«OMAGGIO AGLI 80 ANNI DI ARVO PÄRT» (musiche di Aliseda, Taverner, Mouton,
Pärt, Tallis, Sheppard, Allegri) The Tallis Scholars direttore Peter Phillips
Assisi, Basilica
Superiore di San Francesco 18 settembre
NISHIMURA Arioso, in memory of Wolfgang Schulz VIVALDI Laudate Pueri R. 600 BACH«Tilge, Höchster, meine Sünden» BWV
1083, Salmo 51, parodia dello Stabat Mater di Pergolesi soprano Elisaveta Martirosyan mezzosoprano Kremena Dilcheva Orchestra da Camera di
Perugia
Foligno, Auditorium di
San Domenico, 19 settembre
A settant’anni dalla
sua prima edizione, la Sagra Musicale Umbra (che si dipana in numerosi luoghi
della regione) resta la più alta manifestazione di “musica dello spirito” in
Italia, anche rispetto a festival con budget molto più elevati, purtroppo
tenuti in luogo affascinanti ma con acustica di scarsa qualità. La Sagra nacque
a corollario dei corsi di Alta Cultura tenuti da quella che allora era chiamata
«Regia Università Italiana per Stranieri» e che videro protagonista il senatore
milanese Guido Carlo Visconti di Modrone. I corsi furono seguiti a settembre da
una piccola serie di concerti e si ritiene che l’esecuzione de L’Orfeo di Monteverdi nel 1934 sia stata la prima ripresa dell’opera – perlomeno
in forma scenica – in tempi moderni.
Alla Sagra, diretta da
Visconti di Modrone, collabora il 26enne Francesco Siciliani (sue le proposte
di far eseguire L’enfance du Christ di Berlioz e La sacra rappresentazione di Abramo e d’Isacco di Pizzetti) e, dopo
una sospensione dovuta al secondo conflitto mondiale, fu proprio Siciliani ad
assicurare la direzione della seconda edizione, nel 1947, e per i successivi 45
anni. La scelta del nome Sagra evitò da un lato l’utilizzo di una parola
straniera come festival (termine che nel 1937
sarebbe stato inviso al regime) e dall’altro segnalò sin dall’inizio una
vocazione a promuovere l’esecuzione di musiche sacre e di composizioni dal
forte contenuto spirituale nelle verdi colline dove era nato e fiorito il
francescanesimo. Il perimetro regionale aveva anche lo scopo (ancora valido) di
mobilitare le energie di città ed anche paesi pure molto piccoli, ma le cui
pietre trasudano storia e rispecchiano ancora la spiritualità francescana.
Ancora oggi, grazie ad una direzione artistica tanto parsimoniosa quanto
rigorosa, il perimetro regionale è legato da un tema. Questo anno, il filo
conduttore è Svegliatevi Arpe e Cetra, Voglio
Svegliare l’Aurora.
Il concerto, ad
Assisi, per celebrare gli ottanta anni di Arvo Pärt, si inquadra perfettamente
in questo tema. Pärt è uno dei più importanti compositori cattolici
contemporanei. Nato in Estonia due anni prima dell’annessione della Repubblica
Baltica all’URSS, sottoposto a vero e proprio ostracismo a ragione della sua
fede, emigrato in Occidente nel 1980, stabilitosi dapprima a Vienna e poi a
Berlino, Pärt non appartiene a nessuna delle scuole che hanno
caratterizzato il dibattito musicologico nella seconda metà del
Novecento. Ha una tecnica compositiva, da lui stesso chiamata
Tintinnabuli; essa consiste nel lavorare con elementi essenziali, come le
triadi o con accordi a tre note che, dice, “come le campane tintinnabulano”. Un
approccio minimale più che minimalista; ciò fa sì che il suo ascolto sia
relativamente facile e le vendite dei suoi dischi abbiano grande successo
all’estero.
La sua svolta
stilistica avviene alla metà degli Anni Settanta con Fur Aline per pianoforte, una melodia quasi non armonizzata, trattata come una linea
di canto gregoriano molto dilatata. A poco a poco, dato che Pärt si rivolgeva
sempre più a temi sacri (intere pagine dei Vangeli e della Bibbia), il suo
stile venne chiamato minimalismo sacro. Ma poco aveva a che fare con il
minimalismo di John Adams and Philip Glass. A mio avviso il termine minimale
(con l’aggiunta dell’aggettivo sacro) è più appropriato. Nel concerto, con una
Basilica affrescata da Giotto gremita in ogni ordine di posti ed esecutori
perfetti (i Tallis Scholars diretti da Peter Phillips), le composizioni di Pärt
sono state inserite in un discorso più ampio, per mostrarne la continuità. La
prima parte si concentra sulla musica polifonica sacra Tudor (John Taverner,
John Sheppard, Thomas Tallis) quindi quella dell’epoca in cui si consumava lo
scisma tra Londra e Roma. La seconda parte era, appunto, dedicati a pezzi poco
noti di Pärt, con il Miserere barocco di Gregorio
Allevi a fare da collegamento. Una notazione importante: in epoca Tudor i
registri alti erano affidati a voci bianche e non a cantanti donne, mentre i
Tallis Scholars includono voci femminili quasi prive di vibrato.
Nell’enorme Auditorio
San Domenico di Foligno (sarebbe stato più appropriato utilizzare la contigua
cappella del Crocifisso), abbiamo ascoltato un programma che dal Barocco
italiano (Vivaldi) giunge al Barocco tedesco (Bach), passando per la
contemporaneità (Nishimura). Il salmo per soprano, contralto e continuo di Bach
(BWV 1083) è la trascrizione (ed adattamento ad una cultura luterana in cui non
‘c’era posto per la Vergine) dello Stabat Mater di Pergolesi. Il Laudate Pueri, inno in dieci numeri di grande varietà espressiva, forma un interessante
arco tonale in cui si va dal clima etereo a brani descrittivi. Molto differente
il breve brano di Nishimura, quasi una breve orazione funebre in ricordo di un
amico flautista. Pubblico relativamente numeroso (nonostante il troppo grande
auditorium e la coincidenza con il Palio della Quintana).
Giuseppe Pennisi
rivistamusica | 15/10/2015 alle 12:00 | Etichette: Bach,
nishimura, part,
perugia, sagra,
tallis, umbra,
Vivaldi | Categorie: Dalla platea | URL: http://wp.me/p4L9eX-94
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