PRIMA DELLA SCALA 2016/
"Madame Butterfly" di Riccardo Chailly inaugura la stagione milanese
Pubblicazione:
giovedì 8 dicembre 2016
Foto Brescia/Amisano © Teatro alla Scala
NEWS Musica
IL 7
dicembre la stagione 2016-2017 del Teatro alla Scala è stata inaugurata
con la prima versione di Madama Butterfly,quella ritirata
dopo il fiasco del 17 febbraio 1904. E’ una Madama Butterfly che pochi
conoscono.
In effetti,
l’edizione ‘di riferimento’ nel senso di quella più rappresentata non è neanche
come molti ritengono quella rappresentata alcuni mesi dopo, con alcuni
adattamenti (quale l’aria del tenore, intrisa di rimorso, Addio, fiorito
asil al terzo atto); trionfò al Teatro Grande di Brescia ma quella
successiva predisposta per il Théâtre des Italiens a Parigi la sala della
capitale francese dove le opere italiane venivano eseguite in lingua originale.
Non è questa
la sede per ricostruire il travagliato percorso dall’atto unico di Belasco alle
varie versioni dell’opera (sino a quella definitiva del 1906): un saggio di
Mario Bortolotto (non certo un pucciniano) di circa trent’anni fa lo fa
con ricchezza di dettagli e riporta ampi stralci della versione 1904,
difficilmente trovabile ma il cui libretto è stato pubblicato in edizione
anastatica in occasione di questa versione scaligera.
Credo di
essere uno dei pochi ad avere visto l’opera nella versione originale del 1904
in due occasioni; a Boston negli Anni Settanta ed alcuni anni fa al festival
pucciniano di Torre del Lago (accostata, però, a quella del 1906 che viene
messa in scena correntemente).
La parte
musicale ha qualche punto di differenza con la versione ‘di riferimento’
del 1906. Sono, per lo più, aspetti che interessano i musicologi. Le divergente
maggiori riguardano il libretto e svelano un Puccini che pochi conoscono.
Pinkerton sembra non solo un gaglioffo ma anche un razzista. Nonostante
le autorità nipponiche, tramite la loro Ambasciata, abbiano fatto arrivare il
loro assenso alla “tragedia” (si era rivolti a loro essenzialmente per dettagli
tecnici su rituali e simili), le battute “comiche” escogitate per alleggerire
“la tragedia” sono di questo tono: Nomi di scherzo o scherno. Io li
chiamerei muso primo, secondo e terzo’……..’Capisco un Bonzo è un gonzo’…..’qua
i tre musi. Servite/ragni e mosche candite/ nidi al giulebbe e quale/ è licor
più indigesto/ e più nauseabonda liccornia della Nipponeria’.
Si potrebbe
continuare, Pinkerton, e Sharpless ,che non lo ferma in questa ondata di battute
di gusto cattivo e razzista, si sentono chiaramente superiori agli asiatici (i
parenti di Cio-Cio-San si buttano letteralmente sul banchetto). E la
protagonista? E’ una prostituta bambina: sa che per lei Pinkerton ha pagato
l’elevato cifra di 100 yen; quindi, deve fargli davvero piacere.
Siamo anche
temporalmente vicini all’Italia di Tripoli bel suol d’amore! ma
Pinkerton non ha una missione di civilizzazione (come credevano parte di coloro
che navigavano verso la quarta sponda) e, al suicidio della “sposa giapponese”
ed alla presa in affido del bambino, non prova nessun rimorso. Come
dette, l’aria contrita Addio, fiorito asil venne aggiunta per la
successiva edizione di Brescia.
In effetti,
non so se Puccini fosse razzista, ma era un artista che amava l’ordine e non
vedeva di buon occhio società differenti dalla sua. Ciò spiega perché
negli anni in cui si preparava quella che sarebbe stata la Prima Guerra
Mondiale ed anche dopo lo scoppio del conflitto sarebbe stato favorevole,
abbastanza apertamente agli Imperi Centrali. Ciò spiega ancor di più perché
prese la tessera No 2 del Partito Nazionale Fascista in seguito a lungo
incontro con Benito Mussolini a Palazzo Venezia.
La parte
importante della edizione scaligera è come Alvis Hermanis (regia), Riccardo
Chailly (maestro concertatore) e gli interpreti tutti tratteranno la delicata
materia.
Andiamo in
primo luogo alla regia di Hermanis e come il suo ‘creative team’ hanno
affrontato il problema. Più che al teatro Kabuki, come scritto da diversi
giornali, Hermanis, Leila Fteita Kristine Jurjäne e Gleb Filshtinki , Alla
Sigalova, Ineta Sipunova (scene, costumi, luci, coreografia, video) hanno come
riferimento le giapponeserie del periodo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio
del Novecento.
E’ una
soluzione eccellente in quanto mostrando il Giappone ‘dalla parte degli
europei’ si giapponese’ appare in una lettura quasi surreale, come vista
dall’esterno, da un esterno in cui si è affascinati dal Giappone ma non se ne
comprende bene il lato più importante e più intimo. E’un lettura coerente in
quanto Puccini, a sua volta, si basava un atto unico (all’epoca molto di moda)
dell’americano David Belasco (che conosceva il Giappone di maniera) e sul
libretto dei Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, due mestieranti della
professione. L’impatto visivo e senza dubbio straordinario.
La bacchetta
di Riccardo Chailly pone anch’essa la ‘tragedia giapponese’ nel clima musicale
dell’epoca: si sta affilando la ‘seconda scuola di Vienna’, Strauss, con Elektra e Salome ,
sta rivoluzionando la ‘scrittura musicale (non dimentichiamo che Puccini si
considerava culturalmente vicino agli ‘Imperi Centrali) ed alla loro musica).
Si avvertono echi straussiani nelle dissonanza, nella mancanza di veri e propri
numeri musicali ‘all’italiana’ ( se si eccettua Un bel dì vedremo), nell’approccio
alla ‘musica nuova’ guardando al di là delle Alpi.
Eccellente
Maria Josè Siri nel ruolo della protagonista. Perfetta nella emissione e
davvero commovente nella seconda parte quando comprendere di essere stata
beffata e che per il bene del figlio deve dare ciò a lei più prezioso alla
‘nuova’ moglie americana di Pinkerton.
Di grande
esperienza lo Sharpless di Carlos Älvarez. Molte attese per l’americano Bryan
Hymel, noto oltre oceano per le suo esperienza belcantiste; ci offre un
Pinkerton piuttosto tradizionale. Di grande impatto, invece, Annalisa Stroppa
nel ruolo struggente di Suzuki.
In breve un
eccellente spettacolo che riscatta alcuni entusiasmanti Sant’Ambrogio
scaligeri.
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