Festival ha riproposto un allestimento del 2003, co-prodotto con il Teatro Comunale di Bologna. Il regista Luiss Pasqual trasporta la vicenda a inizio Novecento, in un party dove ragazzi e ragazze in smoking e abito da sera rappresentano l’opera. Se sei anni fa la scelta venne trovata discutibile, oggi sembra più funzionale al profumo di eros che si avverte dalla prima all’ultima nota. Resta però ancora impresso nella memoria, l’allestimento firmato Pier Luigi Pizzi per il Rossini Opera Festival 1984, visto anche al Teatro dell’Opera di Roma, in cui il Medioevo bigotto ma peccaminoso veniva evocato con grande economia di mezzi. Rossini, ormai prossimo a quella pensione d’anzianità con clausola oro che, dopo una lunga vertenza giudiziaria, ottenne a 38 anni, guarda con ironia al mondo e, quindi, anche all’eros che sprizza gioioso da ogni accordo. Il conte Ory è tanto parigino quanto marchigiano: uno di quei ragazzi con maglietta firmata, acquistata in una boutique elegante della “Pesaro che può”, che va in spiaggia con l’unico scopo di rimorchiare. Pasqual dispone di un gruppo eccellente di cantanti attori e di un maestro concertatore di grande classe, il veterano Paolo Carignani. L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e il sempreverde Coro di Praga fanno faville.
Il vero trionfatore della serata nel ruolo di Ory, che sei anni fa contribuì a lanciare Juan Diego Flórez, è un tenore di agilità cinese giovanissimo e mingherlino: Yijie Shi. Nonostante per gran parte del secondo atto sfoggi mutande di lino, non sapremo mai se ha la robustezza muscolare evocata da Paul Hume. Shi ammalia con vocalizzi virtuosistici, “do” di petto e “sì” naturali, ha una dizione francese splendida ma è ancora una promessa, un po’ nasale e con un torace ancora troppo piccolo. Nei prossimi anni vedremo come maturerà. Adele è una Maria José Moreno spigliatissima sia nella recitazione sia nella vocalità. Utilizza il registro molto ampio e la coloratura per essere tutta ammiccamenti, ma la sua dizione francese è scarsamente comprensibile e pare che per omaggio a Shi canti in cinese. Il paggio Isolier è Laura Polverelli, perfetta nel travestimento da adolescente e agilissima soprattutto a correre verso le note gravi. Roberto De Candia, vecchia volpe del Rossini Opera Festival, è il precettore Raimbaud che in modo sornione ha fatto del conte un esperto erotomane. Molte risate e molti meritati applausi. Ce ne sarebbero stati di più se lo spettacolo fosse stato sovratitolato e si fossero compresi i dialoghi e i giochi di parole.
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