mercoledì 12 agosto 2009

ORO SCATENATO, Il Foglio 12 agosto

ORO SCATENATO

Giuseppe Pennisi

La tassazione delle plusvalenze sulle riserve auree di Bankitalia ha due aspetti. Da un lato, vale una chiacchierata da spiaggia. La norma stipula che l’imposta scatterà unicamente “con il consenso della Banca centrale europea” (Bce), il cui Presidente, l‘Ing. Jean-Claude Trichet ha già pronunciato un “no”, chiaro e secco, senza neanche porre la questione all’ordine del giorno del Consiglio dell’istituto. Ove gli organi deliberanti della Bce avessero dato il “consenso”, il gettito non avrebbe superato i 300 milioni di euro. Le plusvalenze sono tassate ovunque quando appaiono in bilancio ma ciò non comporta la vendita di parte del cespite su cui è esatta l’imposta; non si vende la propria casa (o parte di essa) ogni volta ne viene modificata la rendita catastale (a fini di Ici o simili). I 300 milioni d’imposta non verrebbe necessariamente finanziati dal contribuente (Bankitalia nel caso specifico) non vendendo oro (per pagare il fisco), ma verosimilmente utilizzando altre risorse – liquidità, riserve valutarie e via discorrendo- di cui Via Nazionale dispone.
Da un altro lato, c’è un aspetto più sottile. La misura inclusa tra i provvedimenti anti-crisi è un grimaldello a cui guardano con interesse (e simpatia) molti Governi dell’area dell’euro. Di converso, vi guardano con inquietudine, più di un istituto del Sistema europeo di banche centrali (Sebc), che ha il proprio perno nella Bce. E’ un grimaldello politico per ricordare a tutti che le responsabilità di uscire dalla crisi (e di non entrarne in un’altra) è in primo luogo dei Governi, eletti dal corpo elettorale, e non di banchieri centrali, nominati o dagli Esecutivi oppure con il gradimento di questi ultimi. Il “no” di Trichet era atteso in quanto , nell’unione monetaria, l’oro “detenuto” dall’insieme del Sebc è una risorsa comune. Quindi, con un “sì” la Bce indebolirebbe sé stessa non Bankitalia. “Detenuto”, però, non vuole dire averne titolo di proprietà. Al contrario, le regole europee sulla contabilità economiche nazionale specificano che “le riserve non sono di proprietà delle Banche centrali ma delle Nazioni”. Sul termine e sulla maiuscola, insistette molto, all’epoca, la delegazione francese. Sono “detenute” in nome e per conto delle Nazioni di cui, in democrazia rappresentativa, i Governi sono espressione.
E’ saggio che, da un canto, i Governi si indebitino sino al collo e, dall’altro, nei caveau del Sebc si tesaurizzino lingotto per circa 350 miliardi d’euro? Tale ammontare d’oro non serve a sorreggere un valore internazionale dell’euro, da molti giudicato sin troppo alto. Non è affatto essenziale a frenare un’inflazione giunta a livelli impercettibili. E’ un’arma luccicante che potrebbe essere utilizzata meglio ad altri fini.
E questo quesito che il codicillo, tanto voluto da Giulio Tremonti nel decreto legge pone sul tavolo non del Sebc (che un interesse di parte, pur se legittimo) ma dei Ministri economici e finanziari dell’Eurogruppo. Con parole differenti, ma con contenuti analoghi, il Presidente della Francia, Nicolas Sarkozy pone la stessa domanda dal giorno in cui è entrato all’Eliseo. Indicazioni dello stesso tenore vengono dalla Cancelleria di Berlino nei confronti dell’accoppiata Bunesbank-Bce sulla sponda del Meno.
Quando ne parleranno i Ministri dell’Eurogruppo? Forse già in settembre, prima dell’assemblea annuale di Banca mondiale e Fondo monetario e del G20 di Pittsburgh.

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