IL CASO/ L'Opera politica contemporanea può far rinascere la Lirica anche in Italia?
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Sarà l’opera ‘politica’ contemporanea – legati a fatti di cronaca politica - a
portare le giovani generazione in teatro e fare rinascere la lirica? E’ domanda
da porsi guardando i cartelloni stranieri.
L’America è forse il Paese dove l’opera tratta da ‘casi politici’,
spesso basati su romanzi ispirati alle cronache giornalistiche, ha avuto
maggior presa. Si pensi ai lavori del Carlside Flyod, la cui Sussanah è
l’opera americana più rappresentata dopo Porgy and Bess ed il cui Willie
Starl, basato sull’ascesa e crollo di un Governatore della Lousisiana
(ispirò anche un film famoso degli Anni Cinquanta, Tutti gli uomini del Re).
Oppure a John Adams, i cui Nixon in China, The Death of
Klinhoper, El Niño, Doctor Atomic, pur se raramente visti in Italia, sono
successi mondiali. Oppure ancora a Phillip Glass i cui Einstein on the
Beach e Sathyagraha hanno un forte richiamo di pubblico (e sono
apprezzati dalla critica) e trattano di tempi politici correnti.
a rinascita della lirica inglese è in gran misura legata a Thomas
Adès (classe 1971) diventato famoso a soli 24 anni mettendo in scena Powder
her Face che si riferiva esplicitamente ad un noto ‘fattaccio’ di sesso e
politica.
E in Francia? Oscar Strasnoy, nato in Argentina, ma formato in
Francia ed ora residente di Berlino, ha fatto faville specialmente in Midea
Dos, premiata a Spoleto ma vista una unica sera a Roma e con El
Regresso (dopo il cui debutto ad Aix-Provence nel 2005 è circolata
in quasi tutto il mondo). El Regresso narra il dramma di un
ragazzo di estrazione borghese, fatto rifugiare dai genitori in Francia durante
la dittatura militare, e tornato dopo anni in Argentina con le sue
difficoltà, anche solo dialogare con i compagni di un tempo.
In Italia, opere come Salvatore Giuliano di Lorenzo
Ferrero e Senso di Marco Tutino (nonostante il grande successo della
seconda al Teatro Massimo di Palermo) sono subito sparite dalla circolazione.
Alcuni esperimenti su temi come gli immigrati e la mafia al Teatro Lirico
Sperimentale di Spoleto hanno retto solo per un paio di repliche,
Potrà l’opera sulla vita ed il disegno politico (non il rapimento,
la prigionia e la morte) di Aldo Moro – Un infinita primavera attendo di
Daniele Carnini e Sandro Cappelletto?
Un'infinita
primavera attendo,commissionata
dall’Accademia Filarmonica Italiana con il supporto dell’Enciclopedia Italiana
e di Errebian, si può augurare un miglior destino. Non solo il Teatro Palladio
era esaurito (e con molti giovani) la sera della prima, ma ne verrà tratto un
DvD che verrà mostrato sui principali canali televisivi e nelle scuole.
Richiede un piccolo organico e – mi auguro - verrà ripresa, se non
immediatamente da teatri lirici, da associazioni filarmoniche locali o società
di amici per la musica sparse per tutta Italia. Sarebbe perfetta , al esempio,
al Teatro Lauro Rossi di Macerata o portata al Teatro Nazionale di Roma.
La vicenda
tratta di Aldo Moro alla ricerca di nuova e più stretta coesione tra gli
italiani tramite il compromesso storico; è scandita un prologo
orchestrale (ottimo l’ensemble della Università Roma III
diretto da Gabriele Bonolis), otto scene ed un epilogo (in 70 minuti senza
intervallo). I personaggi sono stilizzati (ilPresidente, l’Intellettuale, la
Segretaria e così via), la linea vocale va dal declamato all’arioso (a
differenza, tanto per citare del neoromanticismo di Flyod e della fusione tra
ritmi latino-americani ed elettronica di Strasnoy). L’orchestra, ancorché
un piccolo ensemble, si giustappone alla semplice linea vocale
(necessaria anche per fare comprendere i dialoghi) è ricca di impasti e di
atmosfere. Efficace la regia di Cesare Scanton. Buone tutte le voci, tra cui
primeggia Daniele Adriani nel ruolo di Aldo Moro.
E’ un
filone che va sostenuto; da un lato , ‘svecchia’ potandolo su temi
d’attualità; da un altro, la decantazione musicale permette di entrare in aree
dove la cronaca e la stessa saggistica non riescono ad accedere.
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