TREDICI TEATRI PER UN DON PASQUALE
Beckmesser
Quando si pensa all’economia dei teatri lirici la mente va immediatamente
ai pozzi senza fondo- ossia ai disastri finanziari a cui sono ormai collegati i
nomi di alcune fondazioni. Non si pensa né a quelle che hanno o stanno attuando
una vera svolta (ad esempio il Teatro dell’Opera di Roma o La Fenice di
Venezia) oppure alla buone notizie che vengono da teatri ‘di tradizione’
sostenuti da enti locali o da operazioni puramente private che sanno coniugare
originalità ed economicità
In questi giorni , una buona notizia riguarda alcuni
teatri di tradizioni che hanno in Jesi, luogo di nascita non solo di Federico
Secondo ma anche di Pergolesi e di Spontini. In primo luogo, la Fondazione
Pergolesi Spontini, di Jesi e per il nono anno consecutivo chiude in bilancio
pareggio: 9 Stagioni Liriche di
Tradizione del Teatro Pergolesi di Jesi e 14 edizioni del Festival Pergolesi
Spontini per un volume d’affari complessivo di circa 55 milioni e 200 mila
euro,
senza nessun deficit.
Dal Bilancio Sociale 2014
emerge che l’anno scorso gli eventi
organizzati sono stati 173, gli spettatori sono stati 47.863, le giornate di
utilizzo dei teatri 487 (di cui 173 giornate di apertura per spettacoli/eventi
vari e 314 per prove/allestimenti). Le maestranze contrattualizzate per le
produzioni liriche curate dalla Fondazione sono state 973, di cui 450 le
maestranze artistiche (Festival Pergolesi Spontini 107, Lirica di Tradizione
343), 500 quelle tecniche (Festival 179, Lirica 321) e 23 gli addetti
all’organizzazione, per un totale di 20.117 giornate lavorative erogate. I
fornitori di beni, servizi e prestazioni professionali (artistiche, tecniche,
scientifiche) nel 2014 sono stati 418, di cui 159 provenienti dalla Vallesina,
93 dalle Marche, 140 dall’Italia e 26 fornitori dall’estero. Grande impulso è
stato dato al Laboratorio scenografico della Fondazione che ha registrato lo
scorso anno 98 giornate di apertura e 233 giornate lavorative per 10
lavoratori. Infine, 12.400 studenti di ogni ordine e grado, dalla scuola
dell’infanzia alla scuola secondaria di II grado, sono stati coinvolti in
progetti educativi (Ragazzi… all’Opera, 6+ in lirica, ecc.) o hanno partecipato
con la propria classe o la propria famiglia agli spettacoli di teatro per
ragazzi e giovani. La Fondazione ha trovato una formula: stretta collaborazione
con il Teatro delle Muse di Ancona e con il Circuito Lirico Lombardo per ‘la
stagione lirica’ in senso stretto (sette titoli – la metà di quelli della
Scala, il principe dei teatri d’opera italiana) ed un breve festival
principalmente cameristico per gusti raffinati.
In secondo luogo, questi risultati si sono ottenuti
grazie alla politica di collaborazioni con enti simili e di coproduzioni su cui
ha sempre insistito l’amministratore delegato della Fondazione, William
Graziosi. Dall’11 al 15 novembre nell’elegante Teatri Pergolesi della città
marchigiana si può vedere un Don Pasquale
(le cui scene ed i cui costumi sono stati manufatti dai laboratori jesini)
ma è che è coprodotto con ben altri 12 teatri- quattro della Lombardia( Teatro “G. Donizetti” di Bergamo,
Teatro Sociale di Como, Teatro “A. Ponchielli” di Cremona, Teatro “G.
Fraschini” di Pavia ) ed otto francesi (Centre lyrique Clermont-Auvergne (Opéra de Saint-Etienne,
Opéra de Limoges, Opéra du Grand Avignon, Opéra de Massy, Opéra de Reims, Opéra
de Rouen, Opéra de Vichy). L’allestimento vede sul podio Giuseppe La
Malfa, una delle giovani bacchette più promettenti (che ha già ottenuto
successi , oltre che in Italia, in Germania, Grecia, Cina, Egitto e Francia) ed
un veterano dl ruolo come Paolo Bordogna come protagonista, oltre ad
un’affiatata compagnia di giovani voci.
La strepitosa facilità creativa di Gaetano Donizetti
trova in quest’opera, nell’equilibrio perfetto tra gli elementi comici,
melodici e la leggerezza dei personaggi, la sua forma più compiuta e originale
che ha reso Don Pasquale l’opera maggiormente rappresentata all’estero,
ancor più che in Italia, di Donizetti.
E’ utile ricordare che al "Théâtre des Italiens” parigino, il 3 gennaio 1843, (“prima”
mondiale del lavoro) il ruolo di “Don Pasquale” era interpretato da Luigi
Lablache, che maturo ma prestante, con altri due interpreti della serata-
Giulia Grisi e Antonio Tamburini- aveva portato al trionfo “I Puritani di
Scozia” di Vincenzo Bellini. Il libretto firmato da Giovanni Accursi (ma in
realtà di Giovanni Ruffini) , inoltre, è chiaro: Don Pasquale, zitello sulla
quarantina, è ancora “ardito” (sessualmente, parlando), sente “un foco
insolito”, si “strugge d’impazienza” al pensiero di “prender moglie”. In
effetti, l’età dei quattro personaggi del capolavoro di Donizetti è più o meno
la seguente: Don Pasquale è sulla quarantina, il mefistofelico Dottor
Malatesta sulla trentina, il “nipotino” Ernesto (cresciuto dal Don come se
fosse un figlio) ha sì e no 25 anni e Norina tra i 18 ed 20. Sono passati poco
più di due lustri dal rossiniano “Le compte Ory”, ultima opera
sfacciatamente erotica (dalla prima all’ultima nota) di compositori italiani
prima che il capitolo venga riaperto (ma dopo oltre 70 anni) dalla pucciniana “Manon
Lescaut”: nel 1843, nel teatro lirico italiano sta per iniziare la notte
dell’eros del melodramma verdiano. Già malandato e precocemente invecchiato,
Donizzetti, che aveva scavato nell’eros con le tre opere dedicate alle tre
regine Tudor e nel 1840 aveva composto la carnalissima “La Favorite”,
guarda in “Don Pasquale” con ironia al mondo, inebriando di champagne un
canovaccio vetusto. L’ironia non ha nulla di farsesco – come ci dice una delle
partiture più raffinate e, quindi, più difficili di Donizetti ed una vocalità
che, nel 1843, aveva richiesto gli interpreti dell’apoteosi del “bel canto”. E’
intrisa di leggera malinconia; il terzo atto pare preconizza lo sveviano
“Senilità”.
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